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“LA VERA DOMANDA SUL DELITTO DI GARLASCO È IL MOVENTE. E QUANDO SALTERÀ FUORI, FARÀ MALE A DUE FAMIGLIE…” – PARLA FRANCO MARCHETTO, IL MARESCIALLO IN PENSIONE CHE COMANDAVA LA STAZIONE DEI CARABINIERI DI GARLASCO IL 13 AGOSTO 2007: “LE GEMELLE CAPPA? C’ERA IL TESTIMONE CHE SMENTIVA I MOVIMENTI DELLA LORO MADRE, QUELLA MATTINA. E MUSCHITTA (IL PRIMO TESTIMONE CHE POI RITRATTÒ) CHE DESCRISSE STEFANIA IN BICI CON TROPPI DETTAGLI PER MENTIRE. BISOGNAVA ENTRARE IN CASA LORO, BISOGNAVA INDAGARE A 360 GRADI MA IL CAPITANO CASSESE DISSE: TENGONO L’ALIBI. MA CHI LO HA MAI VERIFICATO?”
L’EX MARESCIALLO: “IO FERMATO MENTRE INDAGAVO SULLE CAPPA”
Estratto dell’articolo di M.Pi. per “la Repubblica”
Tira fuori la medaglietta. «Questa è da soldato. La metti quando vai in guerra. La toglierò solo quando questa storia sarà alle spalle». E per il maresciallo in pensione Franco Marchetto, che comandava la stazione dei carabinieri di Garlasco il 13 agosto 2007, l’epilogo è vicino.
«La Procura di Pavia ha in mano molto, e ci stupirà. E i carabinieri di Milano vogliono scrivere la parola fine, non una parola qualsiasi. Finora c’è stato un colpevole, non il colpevole. O i colpevoli. E quando si saprà la verità si scoprirà, si capirà anche il male che è stato fatto a me, da chi e il motivo». Chi ha ucciso Chiara Poggi? Perché? […] «La vera domanda è il movente. E quando salterà fuori, farà male a due famiglie».
Riassunto delle seimila puntate precedenti: Marchetto all’epoca era considerato il miglior ufficiale di polizia giudiziaria della provincia di Pavia, «per tutti tranne che per uno».
Cioè il capitano della compagnia di Vigevano, Gennaro Cassese: con quest’ultimo finì a carte bollate e denunce, tutte archiviate. Nel frattempo Marchetto, esautorato in fretta dall’inchiesta, finì nei guai. Tre condanne. per favoreggiamento della prostituzione quando venne trovato, mentre era in malattia, dal suo sostituto al night La Palanca, «un locale che avevo chiuso due volte — spiega — e sul quale il mio sostituto, che fece l’ispezione, non indagò mai».
Per peculato, «per aver prestato a Silvia Sempio, zia di Andrea e mia amica, un gps con cui mi disse di voler controllare la famiglia, e invece pedinò il marito che lo scoprì. E per falsa testimonianza, qui legata all’indagine per omicidio. «Ero in caserma quando venne interrogata la signora Franca Bermani, quella che parlò della bici nera da donna con le molle cromate.
La portai io sul ballatoio della caserma ma lei non mi conosceva, e non mi riconobbe. Adesso, nove anni dopo la condanna, mi è arrivata la richiesta di risarcimento da 40mila euro alla famiglia Poggi. Una cosa che mi amareggia. Perché mi sono stati chiesti i soldi proprio ora che mi sto interessando al caso. Per me, è come se fosse la mia ultima indagine. Una guerra del bene contro il male. Anche per riabilitarmi».
Affermazioni forti e già note, da parte di un ex carabiniere che si sente perseguitato. Che ha messo in contatto Le Iene col supertestimone del canale di Tromello, ha parlato con l’avvocato Massimo Lovati, gestisce il Blu Bar a Garlasco con le figlie e dal bancone ausculta il paese. E che dice? «Si è sempre diviso su Stasi tra innocentisti e colpevolisti.
Molti più i primi. Le stesse persone che mi dicevano di guardare in direzione delle gemelle Cappa».
[…] Marchetto fu il primo a puntare su Stasi la sera stessa di quel 13 agosto, quando si precipitò dalla vacanza al mare in caserma. […] Fu il maresciallo che il giorno dopo andò a visionare la vecchia bici nera della famiglia Stasi nell’autofficina del papà Nicola. «Era diversa. Non la sequestrai io ma nemmeno i colleghi di Vigevano, in seguito».
Poi le gemelle. «C’era il testimone che smentiva i movimenti della loro madre, quella mattina. E Muschitta (il primo testimone che poi ritrattò, ndr) che descrisse Stefania in bici con troppi dettagli per mentire. Bisognava entrare in casa loro, bisognava indagare a 360 gradi ma il capitano Cassese disse: tengono l’alibi. Ma chi lo ha mai verificato?». […]
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