DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
1. PESTAGGI E MANETTE, LA VERA STORIA DELLA SALIS
Fabio Amendolara per “la Verità” - Estratti
Stando al Blikk, uno dei quotidiani ungheresi più seguiti, sarebbe accusata di aver messo in «pericolo» la «vita» della vittima tramite una «tentata lesione personale».
Il reato sarebbe stato «commesso» nell’ambito di un’azione di «un’organizzazione criminale». Un reato che a Budapest è considerato particolarmente grave, tanto che l’anarchica italiana Ilaria Salis, 39 anni, di Monza, insegnante, è stata tradotta in udienza davanti al tribunale con le manette ai polsi e alle caviglie (che in Ungheria sembra essere una prassi, visto che i siti Web dei giornali sono pieni di foto che mostrano detenuti ammanettati prima o durante i processi).
Il cronista del quotidiano ungherese che ha seguito l’udienza riporta anche che «l’italiana ha acconsentito a farsi riprendere in modo riconoscibile». I sorrisi dispensati al pubblico non sono sfuggiti. E infatti il giornalista sottolinea: «Nessuno direbbe che la sorridente italiana possa far parte di un gruppo estremista».
Stando alla ricostruzione dell’accusa, avrebbe partecipato all’aggressione di due militanti di estrema destra durante la commemorazione del Giorno dell’onore (una cerimonia che ricorda l’impresa di un battaglione nazista che, nel 1945, tentò di impedire l’assedio di Budapest da parte dell’Armata rossa) procurando nelle vittime ferite valutate come guaribili in sette giorni.
I movimenti antifascisti che Salis frequenta da tempo (in passato è stata intercettata mentre conversava di manifestazioni e di siti Web dell’area antagonista con Roberto Cropo, l’anarchico estradato dalla Francia nel 2020 e finito nell’operazione Bialystok) avrebbero, stando alle accuse, organizzato una contromanifestazione di protesta. E la Salis, stando al Blikk «è considerata una cacciatrice di nazisti».
In passato, Salis si era beccata anche una condanna per «resistenza aggravata» e «per aver intonato cori ostili, posizionato per strada sacchi di spazzatura e lanciato immondizia contro i poliziotti mentre gli urlava “mangiate”»: otto mesi di reclusione nel 2022.
L’11 febbraio di un anno fa viene identificata e fermata dalla polizia ungherese che [...] consegna all’autorità giudiziaria delle riprese video che mostrano due persone accerchiate e aggredite da un gruppo di persone che brandiscono anche delle spranghe.
All’inizio viene accusata di aver partecipato a quattro aggressioni, per due di queste, però, la Procura ha ritirato l’accusa, avendo accertato che l’italiana non era ancora arrivata in Ungheria.
Al momento del fermo, avvenuto su un taxi, sarebbe stata trovata in possesso di un manganello retrattile («Lo aveva portato con sé per un’eventuale difesa personale», ha poi spiegato suo padre Roberto).
«Mi hanno colpito da dietro e spaccato la testa, che è stata ricucita in ospedale. Il mio volto, al lato sinistro è completamente gonfio, lo zigomo è rotto.
La mia ragazza è stata pugnalata due volte alla coscia con qualcosa», ha raccontato una delle vittime dell’aggressione.
«Non ho commesso questi crimini, non accetto quello di cui mi accusano», ha detto Salis, stando a quanto riporta il quotidiano ungherese, durante l’udienza. L’imputata, inoltre, non si sarebbe riconosciuta nel video e i suoi avvocati lamentano che i capi d’imputazione non sarebbero stati tradotti in italiano (un aspetto previsto dalle convenzioni internazionali).
Il giornale però evidenzia subito dopo che «sorprendentemente» il coimputato, un tedesco che, invece, non avrebbe acconsentito alle riprese video in aula, «ha detto il contrario».
Ecco le sue parole: «Chiedo scusa al tribunale e alla Procura. Mi dichiaro colpevole e rinuncio al mio diritto a un processo.
