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SIETE SEMPRE STANCHI? NON VI PREOCCUPATE, UNA PERSONA SU 5 AMMETTE DI ESSERE PRIVA DI ENERGIA – L’ASTENIA (IL TERMINE MEDICO CHE DEFINISCE LA STANCHEZZA) PUÒ ESSERE DATA DA TANTI FATTORI, SIA PSICOLOGICI SIA FISICI – GLI ERRORI DA NON COMMETTERE QUANDO CI SI SENTE SENZA FORZA: ANDARE IN FARMACIA A FARE INCETTA DI INTEGRATORI È INUTILE - SE CI SI SENTE STANCHI PER UN PERIODO PROLUNGATO È...

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Elena Meli www.corriere.it

 

stanchezza cronica 2

Altro che crisi del gas e bollette alle stelle, la vera emergenza è la «crisi di energia umana». La stanchezza è il male dei tempi moderni e sentirsi con le batterie scariche perfino prima di iniziare la giornata non è affatto raro: nella popolazione generale, senza cioè tener conto di chi soffre di malattie croniche o ha motivi specifici e già ben noti per essere esausto, uno su cinque ammette di essere privo di energie al punto da vedere compromesse le consuete attività quotidiane.

 

Lo ha dimostrato di recente un’indagine dell’Università svizzera di Losanna, che analizzando circa tremila persone dai 45 anni in su ha tracciato l’identikit dell’affaticato cronico: una persona di mezza età, più spesso una donna, con qualche chilo di troppo e un livello socioeconomico mediamente basso, che non è soddisfatta della propria salute in generale e non di rado ha anche qualche problema medico di cui l’affaticamento è stata una prima spia, dall’insonnia all’anemia, dalla depressione a bassi livelli di ormoni tiroidei.

 

Perché la stanchezza è un sintomo vago e frequente che spesso può dipendere da mancanza di sonno o da motivi evidenti come uno sforzo fisico eccessivo o un’influenza, ma che non deve essere banalizzato proprio perché può essere un indizio di disturbi fisici e/o psicologici a cui fare attenzione.

 

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«L’astenia (il termine medico per stanchezza, ndr) che richiede un approfondimento è innanzitutto quella che compare più o meno all’improvviso in chi non ha mai avuto difficoltà a portare a termine le incombenze della giornata: se ciò che di norma non richiedeva grosso sforzo diventa una fatica, è bene porsi qualche domanda — spiega Annamaria Colao, presidente della Società italiana di endocrinologia —. La stanchezza in questi casi può dipendere da disturbi su base organica e fra i più comuni c’è l’ipotiroidismo, ovvero la riduzione nella sintesi degli ormoni tiroidei: in genere, quando la “colpa” è della tiroide c’è anche sonnolenza».

 

L’ipotiroidismo, che in molti casi ha una componente autoimmune ovvero dipende da anticorpi diretti contro la tiroide, è assai comune e si stima riguardi il 5-6% della popolazione generale, con picchi di oltre il 10% nelle donne dopo i 60 anni perché con la menopausa la ghiandola funziona un po’ peggio; oltre a stanchezza e sonnolenza, sono tipici l’aumento di peso, le difficoltà di concentrazione, la pelle secca e capelli e unghie fragili».

 

ansia e stanchezza da lockdown

I sintomi di contorno sono utili anche per identificare un’altra causa ormonale della stanchezza, cioè le alterazioni nella concentrazione di cortisolo, l’ormone dello stress. «Una carenza provoca stanchezza e calo di peso, correlato alla perdita muscolare: chi è stanco per deficit di cortisolo si ferma come fosse rimasto a secco di benzina, perché c’è un esaurimento funzionale del muscolo — osserva Colao —. Anche il cortisolo in eccesso affatica, ma in questo caso il peso aumenta: le gambe restano magre, pancia e viso sono più pieni».

 

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«Possono non esserci differenze di peso, invece, nel caso della stanchezza dovuta a un diabete non ben compensato — prosegue l’esperta —. In questo caso il sintomo, associato alla sonnolenza, compare dopo i pasti perché lo squilibrio metabolico si manifesta con il cibo, che per colpa del diabete non viene gestito nel modo giusto». L’iperglicemia dopo mangiato rende stanchi e assonnati ma, dopo un paio d’ore, tutto passa. Non così con la sindrome da long-Covid in cui alcuni disturbi connessi all’infezione durano settimane e mesi dopo il tampone negativo: «L’astenia è uno dei sintomi più frequenti del long-Covid: può durare mesi e probabilmente dipende da una compromissione muscolare e tiroidea da parte del virus — dice l’endocrinologa —. Anche la mononucleosi, un’altra infezione virale, ha come strascico frequente la stanchezza (può restare anche per mesi dopo aver risolto mal di gola e ingrossamento dei linfonodi tipici della patologia, ndr). L’affaticamento inoltre accompagna anche le malattie croniche, perché tutte impoveriscono l’organismo di energie».

 

stanchezza al pc 1

Inquadrare le condizioni generali di chi si lamenta di essere sempre stanco, quindi, è fondamentale perché capire quel che c’è dietro può significare risolvere alla radice la spossatezza; questo è ancora più vero quando la stanchezza è diretta conseguenza di patologie organiche come la celiachia, che comporta un malassorbimento di nutrienti e quindi un calo di energie, o l’anemia da mancanza di ferro, una delle cause più comuni di stanchezza nelle donne in menopausa, in gravidanza o durante il ciclo.

