COME MAI ALLA DUCETTA È PARTITO L’EMBOLO CONTRO PRODI? PERCHÉ IL PROF HA MESSO IL DITONE NELLA…
1 - 'NDRANGHETA, SPACCIO E CROCI NAZI LE CURVE CROCEVIA DELLA CRIMINALITÀ
Luca Fazzo per “il Giornale”
Giusto per fare un po' di nomi e cognomi. Gennaro De Tommaso detto «Genny a Carogna», capo dei Mastiffs del Napoli, l'anno scorso è stato arrestato per traffico di stupefacenti. Luca Lucci, l'ultrà del Milan divenuto famoso per i suoi selfie con il ministro Matteo Salvini, è amico di narcotrafficanti e assassini. Il suo capo Giancarlo «Sandokan» Lombardi, che da decenni detta legge sulla Sud di San Siro, è un pregiudicato e un fascista.
I fratelli Franco e Alessandro Todisco, figure fisse della Curva Nord dell'Inter, sono i fondatori di Cuore Nero, gruppo neonazista. Daniele De Santis, l'ultrà romanista che uccise il napoletano Ciro Esposito, faceva parte dei Boys, fondati da «Marione» Corsi, fascista e membro dei Nar. Il volto nuovo della curva della Juve, Rocco Dominello, è un affiliato alla 'ndrangheta, cosca Pesce-Bellocco di Rosarno.
Occorre andare avanti? Brandelli di biografe, stralci di schede segnaletiche che raccontano un trend ormai fuori controllo: la mutazione genetica delle curve degli stadi italiani, divenute ormai un crocevia di ideologia e di affari criminali dove il calcio entra veramente poco, e dove due passioni sovrastano tutte le altre: il desiderio di fare soldi e la voglia di menare le mani.
L'ideologia fascista conta più che altro come collante interno e per le alleanze nazionali e internazionali: la love story più solida nelle curve italiane, quella tra interisti e laziali, è saldata da svastiche e rune. E lo stesso vale per le alleanze continentali, come l'asse tra la curva del Verona e gli Ultras Sur del Real Madrid, che portano in dote bandiere naziste, o il patto di ferro tra la Sud del Milan e i Grobari («Becchini») del Partizan di Belgrado, nazionalisti e omofobi, già protagonisti dell'assalto al gay pride del 2010, e infiltrati in profondità da esponenti del narcotraffico.
inchiesta di report su juventus e infiltrazione della ndrangheta nelle curve rocco dominello
La commistione tra curve e politica non è un fenomeno nuovo, nasce insieme ai primi gruppi ultrà negli anni Settanta. Nuova è la conquista delle curve dalla alleanza tra tifo, malavita e politica che poggia su due pilastri: un patto trasversale tra le tifoserie più importanti sancita a partire dal vertice del 3 settembre 2009; e la sudditanza da parte dei club.
L'esempio più eclatante, perché l'immagine ha fatto il giro del mondo, è la genuflessione del capitano del Napoli Marek Hamsik davanti a «Genny a' Carogna», il 3 maggio 2014 prima della finale di Coppa Italia. Ma che dire dell'Inter che permette agli ultras di salire sul pullman della squadra e minacciare i giocatori? O del Milan che subisce i ricatti a raffica dei capicurva, contro i quali si batte invano (e pagandone le conseguenze) Paolo Maldini? La vergognosa trattativa tra la Juventus e il clan Dominello è solo l'ultima puntata di un serial che si trascina da tempo.
Spaccio di droga, traffico di biglietti, ricatti alla società (e i cori razzisti di mercoledì a San Siro fanno parte di quest'ultima sotto-categoria): questo è il groviglio di interessi che i clan si spartiscono in curva, in un clima di impunità dove tutto diventa possibile, compreso l'assalto ad una caserma dei carabinieri, per «vendicare» il tifoso laziale Gabriele Sandri, compiuto dai tifosi interisti l'11 novembre 2007. In testa al gruppo i fratelli Todisco, quelli di Cuore Nero.
