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Stefano Dascoli e Angelo De Nicola per il Messaggero
Ridere della tragedia, dei morti, del dolore, pensando semplicemente ai possibili lauti guadagni della ricostruzione. No, il ghigno dell'imprenditore Francesco Piscicelli del 6 aprile 2009, notte non è stato un caso isolato: anche il terremoto del Centro Italia del 2016, come quello dell'Aquila sette anni prima, ha il suo cinico imprenditore che ride.
Si tratta di Vito Giuseppe Giustino, 65enne di Altamura, presidente del Cda della società cooperativa l'Internazionale, intercettato nella nuova inchiesta della Procura dell'Aquila su presunte mazzette nella ricostruzione pubblica dei beni monumentali. Nell'ordinanza il Gip scrive: «Ride». L'uomo, ai domiciliari, annuisce e ride parlando delle future commesse, in particolare ad Amatrice.
L'Aquila si è svegliata, ieri, turbata dall'ennesima bufera giudiziaria che stavolta tocca il cuore del Mibact abruzzese, il Segretariato regionale, con un inquietante richiamo degli inquirenti a un «secondo livello», vicino ai vertici romani. Il ministero, guidato da Dario Franceschini, ha fatto sapere di aver avviato un'indagine interna. Dieci persone sono finite ai domiciliari tra funzionari pubblici, tecnici e imprenditori; altre 25 indagate; la rinascita di dodici gioielli del patrimonio monumentale sfregiata da appalti truccati, mazzette, perizie false, incarichi di favore a parenti e amici, ditte fameliche.
I carabinieri del reparto operativo dell'Aquila, coordinati dal procuratore Michele Renzo e dalla pm Antonietta Picardi, hanno scoperchiato un vero e proprio sistema articolato, oliato, con ruoli ben definiti. Un meccanismo certosino di gestione degli appalti, fatto di «accordi scellerati», in alcuni casi realmente corruttivi.
Gli attori principali sono i dipendenti del Mibact che sostanzialmente hanno trasformato la ricostruzione pubblica in privata. Hanno messo in piedi un'organizzazione che ruotava attorno alle procedure di varianti in corso d'opera: un modo per compensare i ribassi con i quali venivano assegnate le gare d'appalto. Perizie di variante (spesso ad affidamento diretto o senza gara) che aumentavano del 20-30% l'importo iniziale a base d'asta dei lavori. Tra i personaggi coinvolti c'è Berardino Di Vincenzo, segretario Mibact ad interim fino a luglio 2016. Accanto a lui alcuni dipendenti (anche della parallela Sovrintendenza), imprenditori, tecnici di varia natura.
GIOIELLISIMBOLOC'è anche il prezioso teatro comunale aquilano tra i dodici appalti sotto esame: il simbolo della cultura abruzzese è diventato oggetto degli appetiti della ditta aggiudicataria della ricostruzione che aveva addirittura immaginato di restituire l'opera incompleta per costringere la stazione appaltante a una estensione dei lavori o a un nuovo appalto. E c'è anche il caso della famosa torre medicea di Santo Stefano di Sessanio, per il cui restauro è stato addirittura documentato uno scambio di buste in fase di gara.
Operazione che ha fruttato l'aggiudicazione a un'impresa compiacente dietro il pagamento di mazzette per 40mila euro, consegnate all'interno del bracciolo di un'auto. Ovviamente tutto documentato con le intercettazioni. Nel mirino anche gli incarichi: erano la moneta con cui le aziende ripagavano i funzionari per le assegnazioni ottenute. A loro volta ricevendo in cambio documentazioni false e perizie ad hoc per avere più soldi e parcelle aumentate. Incarichi ad amici, parenti, persino figli: è per questo che, a fine 2016, il segretariato romano aveva messo sotto indagine quello abruzzese.
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