
DAGOREPORT - L’ANSIA ATTANAGLIA LA ‘’MILANO DEL BALLO DEL MATTONE’’. ‘’QUI SALTA TUTTO!’’,…
MARTINI, PER L'UNIONE SOVIETICA ERA ‘’L’ARMA PIÙ LETALE DEGLI STATI UNITI’’ - IL COCKTAIL PIÙ FAMOSO DEL MONDO, CREATO NEL 1920 A NEW YORK DA UN EMIGRATO LIGURE, NON È UN COCKTAIL: È UN’IDEA – FECE FUORI IL FEGATO DI TUTTI I DIVI DI HOLLYWWOD, ROOSEVELT NE OFFRÌ UNO A STALIN, JAMES BOND AL GIN PREFERI LA VODKA – SE HEMINGWAY NE ANDAVA PAZZO: “MI FECE SENTIRE CIVILIZZATO”, DOROTHY PARKER SCRISSE LE PAROLE DEFINITIVE: ‘’MI PIACE UN MARTINI, DUE AL MASSIMO. CON TRE SONO SOTTO AL TAVOLO, CON QUATTRO SONO SOTTO AL MIO OSPITE’’ – VIDEO DI BUNUEL CHE PREPARA IL MARTINI ISPIRATO… DALL’IMMACOLATA CONCEZIONE!
Marco Cremonesi per “Sette - Il Corriere della Sera”
I grandi drink hanno storie strane. Il Martini cocktail, il più grande, il più carismatico di tutti, è quello con la storia più strana: è entrato nel costume e nella letteratura, ha cavalcato Hollywood ed è diventato un simbolo di eleganza senza tempo e persino un affare politico.
Come per molti cocktail classici, però, capirne la nascita non è facile. Per il Martini, una storia possibile incomincia ad Arma di Taggia e passa per il Knickerbocker hotel di New York.
“The Knick” apre in Times Square nel 1906, voluto da John J. Astor IV prima di scomparire 6 anni più tardi con il Titanic. Nasce per essere il massimo e in breve, lo diventa. Nel suo bar, lo chiamano il “Broadway Country Club”, trovi John D. Rockefeller, Francis Scott Fitzgerald con la moglie Zelda e anche la prima rockstar di sempre, Enrico Caruso, che al Knick ci abitava e dal tetto dell’albergo cantò l’inno americano (ops, nel giorno sbagliato).
Al bar, lavora Clemente Queirolo da Arma di Taggia, dove era nato nel 1897. Dallo sbarco a Ellis Island, nel 1913, si fa conoscere con il cognome materno, Martini, più pronunciabile ad orecchie statunitensi e forse utile a confondere le tracce in caso di richiamo alle armi.
Clemente Martini serve a Rockefeller, l’uomo che vale l’1,5% del Pil Usa, un drink di sua invenzione composto da tre ingredienti: il gin, il vermouth secco e il gelo. A guarnire, un’oliva, forse perché gli ricorda le colline taggiasche dell’infanzia. Il drink piace, si diffonde in città e anche fuori: è nata una stella.
Tutto vero? Forse. Il nome Martini cocktail nel 1915 già circolava, ma in relazione a drink abbastanza diversi da quello che oggi chiamiamo Martini.
Martini: bar Knickerbocker hotel di New York
Poco dopo, tutto finisce. Il Knickerbocker chiude nel 1920 (riaprirà soltanto 10 anni fa), ma già nel 1919 la storia sembra chiusa: il Proibizionismo è la saracinesca che lascia l’America all’asciutto e costringe una generazione di bartender a cambiare mestiere, spesso a tornare in patria.
I tanti inglesi, tedeschi e italiani spesso ripartono per l’Europa, i cubani tornano all’Avana dove daranno vita al primo “club dei cantineros” del mondo.
Hemingway - harry's bar venezia
Ma la fine della storia era un’illusione ottica di chi guarda troppo da vicino. Per il Martini, tutto ricomincia quindici anni più tardi. Nel 1934, gli anni della proibizione finiscono con Franklin D. Roosevelt. Che il presidente abbia bevuto un Martini subito dopo aver firmato il “repeal”, l’abrogazione, sarà forse leggenda.
In realtà è quasi certo: il quattro volte presidente del drink era un maniaco, lo preparava con le proprie mani per i suoi ospiti – pare male – ed è celebre quello che offrì a Stalin.
La svolta
Il 1934 è fondante. Finisce la “stagione secca”, esce L’uomo Ombra con William Powell e Myrna Loi: il drink diventa un fenomeno di Hollywood, vale a dire globale. I due detective high society, nei sei film della serie, bevono Martini ininterrottamente. E lo associano a quell’eleganza senza tempo che diventerà l’allure del drink.
