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SE NON SUORA QUANDO? – LE MONACHE DI CLAUSURA POSSONO USARE I SOCIAL NETWORK, MA SOLO CON “SOBRIETÀ E DISCREZIONE” – LA SVOLTA IN UN DOCUMENTO DELLA CONGREGAZIONE PER LA VITA CONSACRATA, LA “COR ORANS” – LA DEROGA AL CODICE DI DIRITTO CANONICO SERVE A TAMPONARE L’EMERGENZA DEL CALO VOCAZIONI

Iacopo Scaramuzzi e Salvatore Cernunzio per “Vatican Insider

 

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Mass media e social network possono essere utilizzati anche dalle suore di clausura, ma con «sobrietà e discrezione». Lo precisa una Istruzione della Congregazione per la Vita consacrata, Cor Orans , dedicata ai monasteri di vita contemplativa, «cuore orante» della Chiesa che, nonostante l’emergenza per il calo vocazioni, registrano attualmente 37.970 suore di clausura sparse in tutto il mondo.  

 

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Con il documento pubblicato oggi, che applica concretamente la Costituzione apostolica Vultum Dei Quaerere di Papa Francesco del luglio 2016 , il Dicastero della Santa Sede deroga alcuni canoni del Codice di Diritto canonico per stabilire, tra l’altro, che quando un monastero si ritrova con meno di cinque monache perde la sua autonomia giuridica in vista di una sua affiliazione o soppressione, e disincentivare «il reclutamento di candidate da altri Paesi al solo scopo di salvaguardare la sopravvivenza del monastero».

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Il documento riequilibria il rapporto tra le singole case religiose e le Federazioni di monasteri rafforzando, pur nel rispetto dell’autonomia dei monasteri, queste «strutture di comunione» anche in merito alle visite canoniche e alla verifica dell’andamento economico dei singoli monasteri.  

 

In quattro capitoli – dedicati ai temi di monastero autonomo, federazione dei monasteri, clausura, formazione iniziale e permanente – il documento offre indicazioni pratiche alle contemplative, a cominciare da piccole azioni quotidiane come l’uso dei media e dei social .

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Tutte le suore di clausura vi possono accedere ma solo «con sobrietà e discrezione», spiega l’Istruzione, perché il rischio è di «svuotare il silenzio contemplativo quando si riempie la clausura di rumori, di notizie e di parole».

 

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La «sobrietà e discrezione» richieste non riguardano dunque solo i «contenuti» ma anche la «quantità delle informazioni» e il «tipo di comunicazione», affinché «siano al servizio della formazione alla vita contemplativa e delle comunicazioni necessarie, e non occasione di dissipazione o di evasione della vita fraterna».

 

Pertanto «l’uso dei mezzi di comunicazione, per motivo di informazione, di formazione o di lavoro, può essere consentito nel monastero, con prudente discernimento, ad utilità comune», sottolinea la Congregazione. La «separazione dal mondo», più in generale, «non deve essere materiale ed efficace, non solo simbolica o spirituale».  

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Una «novità assoluta» dell’Istruzione, ha sottolineato nel corso della conferenza stampa di presentazione il segretario della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, monsignor José Rodríguez Carballo, è l’articolo 45: «Quando in un monastero autonomo le professe di voti solenni giungono al numero di cinque, la comunità di detto monastero perde il diritto all’elezione della propria superiora. In tal caso la presidente federale è tenuta ad informare la Santa Sede in vista della nomina della Commissione ad hoc». È questa, ha proseguito il francescano, una disposizione «che sicuramente riguarda un consistente numero di monasteri, ai quali dunque verrà chiesta una presa di coscienza della propria realtà, in un dialogo con la Santa Sede e con le figure di riferimento previste dalla commissione».  

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L’Istruzione precisa infatti che l’autonomia giuridica di un monastero deve «presupporre una reale autonomia di vita, cioè la capacità di gestire la vita del monastero in tutte le sue dimensioni (vocazionale, formativa, governativa, relazionale, liturgica, economica…)».

 

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Di fatto, ha chiosato Carballo, «il Dicastero ha dovuto più volte constatare con rammarico l’esistenza di monasteri non più in grado di portare avanti una vita dignitosa, senza che ci fosse una legislazione che dicesse quando e come intervenire al riguardo: l’aver colmato questa lacuna legislativa è sicuramente uno dei punti più importanti e più attesi dell’Istruzione».

 

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Il desiderio della Congregazione vaticana è che «i monasteri siano realtà vive e significative, evitando di prolungare esperienze che non hanno ragionevolmente possibilità di futuro».

