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Luigi Ferrarella per il “Corriere della Sera”
Reati ambientali e corruzione per 700.000 euro da due imprenditori della bonifica nel 2011 dell’area ex Sisas di Pioltello-Rodano, «bomba» chimica che stava per costare all’Italia una maximulta Ue di 400 milioni: per queste accuse il 24 gennaio 2014 i pm milanesi Basilone-Filippini-Pirotta, con l’allora procuratore aggiunto Robledo, ottennero l’arresto (4 mesi di carcere) di Luigi Pelaggi, commissario delegato di governo e capo della segreteria tecnica dell’ex ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo.
Ora però, nell’inchiesta trasferita a Roma dalla Cassazione, il pm capitolino Paolo Ielo (a Milano fino al 2009) scrive che «la pluralità di elementi probatori» sottoposti dai pm al gip Luigi Varanelli — specie «una serie di incomprensibili e paraistituzionali incontri con un imprenditore preceduti dalla creazione di provviste di contanti», o lo svuotamento sospetto di una cassetta di sicurezza in banca — erano «cementati, quanto a univocità indiziaria, dall’intercettazione telefonica» del 15 marzo 2011 tra un imprenditore e il suo tesoriere:
in essa, «in occasione di un pagamento di un Sal-Stato avanzamento lavori» da 5,7 milioni, «si affermava che Pelaggi era “fantastico come commissario”, e si faceva cenno al fatto che la destinazione di 700.000 euro era nota ai due interlocutori» sghignazzanti. I difensori Antonio Bana e Valerio Spigarelli opponevano il seguito della trascrizione, secondo cui la frase sui «700.000 euro sai dove vanno» sarebbe sganciata da «questo Commissario è fantastico!»: apprezzamento riferito invece al fatto che l’efficienza di Pelaggi nel liquidare i pagamenti dovuti alle imprese rendeva superfluo il factoring in Unicredit, perché «fa prima Pelaggi a pagarci le fatture che loro ad accreditarci l’anticipo! senza passare dal factor…».
Ma a far propendere per l’archiviazione il pm romano Ielo è che le indagini milanesi, «compendiate nelle note GdF dell’8 novembre 2011 e 10 ottobre 2011, hanno tracciato il flusso finanziario di 700.000 euro generato dal Sal», e «evidenziato come non sia finito nella disponibilità di Pelaggi» (tuttora indagato per reati ambientali e abuso d’ufficio).
Risalta che l’8 settembre 2011 (novembre è un refuso) e il 10 ottobre 2011 precedono ampiamente il 5 febbraio 2013, giorno in cui la Procura milanese firmò 300 pagine di richiesta di arresto senza cenni alle due risposte GdF su quei 700.000 euro non andati a Pelaggi.
Il gip, che oggi esclude di averle avute tra i 4 faldoni per l’arresto, e i legali, che a inchiesta finita le lessero depositate ma nel faldone 23 (su 27), potrebbero dunque aver subìto il contraccolpo di un problema in Procura nella fotocopiatura, scannerizzazione e indicizzazione del fascicolo: la difesa, infatti, ora a posteriori ha ritrovato sì le note GdF (e relativi testimoni) pure negli atti dei pm già all’arresto (faldone 3 su 4, identica numerazione) ma disperse in un sottofascicolo di accertamenti bancari su un altro imputato .
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