In questa storia, però, c’è un tradimento: la leggendaria coppa Martini, quella a Y che è stata il simbolo di tutti i cocktail su tutte le insegne del mondo, sta ormai uscendo di scena. Nata nel 1925 all’Expo di Parigi che darà il nome all’Art decò è stata ormai sostituita dalla onnipresente coppetta “Nick e Nora”: proprio dai nomi dei due protagonisti dell’Uomo ombra.
Sarà più comoda, come dice chi lavora nei bar. Ma la personalità non è paragonabile. L’età d’oro del cinema è anche quella del fulgore del Martini. Lo bevono Barbara Stanwyck (chi l’ha detto che è da maschi?), Gary Cooper, Humphrey Bogart («Il problema è stato quando sono passato dal whisky al Martini»), Katharine Hepburn, Cary Grant, Bing Crosby, Alfred Hitchcock.
Come diceva Dorothy Parker, «mi piace un Martini, due al massimo. Con tre sono sotto al tavolo, con quattro sono sotto al mio ospite».
Il Martini diventa qualcosa di diverso da un drink, i media ad ogni cambio di Presidente si chiedono: «Quale Martini beve il presidente?». Perché i Martini, come le persone, sono tutti diversi, il Martini che bevi e perché lo bevi così diventa tratto saliente della personalità: oliva oppure scorza di limone, con ghiaccio o già gelato, shaken or stirred, gin o vodka, e quale gin e quale vodka e quale vermouth…
Roosevelt, in realtà, da Democratico, è quasi un’eccezione insieme con JFK: il Martini appassiona più i Repubblicani. Il giovane Ronald Reagan nel 1939 ne offre tre di fila a Bette Davis in ‘’Tramonto’’ (Dark victory, 1939), più tardi lo loderà Gerald Ford.
Sean Connery - martini cocktail
Il numero dei Martini bevuti è cruciale. I pranzi di lavoro da tre Martini (“Three Martinis lunch”) diventano un discrimine politico: roba da bianchi nei loro club cittadini, i lavoratori della terra d’America bevono whisky di mais.
Il grande nemico sarà Jimmy Carter, che in campagna elettorale batte su un tasto: i “three martini lunch” da 50 dollari si scaricano dalle tasse, a differenza dei “Bologna sandwich” da un dollaro e mezzo delle tute blu.
Nel 1953 l’ex agente britannico Ian Fleming, nel romanzo ‘’Casino Royale’’, aveva inventato per il suo agente con licenza di uccidere un Martini che contiene due eresie: è a base di vodka oltre che di gin, ed è shakerato, non mescolato.
Nei 25 film della serie 007, il Martini di James Bond diventerà un passaggio atteso dai fan come le adrenaliniche scene prima della sigla e più dell’inevitabile bacio con le belle. Certo, James Bond beve taniche di qualsiasi alcolico a tiro ma il Martini è la sua griffe.
Quel primo drink, diventerà una delle varianti più famose, il Vesper. Quando in ‘’Skyfall’’, per ragioni di sponsor, passerà alla birra, per i fan fu come se avesse tradito la regina Elisabetta. Lei, peraltro, grande appassionata di gin come la Regina Madre, decise anche di far realizzare il Sandringham gin nella tenuta di famiglia.
ernest hemingway si prepara un martini cocktail 1
Il Martini, la “pallottola d’argento”, ispira scrittori grandissimi, e ne sedimenta la leggenda nelle loro pagine. Ernest Hemingway ne va pazzo e ne parla di continuo, a partire dal passaggio di ‘’Addio alle armi’’ in cui ne beve due sul Lago Maggiore: «Non avevo mai assaggiato nulla di così freddo e pulito. Mi fecero sentire civilizzato».
Kingsley Amis dedica al gin (e al Martini) un libro. Gli uomini di cinema più importanti bevono Martini. Fritz Lang ci è fissato e da nerd di talento s’inventa anche una ricetta. Memorabili le risse tra Orson Welles e Truman Capote all’Harry’s bar di Venezia, che anche oggi serve un gelido e memorabile Martini in un piccolo tumbler.
Tra l’altro, il Martini preferito da Umberto Eco, autore dei Prolegomena al Martini che sono la prefazione di ‘’Ed è subito Martini’’ di Lowell Edmunds, altro testo capitale. Louis Buñuel piazza il drink del cuore in diversi film, gli dedica parte del suo libro ‘’Dei miei sospiri estremi’’ e su Youtube lo trovate che se ne prepara uno a modo suo.
Il Martini non piace solo agli artisti, ma anche ai capi di Stato. Su Winston Churchill e i suoi Martini (gin Plymouth) le storie sono troppe per essere raccontate. Forse la sua passione è cosa di famiglia perché un’altra leggenda (apocrifa) narra che un cocktail capitale come il Manhattan, sia stato inventato da sua madre.
