DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Estratto dell’articolo di Andrea Senesi per www.corriere.it
San Vittore, San Babila e persino Palazzo Marino. E ovviamente le «sue» università, la Cattolica prima e la Statale poi. Ci sono tante Milano nella Milano di Mario Capanna, il leader del '68 italiano, il capo supremo del Movimento studentesco poi segretario di partito (Democrazia proletaria) e infine parlamentare per varie stagioni prima del buen retiro in Umbria, nella natia Città di Castello […].
Che rapporto ha con Milano?
«Essenzialmente di gratitudine. Milano mi ha dato intanto la conoscenza teorica. Studiavo filosofia e ho avuto grandissimi maestri. […] E poi la conoscenza pratica del mondo grazie a un movimento che in quegli anni intendeva davvero cambiare il corso della storia. Le due sfere si fondono in un episodio, in carcere […] Quando nel 1969 fummo arrestati in 14, Geymonat e Dal Pra vollero dare un segnale pubblico entrando a San Vittore per permetterci di sostenere l’esame. I secondini vennero arruolati come pubblico e fecero da testimoni alla effettiva regolarità della prova».
[…] Dove viveva in quegli anni?
«Dopo l’espulsione dal collegio della Cattolica mi sono ritrovato praticamente in mezzo alla strada. Vivevo dove capitava. Da amici o compagni che mi ospitavano, essenzialmente. E dalle fidanzate… Molte meno di quanto si creda. Eravamo sempre presi a scrivere mozioni per le assemblee o a preparare cortei… il resto passava in secondo piano».
[…] E San Babila, la piazza del nemico?
«Per noi era davvero un luogo intransitabile. Bastava un giornale sbagliato che spuntava dalla tasca o l’eskimo per far scattare l’aggressione delle bande fasciste. Questo fino al maggio del 1970».
Cosa successe allora?
«Decidemmo di “liberare” la piazza. Organizzammo un raid con trecento compagni del nostro servizio d’ordine che sbucarono all’improvviso in piazza dalle scale del metrò. I fascisti conosciuti come i più facinorosi furono anche i più svelti a darsela a gambe».
Torna spesso in città?
«Torno per trovare mio figlio che fa l’avvocato, e per qualche rimpatriata. Due volte l’anno ci vediamo per una mangiata in compagnia tra vecchi “combattenti”. L’ultima volta eravamo una quarantina».
E le piace Milano ora?
«No. Mi sembra che non abbia più la vitalità e la generosità di un tempo. Poi c’è la bomba speculativa del prezzo degli alloggi, la gente se può cerca casa fuori. Eppure la sinistra vince solo nelle città ormai e Milano è una delle capitali del Pd. Il Pd vince soprattutto in centro, a ulteriore dimostrazione del fatto che di sinistra in quel partito è rimasto ben poco».
E del sindaco Sala cosa pensa?
«Che era un bravo manager».
[…] Le manca Milano?
«Mi manca quella Milano».
Direbbe ancora che sono stati anni formidabili?
«Altroché. Quando faccio gli incontri con gli studenti lo ripeto sempre: noi ci siamo soprattutto divertiti un casino. Altro che droga o alcol, non c’è paragone».
C’è qualcosa di cui si pente? Un piccolo rimorso almeno?
«Il nostro settarismo di allora. Ha tarpato le ali a un movimento che nonostante tutto è stato il più longevo tra i vari '68 del mondo».
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