VIDEO-FLASH! - L’ARRIVO DI CECILIA SALA NELLA SUA CASA A ROMA. IN AUTO INSIEME AL COMPAGNO, DANIELE…
1- RACHEL DOLEZAL AVEVA FATTO CAUSA AD HARVARD NEL 2002 PER DISCRIMINAZIONE RAZZIALE: SECONDO LEI, NON LE AVEVANO DATO UNA CATTEDRA PERCHÉ ERA BIANCA
http://thesmokinggun.com/documents/bizarre/rachel-dolezal-discrimination-lawsuit-786451
2- SI DIMETTE L’ATTIVISTA BIANCA DEI DIRITTI CHE SI ERA FINTA PER ANNI AFROAMERICANA
Da il “Corriere della Sera”
Si è dimessa Rachel Dolezal, l’attivista per i diritti civili dei neri d’America che era stata accusata dai suoi stessi genitori di essersi finta afroamericana. Rachel era la presidente della sezione di Spokane della Naacp, una delle più influenti organizzazioni nere degli Usa. Secondo la madre, Rachel, 37 anni, avrebbe mentito sulle sue origini che in realtà sono europee e nativoamericane.
3 - «IO SONO NERA» MA NON È VERO SIAMO ARRIVATI AI TRANS ETNICI
Filippo Facci per “Libero quotidiano”
Accusata di essere bianca. C’è tutto in questa storia: razzismo, razzismo di ritorno, mitomania, conformismo e soprattutto un mondo che plaude a un uomo che diventa donna - è appena accaduto con Caitlyn Jenner, ex olimpionico Usa, neo icona mediatica acclamatissima - ma non tollera una bianca che vuole essere nera. Che poi: per sapere che non è nera (black, negra, colored, afroamericana, di ceppo negride) bastava guardarla: Rachel Dolezal ha i capelli afro tipo Jimi Hendrix, sì, ma ha il viso da centroeuropea caucasica e ha pure gli occhi chiari. Il problema è che lei ha sempre detto di essere di etnia mista: in parte bianca, in parte afro-americana, in parte indiana.
L’altro problema è che i suoi genitori, bianchi come il latte, però hanno detto che «i suoi antenati sono tedeschi e cechi e svedesi», e non basta, hanno pure diffuso un certificato di nascita e delle fotografie in cui si vede che lei era bionda e lentigginosa. Niente di drammatico, se non fosse che la donna, attivista per i diritti dei neri, 37 anni, è da anni leader della comunità nera di Spokane e si è sempre presentata come discendente degli schiavi neri. Anche nei documenti.
E ora ti spuntano i genitori - traditori - che raccontano un’altra storia: che lei ha semplicemente frequentato uno storico college per neri, e poi sì, che è stata sposata (con un nero) e che avrebbe persino strumentalizzato il suo fratellino (nero) ma che in realtà fu adottato. Lei non è nera: punto. E bastava guardarla. Ma un giorno giunse a presentarsi in pubblico con un anziano signore nerissimo spacciato come il proprio padre: il segno era passato. I genitori s’incazzarono. Il problema, quindi, c’è.
La National Association for the Advancement of Colored People (l’organizzazione cioè di cui lei è a capo, in pratica un’associazione per l’avanzamento dei neri) ha già classicamente dichiarato che non importa il colore della sua pelle, ma le cause che promuove. Fine. Anzi no, è più complicata. Poniamo, ad esempio, che lei abbia usato la cosiddetta carta etnica per ottenere posti di lavoro o di studio: avrebbe commesso una violazione e finirebbe in tribunale.
E comunque non stiamo mica parlando di un’associazione da dopolavoro aziendale: l’Naacp ha 300.000 iscritti e 11 milioni di dollari di patrimonio più 50 di fatturato, oltre a essere un centro di potere economico e politico. Va da sè che negli Usa ferva il dibattito: l’identità culturale - dicono - non può essere una scelta come un’altra. O sì? Resta che lei, Rachel, ha deliberatamente raccontato balle.
Non è vero che abbia mai abitato in Sudafrica, assicurano i genitori: per un po’ di tempo ci siamo stati noi - hanno detto - mentre lei non è neppure mai venuta a trovarci; e non è vero che durante l’infanzia abbia vissuto in una tenda indiana e abbia cacciato per poter mangiare. Insomma, roba così. Tanto che serpeggiano dubbi anche sui racconti di quando lei e la sua famiglia subirono otto episodi di discriminazione nell’Idaho: per colpa, chiaro, dei soliti Ku Klux Klan e Neo Nazis e similari. Peccato che negli schedari di polizia non ve ne sia traccia. Insomma, è un casino, Rachel ieri si è dimessa.
A polemica esplosa, durante una conferenza stampa, un giornalista le ha chiesto: «Ma lei è nera?». E Rachel: «Non capisco la domanda». E dire che non pareva difficile, tanto che un altro giornalista ha cercato di aggiustarla con filosofia: «Proveniamo tutti da un continente africano». Etologicamente corretto. Quindi anche gli svedesi sono neri, anche Conan il barbaro, anche Calderoli. Pare troppo.
Sorge la la tentazione di farsi psicologi o sociologi da due soldi. Lo psicologo rileverebbe subito che Rachel ha avuto quattro fratelli neri (adottati) e allora niente di strano che abbia maturato un qualche processo di identificazione e sia diventata sensibile ai problemi delle comunità afro-americane. Il sociologo, però, non potrebbe non chiedersi se il cambio di razza non sia la prossima frontiera dopo il cambio di sesso: da bianco a nero o viceversa sec ondo luogo e convenienza.
Diventare bianco può servire per motivi ritenuti scontati, ma - a causa di più misconosciuti razzismi delle minoranze, diffusi non solo tra i neri - anche diventare nero o arabo o ebreo può avere i suoi vantaggi. Da noi, in Italia, tutto sommato tendiamo ancora a mescolarci: ma all’estero - non solo negli Usa, basta andare nei dintorni di Parigi - ci sono quartieri dove i contrasti arricchiscono soltanto chi ti nota e poi ti rapina.
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