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Giovanni Bianconi per il “Corriere della sera”
Le «ombre nere» che hanno dato il nome all' operazione dell' Antiterrorismo contro una rete di neonazisti intenzionati a fondare il Partito nazionalsocialista dei lavoratori italiani, cominciano a prendere corpo. Non sono più solo i bellicosi proclami degli inquisiti a preoccupare gli investigatori, ma le armi che alcuni di loro avevano a disposizione.
Per esempio il mini-arsenale sequestrato a Pasquale Nucera, l' ex pentito di 'ndrangheta arruolato dalla banda di nostalgici di Hitler, custodito in Francia nelle case e nei terreni della donna che viveva con lui in Italia, finito in carcere. Otto fucili, una carabina, una pistola semiautomatica e quattro revolver, oltre a due valigette piene di munizioni, che si sommano a due fucili e una carabina trovate nell' abitazione ligure in provincia di Imperia, dove c' erano pure le cartucce dei fucili sequestrati oltralpe.
Dalle ultime perquisizioni è saltato fuori anche un altro particolare inquietante: una tessera della polizia francese, falsificata alla perfezione, intestata a Nucera classificato come guardien de la pax , che equivale a un lasciapassare ai controlli delle autorità civili e militari.
L' arsenale dell' ex 'ndranghetista dalle tendenze neofasciste (di sé diceva di essere stato un militante di Forza nuova a stretto contatto con la dirigenza nazionale) viene collegato dagli inquirenti a un' intercettazione in cui parlava di proiettili con Maurizio Aschieri, l' altro indagato di «Ombre nere» arrestato per possesso illegale di armi. Il 6 novembre scorso, tre settimane prima della «retata» della Polizia di prevenzione e delle Digos di varie città coordinate dalla Procura di Caltanissetta, Aschieri chiedeva a Nucera: «Ascolta, riesci a regalarmi due tre... aspetta... com' è che si chiamano... chiavi, chiavi inglesi del 12....».
Secondo gli investigatori si tratta di un linguaggio cifrato per riferirsi al calibro delle munizioni. Nucera rispondeva prima di sì e poi di no, spiegando che gliele aveva già date, ma Aschieri insisteva: «Ma va! Non è vero, mi avevi dato altre... altre chiavi... quelle tedesche... mi avevi dato, di chiavi, le altre, le svedesi, speciali...». E Nucera: «Te le avevo date...».
Tra i tanti dialoghi intercettati, ci sono quelli tra l' ex pentito - che in primavera è tornato a deporre nel processo contro la 'ndrangheta stragista a Reggio Calabria, dove ha raccontato di aver conosciuto Licio Gelli e ricostruito presunti contatti tra i boss calabresi e la massoneria coperta, da cui sarebbero scaturiti anche alcuni «omicidi eccellenti» - e un altro presunto reclutatore di neonazisti, il ligure Alessandro Piga. A lui Nucera rivela di aver aderito, insieme a polacchi, cecoslovacchi, ungheresi e austriaci, a un gruppo di Templari anti-Islam, e di essere il titolare di un Ordine templare con sede a Lugano.
Dice anche di avere militato nella Legione straniera e combattuto in mezzo mondo, dall' Uganda alla Rhodesia, dal Ciad al Libano, fino a Eritrea e Somalia, e di collaborare attualmente con i «gilet gialli» che da un anno mettono a ferro e fuoco Parigi.
Il calabrese che viveva tra la Liguria e la Francia vantava pure contatti con uomini politici del centro-destra attivi in alcune banche, e progettava azioni a Savona, per le quali - diceva - «ho già fatto dei sopralluoghi, utilizzando macchine diverse». Attentati da compiere «utilizzando benzina e rivendicandoli "Patrioti italiani" e basta». Vanterie e vaneggiamenti, forse.
Ma le armi a disposizione, la tessera della polizia francese e altri discorsi sui kalashnikov da acquistare a prezzi di saldo hanno convinto l' Antiterrorismo a intervenire. E per adesso, Nucera che si faceva chiamare Léon, ha preferito non rispondere ai magistrati.
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