Tutto è avvenuto come indicato nell’atto di accusa». Con un processo di tipo immediato e dopo aver scelto di patteggiare, il tedesco è stato condannato a tre anni di reclusione.
Già tempo fa Salis, tramite i suoi avvocati, aveva reso pubbliche le condizioni di detenzione in Ungheria, sostenendo di essere stata costretta a «guardare il muro nelle soste nei corridoi» e denunciando la presenza di «scarafaggi, topi e cimici nelle celle». Ma ha anche sostenuto di non essere riuscita a comunicare con la sua famiglia per mesi e di essere stata «costretta a indossare», in occasione dell’interrogatorio, «senza avvocato», vestiti «sporchi e puzzolenti». [...]
ROBERTO SALIS PADRE DI ILARIA SALIS
2. «ILA», PASSIONE PER LA STORIA E LOTTE CON IL CENTRO SOCIALE
Estratto dell’articolo di Federico Berni e Francesco Battistini per il “Corriere della Sera”
La neve era bianca, il nero avanzava. Fine gennaio, come adesso. Li misero al muro e li fucilarono. C’è ancora una targa che ricorda quell’eccidio e a Ilaria Salis, quando vent’anni fa fondò il Boccaccio, non parve vero d’occupare una sede così. Un centro sociale nel cuore della borghesissima Monza, in quella fabbrica abbandonata.
Proprio lì, in via Boccaccio, dove i nazisti avevano fucilato tre partigiani sotto la neve, e dopo una notte di torture in carcere: «Non c’è posto più adatto…». All’epoca Ilaria aveva 18 anni ed era appena uscita dalla D del liceo classico Zucchi, quello delle autogestioni e dei secchioni.
Voti altissimi. Una gran voglia di studiare la Storia. E d’interpretarla: anche il 9 febbraio dell’anno scorso, del resto, a Budapest si celebrava un’altra data del ’45 e lei c’era andata perché quel Tag der Ehre , quella Giornata dell’Onore […] disonorava l’antifascismo europeo, celebrando la morte d’un manipolo di soldati nazisti.
«Lei ha sentito il bisogno di partecipare a quella manifestazione — dice la zia, Carla Rovelli —, ma perché è una bravissima persona, un’idealista». E il padre: «S’è sempre appassionata alle cause sociali. Sempre. Fin dal liceo. Si consumava sui libri e nell’impegno politico. Il centro sociale, l’ha praticamente fondato lei…».
ROBERTO SALIS PADRE DI ILARIA SALIS
[…] «Ila» potrà rivedere oggi i genitori. Riceverà il pacco mensile, i suoi libri di Storia.
Otterrà più visite al mese. «Lunedì siamo riusciti a parlarle qualche decina di minuti — è esausto il padre —. Solo argomenti leggeri, per distrarla un po’…». Dopo il processo delle catene, le ore a Budapest dell’ingegner Roberto Salis sono puro Kafka: «Sta crescendo un’onda per screditare le azioni d’Ilaria — dice —, stanno girando anche foto d’un reato, commesso in Ungheria, per cui mia figlia non è nemmeno accusata… L’hanno letteralmente torturata. Ma nonostante il tentativo di causarle un crollo psicologico, lei ha retto. Perché non ha nulla che debba confessare».
Di quel Tag der Ehre , il 9 febbraio, un appuntamento di skinheads che calano da mezz’Europa, a Budapest si prepara la replica. Con la benedizione di Orbán. La capitale sarà assediata da altri cortei «antifa», come quello cui partecipò Ilaria l’anno scorso […]
[…] Un lavoro di maestra elementare a Milano e un fratello. «Ma per favore non date troppi dettagli — è preoccupato il padre —. Lunedì in aula, nascosti fra il pubblico, c’erano anche quattro nazi che ci tenevano d’occhio…». Su alcuni siti dell’estrema destra, è già comparso l’indirizzo milanese di Ilaria. […]
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