FLASH! – ALLARME ROSSO PER LE GRANDI BANCHE AMERICANE, GIA’ LATITANTI ALL’INAUGURAZIONE DELLA…
Cristiana Salvagni per “la Repubblica”
Ghiacciai che si sciolgono d’estate e ghiaccioli che si vendono d’inverno. Polveri sottili al massimo in città e creme solari spalmate anche in autunno. Il cambiamento climatico entra nel carrello della spesa degli italiani. Ci porta più insalate e meno cotechini. Tante bottiglie d’acqua e sempre meno pizze da infornare.
Se è vero che il 2015 è stato l’anno più caldo dell’ultimo secolo e oltre (il 1880 è l’ultima data con dati disponibili), in che modo l’anomalia di estati sempre più lunghe e inverni più miti ha influito sugli alimenti in tavola?
Ha provato a dare una risposta l’ufficio studi della Coop, analizzando l’andamento sul mercato di circa 500 prodotti, da gennaio a dicembre scorso. E ha scoperto che l’innalzamento delle temperature medie ha mutato profondamente le abitudini di consumo delle famiglie.
Schizzano in alto le vendite di liquidi dissetanti: acqua prima di tutto, che segna un aumento di quasi il 10 per cento, ma anche tè freddi e bevande agli aromi, come lo sciroppo alla menta o alla mandorla (più 12 per cento). Nel piatto finiscono meno stufati e pietanze cucinate e più capresi e macedonie.
Diminuisce l’acquisto di cibi che richiedono di passare tanto tempo davanti ai fornelli, come torte, pizze, sughi. O riconducibili alla stagione fredda: i cotechini scendono del 5 per cento, i wurstel e lo strutto del 6, le fondute del 3,6, i torroni di oltre l’8.
Dall’altro lato si mangiano gelati e tonno in scatola tutto l’anno e si affermano i piatti pronti, freschi e light: la lattuga in busta mette a segno un exploit del 210 per cento, seguita dai pomodori confezionati con un più 186 per cento. Poi gli affettati più 13,5 per cento, e i formaggi leggeri a più 17 per cento.
Se la calura scoraggia a mettere in tavola pietanze troppo caloriche o elaborate, spinge anche a farsi più docce e proteggersi dal sole. Cresce moltissimo il consumo di prodotti per il corpo e per la casa legati a un periodo estivo prolungato, come le creme solari, i deodoranti, i prodotti per l’igiene fino al boom dei repellenti per le zanzare. Gli insetticidi salgono del 15 per cento, le pomate post puntura addirittura del 38.
La spesa condizionata dal meteo non è naturalmente una novità del 2015, ma l’onda lunga di una tendenza che si è affermata anno dopo anno. «Gli economisti solo di recente hanno cominciato a interrogarsi sugli effetti economici del cambiamento climatico.
Gli italiani invece lo sanno da tempo: avevamo già notato uno slittamento stagionale nei loro consumi alimentari e un forte impatto delle temperature sulla scelta dei prodotti — spiega Stefano Bassi, presidente di Ancc-Coop — E ne hanno una forte consapevo- lezza. Secondo una indagine Doxa il 51 per cento degli italiani individua nei cambiamenti climatici la causa fondamentale delle modifiche future nella dieta, il dato più alto tra tutti i Paesi considerati».
Alcuni prodotti, più di altri, danno un segno tangibile della svolta. Per esempio il sale da cucina, calato del 4,5 per cento. «Non è una scelta economica, perché non costa molto. Ma di abitudine — aggiunge il direttore generale di Ancc-Coop Albino Russo — ti fa capire che si fanno bollire meno cose: come l’acqua per la pasta o la vedura lessa, che aumentano la percezione di caldo».
L’usare poca panna in cucina o il preparare meno torte diventa la spia di un mutamento più generale degli stili di vita. «L’estate molto allungata, che sfocia in primavera e autunno, ha orientato le scelte verso cibi che consentono di avere una qualità della vita migliore», spiega il sociologo dell’alimentazione Lucio Meglio.
«Cioè di affrontare bene la calura esterna: si consumano molta più acqua, frutta e verdura e meno cibi grassi, come le carni rosse. Il consumatore di oggi è attentissimo alla salute e fa scelte consapevoli, orientandosi verso alimenti adatti alla stagione».
Un piccolo boom lo stanno vivendo le gelaterie. «Stiamo assistendo a una progressiva destagionalizzazione del gelato, viene consumato tutto l’anno», dice Mario Piccialuti, responsabile dell’istituto del Gelato italiano.