Ma nel corteo c'è anche Franco Caravita, il capo indiscusso della curva nerazzurra: interista duro e puro ma pronto a scendere a scendere a patti con i rivali di sempre in nome degli interessi comuni. C'è anche lui, all' incontro cruciale dei capicurva del 23 settembre 2009. E del suo omologo rossonero Giancarlo Capelli è anche socio in affari.
2 - ESTREMA DESTRA E ODIO CIECO PER I NAPOLETANI IL PATTO TRA CURVE
C.Giu. per il “Corriere della Sera”
Li dividono i colori, opposti e detestati. Ma a saldare i rossoneri del Nizza e i nerazzurri dell' Inter, ci sono affinità estranee allo stesso mondo del pallone. Che però, nella geografia delle curve, una geografia complessa e ormai quasi totalmente dominata dall'ultradestra, valgono più di qualsiasi altro legame. E sarebbe questo il collante che ha unito l' internazionale ultrà contro gli odiati nemici napoletani. Perché, così dicono le prime indagini, i soldati del blitz militare di Santo Stefano, prima che del mondo del tifo organizzato fanno parte dei gruppi dell' ultradestra neofascista.
Come i gemelli dei «Blood Honour» di Varese, vicini alla comunità dei «Dodici raggi», e come molti interisti accolti sotto l'ala del movimento «Lealtà Azione». Secondo gli inquirenti milanesi, per spiegare l'assalto ai tifosi napoletani bisogna analizzare la lunga catena di scontri e alleanze degli ultimi quindici anni. Ossia da quando nelle tifoserie di Inter e Varese i gruppi di estrema destra come «Viking», «Irriducibili» e «Blood Honour» hanno iniziato ad avere un peso notevole. E a stringere alleanze europee. Soprattutto con gli «Ultras populaire sud» del Nizza, ugualmente di estrema destra.
Nell'ottobre 2014, quando nel match di Europa League gli interisti «affrontarono» in scontri i tifosi francesi del Saint Etienne, insieme alla Curva Nord c'era anche i supporter del Nizza. Gli stessi che un anno più tardi «accoglieranno» i tifosi partenopei sotto una violenta sassaiola agostana. L'odio per i napoletani ha semmai cementato ancora di più il legame tra le due tifoserie.
«Solidarietà e pensieri ai nostri fratelli interisti e a tutti gli amici della Curva Nord. Rip Dede», hanno scritto ieri i francesi sulla loro pagina Facebook, francesi che non hanno perdonato, al termine di un'amichevole, la devastazione da parte dei napoletani di uno svincolo autostradale alle porte della città.
Per capire quanti dei violenti arrivati da Nizza abbiano partecipato all' assalto, bisognerà attendere l' analisi dei video in possesso della Digos. Ma si pensa ad almeno una ventina di elementi. Lo stesso per gli ultrà del Varese, di cui faceva parte Belardinelli. Anche i quattro napoletani feriti (Giovanni Stabile 43 anni, Angelo Iazzetta 39, Angelo Simone 37 e Luigi Corrente 40), militano in un gruppo organizzato: la Curva A del San Paolo.
Duri e puri, abituati agli scontri e agli agguati. Il gruppo dei 10-12 pullmini napoletani si era riunito alle porte di Milano per poi entrare in Tangenziale Ovest in modo compatto e dirigersi al Meazza attraverso il corridoio di via Novara. Forse aspettandosi un agguato degli interisti. Quando la polizia ha intercettato grazie alle telecamere la carovana di biancazzurri, è stata inviata la volante «Meazza 1» per scortare i tifosi fino al parcheggio ospiti. Ma l' agguato è avvenuto due chilometri prima, in un punto di «passaggio» dove non è prevista la presenza delle forze dell' ordine. Segno che la «regia» è stata nelle mani dei tifosi milanesi. Nonostante i capi storici della Curva Nord interista non abbiano preso parte all' assalto, ma anzi abbiano strategicamente mandato all' attacco volti meno «noti» dei loro.
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