DI MALI IN PEGGIO – LA PARABOLA DI IYAD AG GHALY, EX COMANDANTE RIBELLE MALIANO DIVENTATO IL CAPO DEL PIÙ GRANDE GRUPPO JIHADISTA DELL’ADRICA OCCIDENTALE – IL 67ENNE, PROVENIENTE DA UNA NOBILE FAMIGLIA TUAREG, SI È RADICALIZZATO IN ARABIA SAUDITA, DOVE LAVORAVA COME CONSIGLIERE CULTURALE PER IL GOVERNO DEL MALI – NEL 2017 HA FONDATO IL “JNIM”, UNIFICANDO I PRINCIPALI GRUPPI DI ESTREMISTI ISLAMICI NEL SAHEL – LE SUE MILIZIE SONO DIVENTATE UNA POTENZA NELLA ZONA, ANCHE GRAZIE AL TRAFFICO DI ESSERI UMANI: CONTROLLANO GLI SNODI TRA MALI, NIGER E ALGERIA, E COLLABORANO CON…

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Estratto dell’articolo di S. Pia. per “la Verità”

 

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Nel Sahel, […] il nome di Iyad Ag Ghaly evoca potere, fanatismo e sopravvivenza. Ex comandante ribelle e oggi leader del Jnim - Jama’at Nusrat al-Islam wal-Muslimin, la più potente formazione jihadista dell’Africa Occidentale, Ag Ghaly è riuscito in ciò che nessun capo tuareg aveva mai ottenuto: trasformare la lotta per l’autonomia in una crociata globale sotto l’egida di al-Qaeda.

 

Nato intorno al 1958 a Kidal, nel Nord del Mali, proveniente da una nobile famiglia tuareg, Ag Ghaly emerse negli anni Novanta come figura di spicco della ribellione contro il governo di Bamako. In quella fase la sua battaglia era politica, non religiosa: chiedeva riconoscimento culturale e partecipazione alle risorse del Nord. Dopo gli accordi di pace, divenne mediatore e diplomatico, persino rappresentante del Mali in Arabia Saudita.

 

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Fu lì, nel cuore del wahhabismo, che si radicalizzò: le prediche salafite, le reti di fondamentalisti e la frustrazione per la corruzione del potere maliano lo spinsero verso l’islamismo militante. Nel 2012, approfittando del caos politico seguito al colpo di Stato a Bamako, fondò Ansar Dine, movimento jihadista che conquistò in poche settimane città come Timbuctù e Gao, imponendo la sharia con brutalità.

 

Le immagini delle amputazioni pubbliche e della distruzione dei mausolei di Sidi Yahia e Sidi Mahmoud fecero il giro del mondo. L’intervento francese del 2013, con l’operazione Serval, ne disperse le truppe ma non ne spezzò l’influenza. Rifugiatosi nelle montagne di Kidal, Ag Ghaly continuò a tessere la sua rete, fino a unificare nel 2017 i principali gruppi jihadisti saheliani sotto la sigla Jnim, legata ad al-Qaida e guidata personalmente da lui. […]

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Le sue milizie controllano villaggi, strade e mercati, impongono tributi e forniscono protezione a chi paga. Ma il segreto della loro forza economica risiede nei traffici illeciti: armi, droga e, soprattutto, migranti.

 

Nelle aree sotto la sua influenza, il traffico di migranti diretti verso la Libia e il Mediterraneo è diventato una vera industria del deserto. I convogli che partono da Gao, Timbuctù o Mopti attraversano zone controllate dal Jnim, che impone «tasse di passaggio» a ogni carovana. Il gruppo offre «protezione» ai passeur, media con le tribù locali e, se necessario, sequestra i migranti per chiedere riscatti.

 

[…] Il Jnim, grazie alla sua posizione geografica, controlla gli snodi tra Mali, Niger e Algeria, e collabora con trafficanti tuareg e arabi, non solo per estorcere denaro ma anche per infiltrare combattenti o trasportare armi. Il traffico di esseri umani diventa così una componente della strategia jihadista: garantisce fondi, influenza e radicamento territoriale.

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[…] Ogni convoglio che attraversa il Sahel è una fonte di reddito per i gruppi armati, e allo stesso tempo una rete di copertura per spostare uomini addestrati. Per le intelligence occidentali, il deserto è ormai un unico spazio operativo dove i confini tra terrorismo e criminalità organizzata si confondono.

 

Iyad Ag Ghaly, definito dagli Stati Uniti un «terrorista globale», è oggi uno degli uomini più ricercati del Continente. Washington ha offerto una ricompensa di 10 milioni di dollari per la sua cattura. Ma il «signore del deserto» resta inafferrabile.

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[…] La parabola di Ag Ghaly è il simbolo del fallimento delle politiche occidentali nel Sahel: un ex ribelle trasformato in emiro jihadista, che ha saputo trasformare il vuoto dello Stato in una struttura di potere parallela. Nelle sue mani, religione, economia e terrore si fondono in un’unica visione. Mentre i governi locali, sostenuti da milizie straniere e contractor russi, faticano a contenere la minaccia, il Jnim continua a prosperare.

 

Iyad Ag Ghaly non è solo il volto del jihad africano: è il prodotto di un mondo in cui la disperazione dei migranti, l’impunità dei trafficanti e l’abbandono delle periferie africane convergono in un’unica rotta. Una rotta che porta, ancora oggi, dal deserto maliano fino alle coste del Mediterraneo.

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