
DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È…
Franca Selvatici per “la Repubblica”
Il senatore di Ala Denis Verdini ha diversi conti in sospeso con la giustizia ma il rischio più alto lo corre a Firenze, la sua città, dove ieri i pm Luca Turco e Giuseppina Mione ne hanno chiesto la condanna a 11 anni per associazione a delinquere, bancarotta fraudolenta, reati bancari e truffa ai danni dello Stato per i quasi 23 milioni di contributi pubblici ricevuti dal Giornale della Toscana, inserto locale del Giornale della famiglia Berlusconi, oltre che da altre testate.
credito cooperativo fiorentino
Il processo – nato da una costola delle indagini dei carabinieri del Ros sulla cricca del G8 e sulla Scuola Marescialli – riguarda da un lato il Credito Cooperativo Fiorentino di Campi Bisenzio, la banca di cui Verdini è stato presidente dal 1990 al 2010, e dall’altro le sue iniziative editoriali. Gli imputati sono in tutto 43 e ieri i pm hanno chiesto la prescrizione per 10 e la condanna a pene comprese fra 1 e 11 anni per gli altri 33, fra cui gli imprenditori Riccardo Fusi e Roberto Bartolomei (9 anni ciascuno è la richiesta) e l’onorevole Massimo Parisi, “luogotenente” di Verdini nell’editoria, per cui sono stati chiesti 6 anni.
Fra gli imputati anche il principe Girolamo Strozzi, già presidente della Società toscana di edizioni che pubblicava ilGiornale della Toscana. Per lui la procura chiede una condanna a 2 anni e 6 mesi. Secondo i pm, Verdini gestiva la banca di cui era presidente «come un bancomat» per i suoi amici e per gli imprenditori Fusi e Bartolomei, praticando una politica creditizia «palesemente in contrasto con le normative e le prassi vigenti nel sistema bancario» e in tal modo distraendo «ingenti somme di denaro» e «compromettendo gli equilibri economico-finanziari della banca», che nel 2010 è stata commissariata da Bankitalia, nel 2012 dichiarata insolvente e infine assorbita da Chianti Banca.
CREDITO COOPERATIVO FIORENTINO
I consiglieri di amministrazione e i sindaci revisori erano «tutti uomini del presidente » - secondo la procura – e nessuno si opponeva alle sue decisioni, anche a fronte di richieste di fido del tutto prive di adeguate garanzie, come alcune di quelle presentate da Riccardo Fusi, «sempre alla disperata ricerca di soldi».
Quanto all’editoria, Verdini è accusato di aver promosso la costituzione di «un simulacro di cooperativa» che nel 2001 acquisì il 51% delle quote della Società toscana di edizioni, consentendo in tal modo al Giornale della Toscana di ricevere i contributi pubblici riservati alle testate il cui capitale fosse detenuto in maggioranza da cooperative, fondazioni o enti morali senza scopo di lucro.
Una pura finzione, secondo l’accusa, che abbinata ad altri artifizi ha consentito al Giornale della Toscana e ad altre testate del gruppo di ricevere contributi pubblici per quasi 23 milioni fra il 2006 e il 2010. Somme che ora devono tornare allo Stato, sostiene l’accusa. A tal fine viene chiesta la confisca per equivalente dei beni degli imputati accusati di concorso nella truffa.
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