Nikita Krusciov, con un po’ di ironia, definirà il Martini «l’arma più letale degli Stati Uniti». Nixon con la sua Martini cup in mano derideva il corn whisky con noccioline di Bill Clinton.
Tanta storia, quel filo d’argento che corre lungo un secolo hanno spinto Arma di Taggia a fare la cosa giusta. Lo scorso 6 giugno, il sindaco Marco Conio e il presidente dell’Associazione dei bartender (Aibes) Angelo Donnaloia hanno scoperto sul lungomare una targa dedicata a Mr. Martini.
Non per nulla: i bartender Stefano Gardani e Giuseppe Giordano hanno trovato due documenti importanti. Il certificato di nascita di Clemente Queirolo Martini, e il documento dell’Immigrazione Usa che ne sancisce l’arrivo a New York nel 1913.
Hemingway Harry's bar venezia Martini cocktail
Attenzione. Ad Arma di Taggia sono convinti da sempre che il Martini sia legato al loro concittadino: da decenni, quasi tutti i libri che parlano del drink segnalano la pista ligure. Tra gli altri, il più importante: ‘’The Martini’’ di Barnaby Conrad III.
E il punto è quello: il lascito di Mr Martini a Arma di Taggia è sempre stato vivo. Non soltanto al Clipper, il locale dei vip che per quel Martini “tradivano” Montecarlo, ma in tutta la cittadina si va quasi a colpo sicuro: il loro Martini è a regola d’arte.
IL PERFETTO DRY MARTINI NON È UN COCKTAIL, È UN’IDEA
https://orizzontidelgusto.blogspot.com/2006/04/dry-martini-tra-bond-e-buuel.html - estratto
Buñuel si è occupato tante volte di cibo, in modo sicuramente eversivo, nei suoi film. La famosa scena nel film “Il fantasma della libertà”, ove il cibo viene consumato nella toilette e la defecazione avviene nella sala da pranzo, la scena in cui i borghesi nel “Il fascino discreto della borghesia” bevono il dry martini cercando inutilmente il pasto perfetto, ne sono due esempi classici.
ernest hemingway si prepara un martini cocktail
Buñuel si è occupato inoltre delle regole esatte per ottenere un dry martini (nella sua autobiografia “My last sigh”). La sua ispirazione per la ricetta ideale è presa dall’Immacolata Concezione. Senza disposizione surrealistica o umorismo eversivo, Buñuel ricorre al grande filosofo medievale, Tommaso d’Aquino, che parla dell’Immacolata Concezione nel modo seguente: “come un raggio di sole trapassa una finestra, lasciando intatto l’imene della Vergine...”.
Nello stesso modo, secondo Buñuel, un raggio di sole deve trapassare una bottiglia di vermouth (e certamente, quando parla di vermouth intende solo il fine, quasi senza dolcezza e stupendamente sensibile Noilly Prat), prima che essa si scontri con il gin.
Lo spirito del vermouth semplicemente si infonderà con la sua grazia nel liquido trasparente, per dar vita all’immacolato e molto dry martini. Con religioso rispetto, come se fosse una nuova Arca dell’Alleanza, Buñuel depone l’assoluta ricetta per il dry martini.
Dice allora: “ecco la mia ricetta personale, frutto di lunghi ed elaboratissimi esperimenti, garantita per i suoi risultati perfetti. Prima che arrivino i vostri invitati, mettete tutti gli ingredienti, bicchieri, shaker e gin in frigorifero. Utilizzate un termometro per accertarvi che il ghiaccio stia a 20° sotto lo zero – il ghiaccio deve essere molto ghiacciato e duro, cosicché non si sciolga... non esiste niente di peggio che un martini annacquato.
Non togliete niente dal frigorifero, finché non siano arrivati i vostri invitati. Allora, fate sgocciolare poche stille del Noilly Prat e mezzo cucchiaino di Angostura bitters sopra il ghiaccio. Mescolate e poi scolate il liquido tenendo solo il ghiaccio, che manterrà il tenue gusto di entrambe. Versate il gin sul ghiaccio, agitate di nuovo lo shaker e servite".
Buñuel, però, nonostante la precisione della sua ricetta non dice il tipo di gin che utilizza per questo emblematico cocktail… E di sicuro, almeno secondo il dry martini di Buñuel, mai la vodka. Questa sarebbe una bestemmia ed un’eversione surrealistica...
Frank Sinatra cincin con un Martini dry
"L'uomo ombra" shakerato Martini
daniel craig james bond martini cocktail
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Martini cocktail
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