DAGOREPORT - L’ASSOLUZIONE NEL PROCESSO “OPEN ARMS” HA TOLTO A SALVINI LA POSSIBILITA’ DI FARE IL…
Maurizio Molinari per “la Stampa”
Un palestinese di 23 anni armato di coltello porta il terrore dentro un autobus di linea a Tel Aviv e poi spiega l’attacco alla polizia illustrando una sorta di manifesto personale del terrorismo, che coniuga jihadismo e nazionalismo palestinese. Hamza Matrouk, 23 anni, martedì sera aveva mangiato con i propri amici in un campo profughi nei pressi di Tulkarem, in Cisgiordania, mostrandosi «normale, quello di sempre» come uno di loro racconta all’agenzia «Maan». Ma poche ore dopo ha messo in atto il piano-killer.
Entrato illegalmente in Israele, alle 7 era alla stazione dei bus di Tel Aviv, è salito sull’autobus della linea 40, ha aspettato che facesse due fermate per riempirsi di passeggeri e quando stava per arrivare all’incrocio «Maariv» - uno dei più congestionati - si è gettato contro l’autista, accoltellandolo. Per poi colpire a caso, fra i passeggeri.
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IL CORAGGIO DELL’AUTISTA
Quando l’autista, gravemente ferito, è riuscito ad aprire le porte del bus per far fuggire le persone, Matrouk si è gettato al loro inseguimento, accoltellando due donne alle spalle prima di essere colpito dagli agenti dell’unità «Nacshon», che scortano i detenuti ed erano lì per caso. Ferito alle gambe è stato ammanettato e portato in ospedale dove, ricevute le cure d’emergenza, ha incontrato gli agenti dello Shin Bet - il controspionaggio - che lo hanno interrogato per tentare di capire genesi, motivi e dinamica dell’attacco terroristico che ha causato 12 feriti, 4 dei quali in gravi condizioni.
Per lo «Shin Beth» si è trattato di un’opportunità rara perché in genere i terroristi muoiono negli attentati. Hamza Matrouk ha parlato a getto, illustrando una sorta di «manifesto del terrore» personalizzato che coniuga e sovrappone più matrici. «L’ho fatto di mia scelta e volontà - ha detto il palestinese - per vendicare le vittime della guerra di Gaza, per difendere la Spianata delle moschee di Gerusalemme» e anche dopo aver visto su Internet «i video che assicurano il paradiso a chi scegliere il martirio per la Jihad contro gli infedeli».
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CRESCE L’INFLUENZA DELL’ISIS
La sovrapposizione fra motivazioni di stampo nazionalista palestinese all’impronta jihadista conferma per gli inquirenti israeliani il sospetto avuto all’indomani della strage nella sinagoga di Har Nof, a Gerusalemme, quando in novembre quattro rabbini vennero uccisi brutalmente con asce e coltelli, ed a due di loro venne tagliata la testa con un rituale brutale che evoca la tecnica delle esecuzioni dei jihadisti dello Stato Islamico (Isis).
Il contagio jihadista fra i nazionalisti palestinesi ha altri indicatori che si sono accumulati negli ultimi mesi: dalle sfilate salafite con le bandiere nere del Califfo nel Sud della Striscia di Gaza alla cattura di una cellula di Isis a Hebron, roccaforte di Hamas, fino all’arresto del «comandante di Isis in Palestina» ovvero Adnan Aladin, quarantenne medico di Nazareth, a capo di un gruppo di sette jihadisti tutti arabo-israeliani residenti in Galilea. Per il premier israeliano Benjamin Netanyahu il responsabile di questa escalation è «il presidente palestinese Abu Mazen che diffonde odio e si allea con i terroristi di Hamas».
LA MINACCIA IRANIANA
In questo clima di tensione arrivano le parole del ministro degli Esteri iraniano Hossein Dehqan che promette di «armare la Cisgiordania» per rappresaglia al raid israeliano sul Golan contro gli Hezbollah dove sono morti anche degli ufficiali iraniani.
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