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Fabio Albanese per www.lastampa.it
Per dieci anni avrebbe depredato i beni di una anziana coppia facendo loro credere di essere in contatto con il loro figlio in realtà morto 25 anni fa, vittima della “lupara bianca” della mafia di Barcellona, e il cui corpo non è mai stato ritrovato. Per questo motivo un uomo di 44 anni, Francesco Simone, originario del piccolo comune di Basicò, è stato arrestato dai carabinieri di Messina che hanno indagato con la procura ed eseguito un’ordinanza del gip di Barcellona Pozzo di Gotto. È accusato di truffa aggravata.
Una storia che ha dell’incredibile quella ricostruita dagli investigatori, partita dalle dichiarazioni di una donna che aveva avuto una relazione con Simone e che si è presentata nella caserma di Montalbano Elicona per denunciarlo.
L’uomo diceva alle sue due vittime di essere l’unico tramite con il loro figlio, Domenico Pelleriti, sostenendo che fosse fuggito in nord Italia per non farsi trovare dalle cosche e che aveva bisogno di continue cure mediche perché gravemente ammalato. Per dare forza ai suoi racconti, Simone chiamava al telefono i genitori di Pelleriti, entrambi ottantenni e in difficili condizioni economiche, facendo loro credere di essere proprio il figlio che li esortava a consegnare il denaro all’amico fidato.
Nei quindici giorni in cui i carabinieri hanno monitorato i movimenti dell’uomo, sono stati contati undici consegne di denaro, da 50 o 100 euro ognuna. Ma nell’arco di oltre dieci anni, le vittime avrebbero consegnato al truffatore circa duecentomila euro, ricavati anche dalla vendita di beni di famiglia, case e terreni.
Per i due anziani coniugi, braccianti agricoli pensionati che ricorrevano anche ai soldi della sorella di lei per soddisfare le continue richieste di Simone, la situazione si era fatta così difficile che - come raccontano gli investigatori - erano perfino intenzionati a rubare i soldi della nipote, figlia di Pelleriti. Francesco Simone aveva «di fatto annullato psicologicamente la coppia - dicono i carabinieri - facendo loro vivere, con una cattiveria inusitata, un clima di paura, intimidazione e sofferenza».
Domenico Pelleriti, piccolo ladro d’auto, scomparve nel luglio del 1993, vittima delle cosche di Barcellona che non tolleravano azioni autonome nel loro territorio. A fare luce sul delitto, solo di recente, è stata l’operazione Gotha VI in cui alcuni pentiti si sono auto-accusati del delitto, indicando anche i mandanti: Pelleriti fu rapito, portato in un casolare di campagna e torturato nel tentativo di fargli ammettere il furto in un negozio in cui la mafia riscuoteva il pizzo, quindi costretto a entrare dentro una fossa scavata apposta e lì ucciso con due colpi di pistola e poi sepolto. Il luogo è stato setacciato dagli investigatori ma, forse anche perché quel terreno è stato più volte bonificato, il corpo non è mai stato trovato.
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