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Testo di Nicholas Kristof per “The New York Times” pubblicato da “la Repubblica”
Se solo non fosse così deliziosa! Certo, consumare carne alla lunga può portare a un attacco cardiaco. È vero, gli allevamenti fanno soffrire gli animali. Sicuro, produrre un’unica polpetta di carne macinata richiede più acqua di due settimane di docce. Ma per chi tra noi è privo di una volontà di ferro, non c’è niente di meglio di un hamburger succulento.
Solo che le cose stanno cambiando. Nel settore alimentare è in corso una vera e propria rivoluzione, che porterà alle prime vere alternative alla carne che sanno di vera carne. Gli hamburger vegetali finora sapevano di un misto di tofu e cartone, ma negli ultimi anni gli esperti sono riusciti a ottenere i primi finti filetti di pollo e la prima finta carne macinata di manzo di prima qualità. Servirà ancora del tempo, tuttavia, prima che ci rifilino una finta lombata lasciandoci inconsapevoli, ma gli esperti affermano che prima o poi ci arriveremo.
Fra non molto, dunque, percorrerete la corsia delle carni al supermercato scegliendo tra “carni” di origine vegetale dalle quali colerà addirittura “sangue”. Forse queste alternative alla carne costeranno meno della carne vera e propria, e ad acquistarle non saranno soltanto i vegani ma anche i carnivori alla ricerca di cibo sano, sostenibile ed economico.
Se le alternative alla carne saranno saporite, più sane, più economiche, migliori per l’ambiente, arriveremo di sicuro a rivoluzionare l’alimentazione umana. «I prossimi due anni si prospettano molto elettrizzanti» dice Joseph D. Puglisi, professore di biologia strutturale all’Università di Stanford, studioso delle alternative alla carne. «Potremo utilizzare un’ampia gamma di fonti di proteine vegetali e creare una varietà di consistenze e sapori diversi, come alternative vegetali alla carne essiccata, alle carni lavorate, alle salsicce, alla carne di maiale e così via. La vera sfida sarà ricreare i tagli più complessi della carne, quelli all’apice del mercato. Credo però che sia soltanto una questione di tempo: avremo finte bistecche e finti filetti di maiale saporiti e gustosi».
Puglisi è consulente di Beyond Meat, una start up leader di settore nella quale hanno creduto vari investitori, da Bill Gates a Biz Stone ed Ev Williams, i fondatori di Twitter, per non parlare di Kleiner Perkins Caufield & Byers, la società di venture capital che sta dietro a Google e Amazon. Beyond Meat afferma che le sue vendite raddoppiano di anno in anno. «Siamo davvero lanciatissimi » ha detto Ethan Brown, fondatore di Beyond Meat, durante un pranzo a base di falso chili, finte polpette e finti hamburger. Il banchetto delle imitazioni.
Brown, 44 anni, ha letto che il bestiame produce più gas serra dell’intero settore dei trasporti e si è concentrato sul settore alimentare. Brown ha incontrato due scienziati dell’Università del Missouri che avevano escogitato il modo di riallineare le fibre vegetali in qualcosa di più simile alla carne, e ha iniziato a lavorare con loro. Nel 2009 ha fondato Beyond Meat, e Whole Foods l’ha aiutato a mettere a punto il primo prodotto, un’imitazione dei filetti di pollo.
All’inizio del 2013, i prodotti Beyond Meat si vendevano in 360 negozi, oggi sono reperibili in 7.500 e molto presto arriveranno anche da Walmart. Beyond Meat punta a introdurre i propri prodotti come ingredienti base nelle pizzerie e nei fast-food. Il primo vantaggio di questi prodotti che sanno di carne ma sono a base di ingredienti vegetali è legato alla salute: il best seller di Beyond Meat, il Beast Burger, è pieno di proteine, vitamine, antiossidanti e Omega-3.
Lo svantaggio è che il suo sapore è ancora un po’ troppo fasullo. Almeno per ora, i prezzi di queste alternative sono ancora un po’ più alti rispetto alla carne vera. Sia gusto sia prezzo, però, nei prossimi anni miglioreranno.
Anche altre aziende stanno facendo notevoli passi avanti: una delle società concorrenti di Beyond Meat è Impossible Foods, fondata da un biochimico dell’Università di Stanford, Patrick O. Brown. In questo settore, insomma, si registra una gran frenesia di ricerche. È mia opinione che l’approccio migliore nei confronti del cibo, per ragione etiche e di salute, debba essere il vegetarianismo. Tuttavia, l’americano medio consuma ancora circa due etti e mezzo di carne al giorno, di conseguenza vanno offerte alternative a chi tra noi non riesce a spiccare il grande salto. In ogni caso, se mentre starò meglio di salute aiuterò l’ambiente e impedirò che qualcuno faccia del male agli animali, riuscirò anche, almeno ogni tanto, a gustarmi un succulento hamburger… io ci sto!
traduzione di Anna Bissanti
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