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OGNI ANNO, DECINE DI MIGLIAIA DI GIAPPONESI “EVAPORANO” NEL NULLA – IL FENOMENO SI CHIAMA "JOHATSU": SONO PERSONE TORMENTATE DALLA VERGOGNA SOCIALE DI UN FALLIMENTO, PERSONALE O PROFESSIONALE, CHE DECIDONO DI SPARIRE NEL NULLA – C’È CHI SI RIFÀ IL VOLTO E UNA NUOVA IDENTITÀ, CHI INVECE SI RIFUGIA IN QUARTIERI MARGINALI – LA PRATICA È LEGALE ED È DIVENTATA UN BUSINESS: CI SONO AGENZIE APPOSITE, LE "YONIGEYA", SPECIALIZZATE NEL FACILITARE LE "FUGHE SILENZIOSE". QUALCHE ANNO FA SI STIMAVANO ALMENO 100MILA “EVAPORATI”
IL JOHATSU, “L’EVAPORAZIONE” DEI GIAPPONESI
Dalla pagina Instagram Humanetica
In Giappone esiste un fenomeno chiamato johatsu, termine che significa letteralmente evaporazione. Si tratta di persone che scelgono di scomparire volontariamente dalla propria vita, lasciando amici, famiglia e lavoro senza preavviso. Non si parla di sparizioni misteriose legate a crimini, ma di un atto intenzionale, spesso pianificato nei minimi dettagli, per sfuggire a una realtà divenuta insostenibile.
Molti si rivolgono ai yonigeya, agenzie specializzate nel facilitare una “fuga silenziosa”.
Operano perlopiù di notte, trasferendo i clienti in nuove località senza destare sospetti. I motivi che spingono a ricorrere a questi servizi variano: violenza domestica, debiti schiaccianti, fallimenti professionali, vergogna sociale o il peso insopportabile delle aspettative familiari. Nei casi più estremi, qualcuno richiede interventi di chirurgia estetica o una nuova identità per rendere il distacco ancora più definitivo.
Chi “evapora” spesso si rifugia in quartieri marginali come Kamagasaki a Osaka, luoghi dove l’anonimato è la regola e nessuno fa domande sul passato.
Nonostante le storie di johatsu siano avvolte da un’aura di mistero, si tratta di una realtà ben radicata in Giappone, tanto da essere diventata un vero e proprio business.
Le stime ufficiali sono difficili da ottenere, ma il fenomeno continua a esistere, sospeso tra necessità, disperazione e desiderio di rinascita.
JOHATSU, IL FENOMENO GIAPPONESE DELLE PERSONE SCOMPARSE
Estratto da https://www.badliteratureinc.it/
È una sera umida a Tokyo. […] Sono qui per inseguire un fantasma, o meglio, una categoria di fantasmi: i Johatsu (??) . Il termine tradotto dal giapponese significa letteralmente coloro che evaporano. Migliaia di persone in Giappone svaniscono ogni anno senza lasciare traccia. Non si tratta di morti accidentali o rapimenti ma di fughe volontarie dalla vita quotidiana. […]
Il concetto di Johatsu è intrinsecamente legato alla pressione sociale giapponese. In una società dove il fallimento non è contemplato e l’onore è tutto, scomparire è una via d’uscita più accettabile che affrontare il disonore.
Debiti insormontabili, divorzi, disoccupazione: ogni motivo è buono per spegnere le luci e uscire di scena. “C’è un’intera industria costruita attorno a questa idea”, mi dice Kenta, un investigatore privato specializzato nel rintracciare i Johatsu.
Ci incontriamo in un piccolo izakaya (tipico locale giapponese), dove l’odore di yakitori (piatto tipico giapponese) è abbastanza forte da coprire qualsiasi conversazione indiscreta. “Esistono aziende che ti aiutano a sparire. Ti trovano un nuovo appartamento, ti forniscono una nuova identità. Per una somma modica, ovviamente.”
La mia prossima tappa è Sanya, un quartiere non segnato sulle mappe turistiche di Tokyo. È qui che molti Johatsu finiscono. Sanya è una sorta di non-luogo, un purgatorio urbano fatto di locande economiche e silenzi carichi di storie non raccontate.
Passeggiando per le strade incontro Haruka, una donna sulla cinquantina che dice di essere qui da dieci anni. “Ero stanca di tutto. Mio marito, il mio lavoro, la mia vita. Ho preso un treno per Tokyo e non sono mai tornata.” Non è una confessione, ma una dichiarazione di libertà. Haruka ora lavora in una cucina industriale. Guadagna poco, vive con meno, ma ha trovato una pace che le era stata negata dalla sua vita precedente.
Ma non è tutto così romantico. Le storie di libertà hanno un prezzo. Molti Johatsu si trovano intrappolati in un ciclo di povertà, mentre altri finiscono sfruttati dal crimine organizzato. La Yakuza, la mafia giapponese, che è sempre pronta a monetizzare qualsiasi disperazione, recluta molte di queste persone scomparse per lavori illeciti o li impiegano come pedine nei loro affari.
“Non è sempre una scelta”, mi spiega Naomi, un’assistente sociale che lavora a stretto contatto con i senzatetto. “Alcuni sono costretti a sparire. Altri si pentono ma non possono tornare indietro. La vergogna è troppo grande.”
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