DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Giuseppe Scarpa per “il Messaggero”
C'è una società che rastrella foto sul web, dai social network ai giornali o da qualsiasi altra fonte presente in internet. Oggi ne ha in archivio 10 miliardi. Lo fa senza una chiara autorizzazione. Ad ogni modo questa azienda le cataloga grazie ad un software capace di selezionarle in base al riconoscimento facciale.
Ecco, allora, che si genera un pacchetto di immagini che riguardano quella determinata persona da cui si possono estrapolare mille informazioni: lavoro, fede politica, religiosa, calcistica, orientamento sessuale, dove quella persona è andata in vacanza. Solo per fare alcuni esempi. Inoltre, se l'immagine contiene anche altri dati, come il giorno, l'anno e il posto in cui è stata scattata, anche questi vengono acquisiti.
Un serbatoio di informazioni che poi viene rivenduto ad aziende private e forze di polizia soprattutto negli Usa, patria di origine di Clearview AI. La startup newyorkese ieri, però, è stata multata in Italia dal Garante per la Privacy: 20 milioni di euro. Nel nostro Paese la società avrebbe operato un monitoraggio biometrico, raccogliendo, catalogando e archiviando foto e dati senza l'autorizzazione dei soggetti coinvolti.
LA MULTA
Di fatto la startup non vende solo un servizio che trova le corrispondenze con i volti archiviati nel suo database, ma svolge un'attività che può essere assimilabile alla sorveglianza in rete e alla profilazione. Ben più invadente, insomma, e peraltro molto discussa in Europa, tanto da essere oggetto di dibattito a livello europeo.
L'istruttoria del Garante della Privacy è stata avviata a seguito di alcune segnalazioni: dall'indagine è emerso che Clearview AI consentiva il tracciamento di cittadini italiani e di persone collocate nel nostro Paese, diversamente da quanto dichiarato dalla società stessa. «Le risultanze hanno rivelato che i dati personali detenuti dalla società, inclusi quelli biometrici e di geolocalizzazione, sono trattati illecitamente, senza un'adeguata base giuridica».
Clearview AI, inoltre, non avrebbe rispettato, secondo il Garante della Privacy, diversi principi basilari. Ad esempio quelli sugli obblighi di trasparenza, perché la società non ha adeguatamente informato gli utenti. Avrebbe poi violato il principio di limitazione delle finalità del trattamento, avendo utilizzato i dati dei soggetti per scopi diversi rispetto a quelli per i quali erano stati pubblicati online e quello di limitazione della conservazione, visto che non ha stabilito i tempi di archiviazione dei dati.
«L'attività di Clearview AI - scrive l'Authority - pertanto, si pone in violazione delle libertà degli interessati, tra cui la tutela della riservatezza e il diritto a non essere discriminati», ha sottolineato il Garante della Privacy che, oltre alla sanzione da 20 milioni di euro, ha ordinato alla società di cancellare i dati relativi a persone che si trovano in Italia e ne ha vietato l'ulteriore raccolta.
L'Authority, come ulteriore misura, ha imposto a Clearview AI di designare un rappresentante che, nel territorio dell'Unione europea, si occupi dell'interlocuzione e si aggiunga o sostituisca al titolare del trattamento dei dati con sede negli Stati Uniti.
I MINORI
Altro tasto dolente, toccato dal Garante, riguarda le foto dei minori raccolte dall'azienda americana: «Vi è un ulteriore elemento di delicatezza, quello della reperibilità in Internet di immagini di minori, anch' esse oggetto di trattamento». Il profitto, come giustificazione per poter continuare questo tipo di attività, non è un'ipotesi contemplata dall'Authority. Garante che così fissa dei paletti chiari nei confronti della startup newyorkese: «Si ritiene che l'interesse legittimo della società alla libera iniziativa economica non possa che flettere rispetto ai diritti e alle libertà degli interessati».
La maxy multa inflitta ieri dal nostro Paese a Clearview AI non è un caso isolato. Altre decisioni simili sono state prese in passato in Europa. Insomma una levata internazionale di scudi contro la startup americana che di recente ha dichiarato agli investitori l'ambizione di arrivare a un database di 100 miliardi di foto entro la fine dell'anno. Un progetto imponente che sulla sua strada ha però incontrato un nuovo ostacolo, il blocco imposto delle autorità italiane.
Ultimi Dagoreport
DAGOREPORT - BENVENUTI AL “CAPODANNO DA TONY”! IL CASO EFFE HA FATTO DEFLAGRARE QUEL MANICOMIO DI…
DAGOREPORT: BANCHE DELLE MIE BRAME! - UNICREDIT HA MESSO “IN PAUSA” L’ASSALTO A BANCO BPM IN ATTESA…
FLASH – IL GOVERNO VUOLE IMPUGNARE LA LEGGE REGIONALE DELLA CAMPANIA CHE PERMETTE IL TERZO MANDATO…
FLASH – IERI A FORTE BRASCHI, SEDE DELL’AISE, LA TRADIZIONALE BICCHIERATA PRE-NATALIZIA È SERVITA…
DAGOREPORT – MARINA E PIER SILVIO NON HANNO FATTO I CONTI CON IL VUOTO DI POTERE IN FAMIGLIA…