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Estratto dell’articolo di Valentina Conte per "la Repubblica"
La povertà in Italia non solo è al suo massimo storico: 5,7 milioni di persone, di cui 1,3 milioni di minori. Ma persiste tra le generazioni. Si eredita, meglio e più dei patrimoni. Il riscatto sociale non si innesca dalle nostre parti.
Tante le cause. L’abbandono precoce degli studi. Il lavoro intermittente, mal retribuito, in settori a basso valore aggiunto come servizi e commercio. La nascita di uno o più figli. L’affitto di casa. La nazionalità straniera.
Lo racconta, da anni, Istat. Lo testimonia ogni giorno la Caritas. Lo ripete anche Eurostat che colloca l’Italia terza dopo Bulgaria e Romania tra i Paesi Ue che registrano adulti tra 25 e 59 anni nel bisogno come quando avevano 14 anni: il 20% nella media Ue, il 48% a Sofia, il 42% a Bucarest, il 34% a Roma dal 31% del pre-Covid. Poveri da bambini e ragazzi. Poveri da grandi, come genitori o coppie.
I numeri, relativi al 2023, non devono sorprendere. Specie se messi a specchio con gli altri, sempre di Eurostat, sull’Italia ultima per occupazione di diplomati e laureati (67 contro 83%), i più protetti dal rischio povertà. Se fanno fatica loro, figuriamoci i meno istruiti.
Non a caso il 72% dei beneficiari del vecchio Reddito di cittadinanza non aveva neanche il diploma di scuola media. Tantissimi senza quello delle elementari. Il basso o assente titolo di studio e la nascita di un figlio sono tra le principali cause di povertà. Il governo di destra non se ne preoccupa.
Ha abolito il Reddito, sostituendolo con l’Assegno di inclusione e il Supporto per la formazione e il lavoro. Le famiglie coperte sono state dimezzate a neanche 700 mila. Escluse quelle in affitto e quanti, per età, sono sulla carta “occupabili” perché sotto i 60 anni. La social card da mezzo miliardo del ministro Francesco Lollobrigida manca il bersaglio. Perché va a famiglie non poverissime, con Isee doppio rispetto a quelle del Reddito e dell’Assegno di inclusione.
[…] Il 34% dei poveri adulti italiani lo erano anche da adolescenti, dunque. Solo il 14,4% ha peggiorato la propria condizione, dopo un’infanzia tranquilla. In Spagna queste due percentuali sono 23 e 16,6. Peggio in Grecia (26 e 15). Solo in Danimarca si equivalgono, anzi i poveri solo da adulti sono poco sopra agli altri.
In Francia siamo a 14,4 e 12,4: la forchetta stretta racconta una dinamica più naturale nella trasmissibilità della povertà che ha quasi una stessa probabilità di derivare dal disagio o meno della famiglia di origine. Quello che non succede all’Italia, con ben venti punti di distanza, contro otto della media Ue (20 e 12,4%). Una divaricazione che parla di disagio profondo.
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