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https://www.dominiqueantognoni.it/2020/06/26/gli-architetti-hanno-distrutto-la-ristorazione/
Cristiana Lauro per Dagospia
Molti ristoranti hanno riaperto in tutta Italia, ma le attività non sembrano riprendersi. Qualcuno non riaprirà più, a partire da qualche stellato Michelin.
Qualcun altro tira avanti e resiste, ma i conti non tornano e c’è chi ha riposizionato l’offerta e i prezzi, adattandosi a questo momento assurdo, come ad esempio Tokuyoshi (una stella Michelin), ex sous chef di Massimo Bottura che nel suo locale a Milano stava puntando alla seconda stella con investimenti su cucina, ambiente e servizio, proprio quando il lockdown ha varcato l’uscio senza chiedere permesso.
Oggi con 40 euro di scontrino medio trovate un locale diverso, una sorta di winebar con soli vini naturali e l’acqua ve la versate da soli. Ma lui è intelligente e sopravvive. Per ora va così, poche lagne!
Le disgrazie richiedono spirito di adattamento che può includere il riadeguamento delle attività - costi e obiettivi - insieme alla capacità di previsione degli eventi futuri. Le sfighe di queste proporzioni, quando si presentano, non lo fanno con una bottiglia di spumante in mano. Sbattono sul tavolo conto e conguaglio di tutti i piani e i ragionamenti un po’ approssimativi che avevamo fatto prima della pandemia. Compresi i veri e propri errori che avrebbero ostacolato comunque la redditività, indipendentemente dal Covid-19.
Troppi soci, troppi architetti di grido, chef che si credono imprenditori e viceversa. E poi tanti sommelier che invece di affascinare, convocare l’interesse del pubblico in sala, piazzano i vini delle aziende amiche raccontati in una lingua che capiscono solo loro. E il cliente chi è, il “figlio della schifosa”? Ma non dovrebbe esserci il suo benessere al centro della serata? E il fatto che i clienti facciano ritorno nel locale, non è forse lo scopo di quell’attività commerciale?
E’ sulla faccenda degli architetti che il critico editore Dominique Antognoni - il giacobino - tira giù qualche sassata delle sue con un editoriale che va giù piatto: “Si può dire che gli architetti abbiano rovinato la ristorazione? Si che si può”. E giù a colpi di Katana contro ristoranti freddi, glaciali, tutt’altro che accoglienti, dove le donne ridono poco e non con quella disinvoltura che in altri luoghi permette loro di trasmettere energie diverse e magari di infuocare gli occhi dei maschi. In ambienti del genere non si crea “l’atmosfera intima e intensa che porta alle good vibes...il segreto di un ristorante sono le vibrazioni, non i sette tipi di acidità di un piatto”. Parole di Antognoni!
Per quanto, leggendo l’editoriale del giacobino, ditemi voi se non è un’impresa dargli torto.
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