DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Michelangelo Cocco per “il Messaggero”
Messa sotto controllo l' epidemia di Covid-19, calato il sipario sul Comitato centrale del Partito comunista, per i cinesi è arrivato il momento di contarsi. Da ieri milioni di cinesi hanno iniziato a registrare i loro connazionali per il settimo censimento nazionale, evento che si ripete ogni dieci anni da quando, nel 1949, venne proclamata la Repubblica popolare.
A quanto ammonta oggi la popolazione più numerosa del pianeta, composta da 56 etnie sparse sul quarto Paese più esteso del mondo? Il censimento precedente, nel 2010, aveva registrato poco meno di 1,4 miliardi di abitanti (esattamente 1.339.724.852).
Per raccogliere i dati delle famiglie sono stati sguinzagliati 7 milioni di lavoratori socialmente utili che, per due mesi, busseranno alle porte di scintillanti grattacieli shanghaiesi, come a quelle delle case di remoti villaggi tibetani, delle yurte, le tende mongole abitate da popoli nomadi ai confini col Pakistan.
Parte della popolazione invece risponderà al censimento attraverso una app, nonostante un numero crescente di cittadini abbia mostrato segni d' insofferenza verso la raccolta di loro dati personali, perfino durante l' emergenza Covid, quando i cellulari erano diventati veri e propri lasciapassare (per stazioni, negozi, condomini), trasmettendo le informazioni sanitarie degli utenti.
In un Paese in cui due giganti - Tencent e Alibaba - si dividono il business miliardario dei pagamenti elettronici, l' Ufficio nazionale di statistica (Nbs) ha provato a rassicurare: i dati raccolti verranno utilizzati solo per il censimento e rimarranno segreti. Sesso, età, etnia, occupazione, reddito: miliardi di informazioni confluiranno nella capitale Pechino dove verranno classificate ed elaborate dal Nbs, che avrà bisogno di un paio d' anni per restituirci l' immagine aggiornata della Cina della «Nuova era» proclamata dal presidente Xi Jinping.
La tendenza è quella di un Paese che invecchia, rapidamente, con gli ultra sessantenni che sono ormai il 18% della popolazione. E questo preoccupa la leadership del Partito: il timore è che la Cina il cui reddito pro capite ha raggiunto 10.000 dollari annui - diventi vecchia prima che ricca.
Per questo c' è grande attesa per capire se, dopo l' abolizione l' anno scorso della «politica del figlio unico», i cinesi (400 milioni dei quali si sono trasformati da contadini e operai in ceto medio) facciano di nuovo figli, confidando nella crescita dell' economia nazionale.
Ora che tutte le famiglie possono avere un secondo bebè senza incorrere in sanzioni, arriverà il tanto atteso baby-boom? Pare proprio di no, dal momento che il tasso di natalità registrato l' anno scorso è stato il più basso da quando Mao, il 1 ottobre 1949, si affacciò da Tienanmen annunciando la nascita della Repubblica popolare. E il motivo è semplice: i cinesi oggi affrontano il continuo aumento del costo della vita costruendo mini-famiglie.
E così le stime del governo per il 2020 sono di un incremento della popolazione del 5,99%, con i cinesi che diventerebbero 1,43 miliardi. Anche se questo calcolo potrebbe rivelarsi ottimistico e perciò Evergrande invita il governo a legalizzare anche il terzo figlio: «Se non verranno apportati dei correttivi, ciò danneggerà seriamente il ringiovanimento della Cina e la sua ascesa come grande potenza», avverte una ricerca del colosso del settore immobiliare.
Negli spazi consentiti dalla censura, la gente comune chiede più assistenza. I servizi essenziali forniti dallo Stato in Cina sono davvero essenziali, mentre tutto il resto si paga a caro prezzo.
Secondo i demografi, ci vorranno almeno quindici anni prima che la politica del secondo figlio contribuisca a svecchiare la popolazione, perché le donne ritardano il momento della gravidanza per far carriera e perché la classe media cinese non vuole rinunciare al benessere raggiunto per un altro bebè.
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