udi segal

NOT IN MY NAME - INCONTRO CON UDI SEGAL, IL DICIANNOVENNE ISRAELIANO INCARCERATO PER ESSERSI RIFIUTATO DI UNIRSI ALL’ESERCITO - STA BENE, E’ PIU’ CONVINTO CHE MAI DELLA SUA OBIEZIONE, MA GLI HANNO RASATO I CAPELLI A ZERO E GLI FANNO INDOSSARE L’UNIFORME COME UN SOLDATO (VIDEO)

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da www.cnn.com

 

 

Gli sono stati tagliati i capelli, ha dovuto indossare l’uniforme da marine ed eseguire gli ordini, ma Udi Segal, 19 anni, israeliano, non è un militare. Si è rifiutato di arruolarsi nell’esercito ed è stato in carcere per venti giorni. E’ un “refuser”, un obiettore di coscienza

che non ha voluto unirsi all’esercito israeliano per motivi politici ed etici.

udi segal refuserudi segal refuser

 

Ai cancelli della Carmel Prison, vicino Altit, la “CNN” ha accompagnato i genitori. La mamma era ansiosa di rivedere il suo piccolo, il più giovane di tre figli. Gli altri due fanno parte dell’esercito israeliano, uno è proprio in servizio alla “Operation Protective Edge” di Gaza. Se le chiedi come vive questa divisione interna alla famiglia, risponde semplicemente: «Sono tutti i miei ragazzi».

 

udi esce di prigione per il weekendudi esce di prigione per il weekend

Udi esce con un sorriso alle 10.30 del mattino. Si abbracciano, tirano un sospiro di sollievo, ma è fuori di prigione solo per il week end. Una volta rientrato, gli diranno per quanto ancora dovrà restare dentro. La prima fermata è per un piatto di humus, poi c’è tempo per conoscerlo meglio. La sua famiglia vive in un "Kibbutz" a nord di Israele ma lui, le sue idee, se le è formate presto, in una scuola arabo-israeliana, dove convivono ebrei e musulmani.

 

Racconta il ragazzo: «Ho capito che gli arabi possono essermi amici. Non sono i miei nemici, sono i miei vicini. Se avessi accettato di arruolarmi, anche solo stando seduto in ufficio, mentre qualcun altro uccideva al posto mio, avrei comunque sostenuto un sistema di occupazione. Forse la mia scelta non fermerà l’occupazione ma qualcuno potrà pensarci due volte prima di unirsi all’esercito, qualcuno ci penserà due volte prima di premere il grilletto a Gaza».

i genitori di udi fuori dalla prigionei genitori di udi fuori dalla prigione

 

La madre rispetta le scelte di ognuno dei figli, sperando che siano in pace almeno con se stessi e dice: «Abbiamo bisogno di persone come Udi. Come madre penso, perché proprio mio figlio? Poi penso anche che queste voci si debbano sollevare e debbano essere ascoltate. Non dovremmo avere paura». Le piace l’idea che i cittadini sfidino i politici. Non vuole che il Primo Ministro Benjamin Netanyahu si senta troppo comodo mentre siede al potere e il conflitto continua.

 

Udi racconta che, come israeliano, anche lui si sente “occupato”: «Israele non ha le libertà fondamentali proprio come Gaza. A causa dell’occupazione io vivo in una società militare, violenta e sciovinista».

 

La “Israel Defense Force” non dice quanti adolescenti sono reclutati ogni anno per il servizio militare e non specifica nemmeno il numero di “refusers”.

 

fuori dalla pigione israelianafuori dalla pigione israeliana

Udi riceve messaggi intimidatori su “Facebook” e sulla mail. Gli scrivono che è un traditore, lo minacciano di morte. Lui risponde: «Sto bene, non ho paura. Non sostengo Hamas, che non sta aiutando la causa palestinese né il suo popolo. Ma non sostengo nemmeno i razzi di Israele su Gaza. Non voglio essere patriottico a tutti i costi, voglio rispettare le persone, non i paesi».

 

Il servizio militare è obbligatorio in Israele. Gli uomini prestano servizio per tre anni, le donne per due. In giro si vedono tanti ragazzi in divisa che imbracciano le armi. Udi è chiaro, non si considera un eroe: «Non mi interessa che la gente mi consideri coraggioso, voglio che alla gente interessi l’occupazione».

 

Altri adolescenti israeliani dicono no. Udi non è solo. E’ uno dei 130 giovani israeliani che hanno scritto a Netanyahu, per obiettare e per criticare le politiche israeliani, per accusare lo stato di crimini di guerra.

 

Nei due giorni di libertà Udi ha incontrato gli amici e altri “refusers” come lui. Il gruppo si chiama "Conscientious Objectors against the Occupation", ha indetto una petizione e opera per passaparola o via social media. Non sono tanti, ma abbastanza da sollevare un dibattito interno al paese.