mino pecorelli

LA PISTOLA FUMA ANCORA: LA BERETTA DELL'OMICIDIO RIAPRE IL CASO PECORELLI – A 40 ANNI DAL DELITTO, LA SORELLA DEL DIRETTORE DI "OP" ASSASSINATO HA CHIESTO L' AZIONE DELLA PROCURA DOPO LA RICOSTRUZIONE GIORNALISTICA DI RAFFAELLA FANELLI CHE AVEVA COLLEGATO TESTIMONIANZE E RITROVAMENTI DI ARMI - LE  RIVELAZIONI DEL PENTITO BUSCETTA E LE ACCUSE A ANDREOTTI DI ESSERE IL MANDANTE DELL'OMICIDIO (FU ASSOLTO IN CASSAZIONE)

Andrea Ossino per il “Fatto quotidiano”

 

mino pecorelli

Diverse indagini, processi da 128 udienze e 231 testimoni, ma nessun colpevole. L' omicidio di Mino Pecorelli resta uno dei misteri italiani irrisolti. Adesso, quando mancano meno di due settimane al quarantesimo anniversario della morte del giornalista ucciso il 20 marzo 1979 a Roma, la Procura della Capitale apre una nuova indagine. Saranno gli uomini della Digos a occuparsi del caso, riaperto in seguito alla richiesta della sorella della vittima, Rosita Pecorelli, 84 anni: "Dopo aver appreso l' esistenza di nuovi elementi ho ritenuto che non si potesse lasciare nulla di intentato. Io non ho mai smesso di sperare e lottare.

 

La verità è ciò che voglio di più al mondo prima di chiudere gli occhi per sempre", aveva detto al Fatto quando, il 16 gennaio scorso, accompagnata dall' avvocato Valter Biscotti, aveva presentato un' istanza al procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone. Un' inchiesta giornalistica capace di collegare testimonianze e ritrovamenti di armi aveva "acceso la speranza" della signora Pecorelli.

 

mino pecorelli

La giornalista Raffaella Fanelli, nel dicembre scorso, aveva messo in relazione due fatti su EstremeConseguenze.it. Il primo risale al 27 marzo 1992. È la testimonianza dell' estremista di destra Vincenzo Vinciguerra. L' uomo, a quei tempi recluso nel carcere di Parma, aveva rivelato al magistrato Guido Salvini di aver saputo da un altro detenuto, nel 1982, che "Magnetta (un altro estremista, ndr) si stava comportando male in quanto gli aveva fatto sapere che o veniva aiutato a uscire dal carcere o lui avrebbe consegnato le armi in suo possesso, fra cui la pistola che era stata utilizzata per uccidere il giornalista Mino Pecorelli". Una rivelazione importante che però non aveva trovato elementi indiziari capaci di confermarla. Un duro colpo per la famiglia, che l' anno prima aveva già visto finire nel nulla l' indagine che aveva coinvolto, tra gli altri, Massimo Carminati.

 

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Il 4 aprile 1995, però, avviene un secondo fatto. Mentre gli inquirenti indagavano sulle rivelazioni del pentito Tommaso Buscetta, che ai magistrati di Palermo aveva detto che anche Giulio Andreotti (che poi verrà assolto in Cassazione dopo essere stato condannato in appello) era coinvolto nel delitto Pecorelli, nel bagagliaio della macchina di Domenico Magnetta, a Monza, vengono sequestrate numerose armi. Tra queste c' è anche una pistola semiautomatica calibro 7.65 Beretta, lo stesso tipo di arma da cui partirono i quattro colpi esplosi contro il direttore di Op, quando era appena salito sulla sua auto parcheggiata in via Orazio, nel quartiere romano di Prati. "Cerco la verità e non mi arrenderò finché non l' avrò scoperta", dice Rosita Pecorelli. Ed è per questo che, dopo aver letto l' inchiesta giornalistica, ha chiesto la riapertura del caso. E, adesso, l' indagine sembra finalmente ripartire.

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