Così l’anno scorso sono state vendute oltre 200mila porzioni in più di coni e coppette. Le temperature straordinariamente alte si sono rivelate una fortuna anche per bar e ristoranti (il giro d’affari, dice Confesercenti, è salito del 4 per cento), e per camping e stabilimenti balneari che hanno toccato un aumento nei clienti del 10 per cento.
Soprattutto per le acque minerali il 2015 è stato un anno eccezionale: le bottiglie vendute sono state il 9,6 per cento in più. «Noi siamo cresciuti del 20 per cento — racconta Alberto Bertone, ad del Gruppo Sant’Anna Fonti di Vinadio — e un altro trend che sta andando molto bene è quello del tè freddo fatto per infusione, senza polverine».
Mentre il calore prolungato ha spinto le aziende legate ai dolci delle festività, come pandori e panettoni,a diversificare la produzione. «Per ridurre il rischio ci siamo spostati sul comparto della prima colazione, con una linea di frollini — spiega Alberto Balocco, ad della Balocco Spa — perché basta un inverno molto mite a rovinare la stagione».
2. L’ETERNA CONTESA TRA CALORE E CALORIE
Marino Niola per “la Repubblica”
Se il pianeta si riscalda, il piatto si raffredda. È la risposta dei consumatori ai cambiamenti climatici. Più l’Italia si tropicalizza con inverni miti ed estati torride, più gli italiani mettono a tavola il fresco. Insalate, pomodori, formaggi light, gelati e bibite a fiumi. Mentre i cibi che sanno d’inverno escono dal carrello. Strutto, wurstel, margarina, cotechini e brodi appartengono ormai al ricordo dei rigidi inverni d’antan.
Ebbene sì, siamo decisamente meteoropatici! E i dati lo dicono a chiare lettere. Ma se una volta il meteo ci cambiava l’umore, adesso influenza anche il sapore. E adesso c’è la prova di una correlazione tra l’aumento del calore e la diminuzione delle calorie.
In un certo senso è sempre stato così. Non a caso Aristotele spiegava usi e costumi dei popoli proprio in base alla temperatura e all’umidità. Nei Paesi equatoriali, secondo il filosofo, il clima rovente favorirebbe la mancanza d’iniziativa. In quelli polari il freddo renderebbe eccessivamente attivi. Inutilmente esuberanti.
La perfezione consisterebbe invece nel giusto equilibrio tra caldo e freddo. E stava di casa, neanche a dirlo, proprio in Grecia. Dove, peraltro, i bruschi cambiamenti climatici impressionavano non poco l’opinione pubblica.
Al punto che Platone, già duemilacinquecento anni fa, se la prendeva con i suoi concittadini che alla prima ondata di caldo anomalo pensavano che il carro del sole avesse sbagliato strada e stesse per investire la terra desertificandola. Come dire che certe paure sono molto più antiche del buco dell’ozono.
In realtà fra clima e dieta c’è sempre stata una relazione strettissima. Prima di tutto perché i grandi cambiamenti naturali modificano habitat e abitudini, usi e consumi. Basti pensare alle glaciazioni.
A cominciare da quella del Cretaceo che 65 milioni di anni fa ha fatto fuori, insieme ai dinosauri, anche il 75 per cento delle specie animali e vegetali, svuotando la dispensa dei nostri antenati. Al contrario fu proprio una deglaciazione, poco più di diecimila anni orsono, a favorire lo sviluppo della nostra civiltà, facendo nascere l’agricoltura e l’allevamento. Da allora gli sbalzi di temperatura si sono sempre alternati.
La differenza è che oggi a cambiare non è solo il clima atmosferico, ma anche il clima culturale. Nel senso che ai dati meteo si aggiunge una nuova sensibilità alimentare. E alle proiezioni scientifiche si sovrappongono le proiezioni dell’immaginario.
Qualche volta apocalittiche, qualche volta fondate. E comunque sempre più indotte da quello tsunami di informazioni sull’alimentazione che da qualche tempo si abbatte su lettori, telespettatori e internauti. Complice anche l’Expo, che ha alzato positivamente l’asticella dell’educazione e della responsabilità alimentare.
Non a caso i consumi in calo riguardano, al di là del caldo e del freddo, soprattutto i cibi sospettati di nuocere alla salute e all’ambiente. Mentre il cioccolato, altrettanto calorico, ma straricco di virtù nutrizionali, non essendo oggetto di nessuna fatwa salutista resta una passione collettiva. Anche perché il fondente fa bene all’umore. E quindi migliora il clima emotivo.
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