 

L’autonomia dunque rimane, ma «rimane a certe condizioni, seguendo il principio generale che alla autonomia sui iuris corrisponda l’autonomia reale di un monastero: se non c’è questa autonomia non ci può essere quella giuridica, e allora si procederà alla affiliazione, o in alcuni casi, purtroppo, forse alla  soppressione».  

 

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Il documento vaticano precisa, in particolare, le norme dell’affiliazione, «vera e propria novità dal punto di vista legislativo», ha spiegato il religioso spagnolo: «Novità preziosa, perché consentirà a molti monasteri in difficoltà di essere affiancati e sostenuti da altre comunità più fiorenti, se si apriranno in spirito di fede e di comunione a questa possibilità di aiuto fraterno, che potrà da una parte aprire percorsi di rivitalizzazione, dall’altra preparare un terreno adatto al trasferimento e all’accoglienza delle monache in caso di chiusura, perché possano continuare a vivere dignitosamente la loro consacrazione».

 

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Solo qualora verificasse la «inefficacia della affiliazione», la Santa Sede procederebbe al «passo sicuramente grave» della soppressione. Poiché il documento deroga alcuni canoni, era necessaria che il Pontefice, nelle sue qualità di legislatore, approvasse le modifiche, cosa che ha fatto lo scorso 25 marzo. Le novità introdotte dalla Cor Orans, ha precisato monsignor Carballo, «rispondono in gran parte a quel che le stesse monache ci hanno chiesto».  

 

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L’Istruzione deroga, inoltre, il diritto canonico anche per quanto riguarda le Federazioni di monasteri, figura introdotta da Pio XII. L’intento di Papa Pacelli con la costituzione apostolica Sponsa Christi Ecclesia del 1950, ha spiegato padre Sebastiano Paciolla, sottosegretario della Congregazione vaticana, «era mantenere i monasteri come realtà autonome ma c’era il pericolo di isolamento tra i vari monasteri, talvolta anche tra quelli vicini geograficamente.

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Le Federazioni nacquero per superare questo isolamento. Essendo una struttura di comunione, doveva rispettare l’autonomia dei monasteri e tutta la normativa in materia era così forte nel rispettare l’autonomia dei monasteri che la struttura di comunione aveva uno strettissimo raggio di applicazione e alla fine ogni monastero rimaneva un mondo a sé».  

 

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La Vultum Dei Quaerere di Papa Francesco «non ha modificato lo status dei monasteri né la realtà della Federazione, ma ha bilanciato meglio i rapporti all’interno di queste due realtà rispettando da una parte l’autonomia giuridica, ma precisandone i criteri di una autonomia che deve essere reale, non un’etichetta».

 

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Il testo vaticano di oggi rafforza, in particolare, la figura della presidente federale (pur senza darle «superpoteri», ha precisato Paciolla) e le affida il ruolo di «covisitatrice» in occasione delle regolari visite canoniche, rafforza il ruolo del Consiglio federale e, non da ultimo, quello della Economa federale, la quale «ha la responsabilità di eseguire quanto stabilito dal Consiglio federale e collabora con la presidente della Federazione, nel contesto della visita regolare, nel verificare l’andamento economico dei singoli monasteri rilevandone le positività e le criticità, dati che devono apparire nella Relazione finale della visita».  

 

Tra le norme generali vengono poi chiariti i termini della relazione tra monastero e vescovo diocesano, che, tra l’altro, «può prendere egli stesso soluzioni opportune quando constata che esistono abusi e dopo che i richiami fatti alla Superiora maggiore non hanno sortito alcun effetto».

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Il vescovo interviene anche «nell’erezione del monastero dando il consenso scritto prima che venga richiesto il benestare della Sede Apostolica», come pure nella sua «soppressione». E sempre lui ha «la facoltà per giusta causa di entrare nella clausura e di permettere, con il consenso della Superiora maggiore, ad altre persone di entrarvi».  

 

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L’ultimo capitolo del documento vaticano è dedicato alla formazione. Tra i temi trattati, quello della costituzione di «comunità monastiche internazionali e multiculturali», che «manifesta l’universalità di un carisma»: l’accoglienza di vocazioni provenienti da altri Paesi, precisa la Congregazione vaticana, «deve essere oggetto di adeguato discernimento».

 

Uno dei criteri di accoglienza è dato dalla «prospettiva di diffondere un domani la vita monastica in Chiese particolari dove questa forma della sequela di Cristo non è presente». Tuttavia, precisa il testo, si deve «assolutamente evitare il reclutamento di candidate da altri Paesi al solo scopo di salvaguardare la sopravvivenza del monastero».