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Fulvio Bufi per "Il Corriere della Sera"
Ora che si è dovuto aprire un palazzetto dello sport, perché un funerale con trentasette bare a Pozzuoli non lo potrebbero fare da nessuna altra parte; ora che ci sono ancora cinque bambini e cinque adulti in ospedale; ora che anche la carcassa del bus precipitato dal viadotto al chilometro 32 dell'autostrada Napoli-Canosa è stata portata via; ora che l'Italia ha un'altra tragedia da piangere, ci sarà almeno un modo per capire come è successa e perché?
Nei disastri c'è sempre fatalità ma c'è sempre anche un motivo. Per trovarlo bisogna partire dalla scena finale, e da lì tornare indietro per ricostruire i fotogrammi precedenti. Non è facile il compito che hanno davanti gli uomini della Polizia Stradale di Avellino e il loro comandante, il vicequestore Salvatore Imparato.
Hanno in mano un guard rail sfondato, un bus accartocciato, e l'autopsia (con esame tossicologico) sul corpo del conducente, che potrebbe anche non rivelare niente di indicativo, perché Ciro Lametta, così si chiamava l'autista, era uno esperto, e a meno che non abbia avuto un malore, difficile che possa essere stato lui a causare l'incidente.
Tutto il resto gli investigatori debbono ricostruirlo. E non si tratta di riavvolgere il nastro, perché un nastro non ce l'hanno. L'autostrada è sorvegliata da telecamere, ma non in quel punto, e il video che ora è nelle mani degli inquirenti fa vedere il bus uno o due chilometri prima. I poliziotti lo stanno studiando per capire se già da lì si possono cogliere segnali che anticipano quello che è accaduto poco dopo, ma certo in un paio di chilometri possono essere successe molte cose.
à successo sicuramente che lungo la discesa che porta al punto dell'incidente, il mezzo ha preso una velocità ben superiore agli 80 chilometri segnalati come limite. Che l'altra sera, poi, non era nemmeno il limite consentito, perché proprio al chilometro 32 c'era un rallentamento e un addetto della Società Autostrade lo segnalava agitando una bandiera arancione.
à stato proprio lui a raccontare agli investigatori di aver visto l'autobus passargli davanti a velocità sostenuta, senza accennare minimamente a rallentare nonostante l'evidente avvertimento di un ostacolo ormai prossimo. E ha aggiunto anche un altro particolare: è sicuro di aver visto che la porta di destra era aperta. Che motivo logico ci sarebbe mai potuto essere perché il conducente facesse due scelte come quelle riportate dal testimone? Nessuno.
Nel primo caso perché, a meno di impedimenti, sarebbe da folli avviarsi correndo verso un ostacolo con un colosso di quel genere. E altrettanto inspiegabile resta la questione della porta aperta: nemmeno un eventuale guasto all'impianto di condizionamento giustificherebbe un'imprudenza così grossa.
Altra ipotesi presa in considerazione l'esplosione di una gomma, ma è un evento che lascia residui sulla strada, e qui non ne sono stati trovati. Come non sono stati rinvenuti i segni tipici di una brusca frenata. Una cosa, invece, è stata trovata, non proprio sul luogo dell'incidente ma poco prima, dove il bus era appena passato: un mozzo, o qualcosa del genere.
Comunque un pezzo che ha tutta l'aria di essere una parte meccanica dell'impianto di trasmissione di un grosso automezzo. Se si scoprisse che apparteneva al bus, vorrebbe dire che prima della tragedia c'è stato un importante guasto meccanico, addirittura un cedimento strutturale. E questo sì che forse spiegherebbe tutto quello che per ora è inspiegabile.
Ma non c'è da considerare soltanto l'autobus. Le indagini guardano anche all'autostrada, e la Procura di Avellino, che ha aperto un fascicolo per disastro colposo e omicidio colposo plurimo, in cui potrebbero essere già stati scritti nomi di indagati, anche se solo come atto dovuto, ha incaricato un perito di valutare le condizioni dei blocchi di cemento che facevano da barriera e che sono stati scaraventati via dall'autobus.
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