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DI MALINDI IN PEGGIO - RESORT E SPIAGGE VUOTE, LA GRANDE FUGA DEI TURISTI ITALIANI DAL PARADISO KENYANO LANCIATO DA BRIATORE: “COLPA DEGLI ATTACCHI DELLA JIHAD” - MA CHI E’ RIMASTO DICE: “GLI ISLAMISTI SOMALI QUI NON HANNO MAI COLPITO”

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Pietro Del Re per “la Repubblica”

 

Le esuberanti bouganville che debordano a cascata dalle ville di Casuarina road fanno parte con il profumo dei frangipani e le acque turchesi dell’oceano Indiano a un’immutata scenografia, quella di una fiaba tropicale. Eppure per le strade di Malindi gli italiani sono scomparsi.

BERLUSCONI E BRIATORE A MALINDI NEL 2012BERLUSCONI E BRIATORE A MALINDI NEL 2012

 

Sono vuoti perfino il Billionaire e il Lion in the sun di Flavio Briatore, costruiti per una clientela meno esposta alle ristrettezze della crisi. È vero, qui l’alta stagione finisce assieme alle vacanze di Pasqua, ma non può bastare l’inizio di quella delle piogge a spiegare un tale deserto turistico.

 

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Che cos’è che ha spopolato quest’oasi di pace e piaceri, diventata negli ultimi decenni il paradiso africano più o meno low-cost di molti italiani? «Malindi è defunta, e il colpo di grazia gliel’ha inferto l’attacco degli Al Shebaab all’Università di Garissa, quando a Pasqua 2015 furono massacrati 150 studenti», sostiene Roberto Macrì, arrivato qui nel 1978, dove è stato nostro console per più di vent’anni. «L’altro motivo del declino, considerando che in Kenya il costo della vita è molto aumentato, a cominciare dai voli aerei, è che la gente non ha più i soldi per offrirsi vacanze di lusso».

 

Le cifre che fornisce Macrì sono eloquenti: dei 35mila turisti italiani che soprattutto a Natale affollavano Malindi quest’anno ne sono visti, sì e no, 20mila. Quanto ai 3mila residenti o cosiddetti semi-residenti, ossia coloro che vengono qui solo per svernare, la paura degli islamisti ne ha recentemente allontanati la metà. Risultato: molti alberghi italiani sono rimasti chiusi, e altrettanti hanno fallito, anche se a Malindi sono sempre il lento ritmo delle maree a cadenzare la vita sulla spiaggia e gli spumosi cumulonembi che s’addensano all’orizzonte a creare cieli belli da dipingere.

 

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«Ma ando’ stanno gli scebbà? Da qui Garissa dista più de 350 chilometri », sbotta Mauro Marchi, pensionato di 77 anni in short e ciabatte, che nel 2002 vendette il suo bar di Trastevere per investire nella Malindi da bere. Il signor Marchi non si dà pace perché sebbene gli islamisti somali qui non abbiano mai colpito e sebbene Malindi non faccia parte del Kenya “somalo”, nella pagina “viaggiare sicuri” del sito della Farnesina la località è tuttora rubricata come una meta a rischio attentati assieme, appunto, a Garissa.

 

briatore a malindibriatore a malindi

Il pensionato romano s’innamorò della cittadina keniana quando sulle sue spiagge e nelle sue discoteche s’incrociavano politici italiani, star e starlette, grandi sarti e giornalisti famosi, che venivano regolarmente immortalati sui nostri rotocalchi in danze scatenate o in costume da bagno. «Allora era un luogo promiscuo. Adesso sei fortunato quando incontri un sottosegretario o ‘na mezza valletta ».

 

Malindi è morta anche per l’artista livornese Armando Tanzini, che 46 anni fa assieme a pochi altri ne fu lo scopritore, e che vi portò sia Edoardo Agnelli sia gli ultimi rampolli degli Asburgo: «All’inizio si veniva soprattutto per la caccia. Scendevamo tutti all’Hotel Sinbad, dove la mattina si scommetteva a chi riportava indietro più zanne d’elefante. Poi, con l’arrivo dei tour operator e dei grandi alberghi è tutto cambiato: viaggi aziendali, pacchetti con un safari nel vicinissimo parco Tsavo, bagno a mare a Capodanno, insomma, il sogno africano a portata di charter. Ma adesso è finito anche quello».

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Quanto all’imprenditore Briatore, è ben visto da tutti, perché dopo l’eccidio di Garissa ha continuato a venire a Malindi con moglie e figlio, e perché l’ha fatta conoscere ai ricchi e famosi del pianeta. Al Billionaire, curatissimo e glamour eppure anch’esso spopolato, ci riceve il suo socio Pierino Liana, il quale concorda sull’enorme «danno collaterale» compiuto dagli Al shebaab.

melandri a malindimelandri a malindi

 

Non troviamo nessuno neanche Watamu, a mezz’ora di macchina da Malindi, altro Eden tropicale dove gli italiani hanno recentemente investito parecchio, come il costruttore romano Roberto Lenzi, proprietario dell’elegante Seven Islands Hotel che affaccia su una delle baie più incantevoli. Dice Lenzi: «Mi sembra che l’attacco degli islamisti sia ormai globale, e non capisco perché Malindi sia tutt’ora considerata più a rischio di altre località.

 

da Oggi-Bocciofila Billionaire-Emanuele Filiberto a Malindi da Briatoreda Oggi-Bocciofila Billionaire-Emanuele Filiberto a Malindi da Briatore

Credo che la colpa sia anche dei grandi tour operator che hanno spostato i voli aerei a prezzi abbordabili verso altre destinazioni, sicuramente meno belle di queste ». Ed è difficile dargli torto, davanti alla spiaggia del suo albergo, splendida ma senza l’anima di un turista.

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Ora, il tramonto di Malindi ha provocato ripercussioni anche a livello locale: sulla costa hanno già perso il lavoro 100mila persone, lasciando senza reddito un milione di keniani. «La conseguenza dell’aumento della disoccupazione è stata una crescita esponenziale della micro-criminalità », dice Mary Mathenge, dell’organizzazione umanitaria Amref. Ma ha forse ragione la varesotta Faliera Fantozzi, che qui chiamano tutti Mama Ali, a Malindi da 21 anni e proprietaria dell’Osteria, dove si mangiano spaghetti col polpo buoni come in Costiera amalfitana.

 

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La soluzione, secondo Mama Ali, consiste nel puntare sul turismo locale. «In Kenya, ma anche in Uganda e Tanzania, sta nascendo una classe media abbastanza facoltosa che ha voglia di divertirsi e di viaggiare. Il futuro di Malindi è nelle mani di questa gente», dice, andando a servire gnocchi al pesto e coniglio all’ischitana a una coppia di keniani in luna di miele appena sbarcata da Nairobi.

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