 

In queste condizioni le energie si possono recuperare nel primo caso con la dieta priva di glutine, nel secondo con un’adeguata integrazione di ferro; in entrambe le situazioni a guidare verso la diagnosi sono, di nuovo, i sintomi associati alla stanchezza ovvero la diarrea e la perdita di peso nella celiachia, la sensazione di pesantezza muscolare e sfinimento anche con piccoli sforzi fisici con l’anemia da carenza di ferro.

 

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La quantità di condizioni che può provocare affaticamento però è tale da poter disorientare. Per questo, come consiglia Colao, «ancor prima di chiedere consiglio al medico di famiglia è bene far chiarezza con sé stessi e per esempio domandarsi da quanto si è sempre stanchi, se l’astenia è comparsa all’improvviso o la proviamo da settimane e mesi, se c’è stato qualche evento che può essere causa di un affaticamento su base psicologica, se abbiamo o abbiamo avuto una malattia che potrebbe giustificarla, quali sono gli altri sintomi.

 

Gli errori più comuni? Per esempio fare incetta di integratori, magari su suggerimento di qualcuno che dice di averne tratto vantaggio: per definizione integrano sostanze di cui si è carenti, così perché assumerli abbia un senso è indispensabile un’indicazione precisa da parte del medico, dopo specifici accertamenti. L’altra tentazione in cui molti “stanchi cronici” cadono è sottoporsi a batterie di test variegati ma inutili: la stanchezza è un sintomo molto generico che può dipendere da troppe condizioni fisiche e psicologiche, serve un inquadramento della situazione da parte del medico di famiglia per capire che cosa cercare eventualmente con gli esami».

 

do not disturb

Siamo tutti esausti, ma attenzione a non derubricare come stanchezza sintomi che sono in realtà qualcosa di differente: è il caso della debolezza muscolare, che si manifesta con una scarsa forza in braccia e gambe, peggiora con il movimento e può essere segno di problemi muscolari, ormonali o a carico del sistema nervoso centrale. Meglio non confondere con la semplice astenia, poi, il respiro affannoso che compare dopo piccoli sforzi o per una dose di esercizio che in passato non impensieriva: può essere segno di disturbi cardiopolmonari come insufficienza cardiaca o malattie polmonari come bronchite cronica o enfisema, si riconosce anche perché a riposo non ci si sente stanchi e non va sottovalutato, vista la gravità delle condizioni che lo provocano.

 

Fondamentale, inoltre, conoscere le «bandierine rosse» che possono accompagnarsi alla stanchezza ed essere indicative di problemi di salute di una certa severità: un calo di peso che non si spiega con una dieta dimagrante in corso, una febbre o febbriciattola che non passano, i linfonodi ingrossati, il mal di testa o i disturbi visivi concomitanti a un affaticamento cronico possono dipendere da patologie anche gravi come tumori, malattie infettive serie (per esempio un’epatite) o disturbi del sistema nervoso centrale, perciò vanno considerati campanelli d’allarme tali da consigliare subito un approfondimento medico.

il cuscino per dormire in ufficio

 

Tanti sono stanchi semplicemente perché hanno qualche chilo di troppo: il sovrappeso stanca, ma non solo per colpa dello sforzo nel portarsi appresso il grasso in eccesso. Il tessuto adiposo produce leptina, un ormone che segnala al cervello che il corpo ha sufficienti energie ed è stato associato a un maggior senso di spossatezza: se l’organismo ha sufficienti risorse, del resto, non è necessario che vada in giro a cercarne altre, inoltre chi di tanto in tanto si astiene dal cibo riferisce di sentirsi poi più energico. Il sovrappeso inoltre aumenta la produzione di molecole infiammatorie e un’infiammazione lieve ma cronica è stata dimostrata capace di alterare l’attività dell’insula, una zona cerebrale deputata a «sentire» l’affaticamento corporeo.

 

La stanchezza è uno dei sintomi più spesso riferiti durante i consulti dal medico di famiglia: secondo una ricerca delle Università tedesche di Münster e Marburgo, nel 20 per cento delle visite è la prima o la seconda delle ragioni che hanno spinto dal medico. L’indagine ha anche valutato i motivi alla base dell’affaticamento che porta dal dottore, scoprendo che nella maggioranza dei casi si tratta di disturbi del sonno o depressione. Dormire poco o male inevitabilmente porta a vivere giornate in preda alla sonnolenza, sintomo chiave di cui tener conto per capire se qualcosa non va nel riposo; se almeno tre volte a settimana, per oltre tre mesi, ci si addormenta con difficoltà oppure ci si sveglia troppo presto o più volte durante la notte senza riuscire a riaddormentarsi, è verosimile che ci sia un disturbo del sonno da risolvere.

 

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Guai però a tentare il fai da te con i sonniferi, che devono essere prescritti da un medico dopo un’adeguata valutazione: i farmaci da usare se il problema è l’addormentamento difficile o un risveglio troppo precoce sono differenti, per esempio, ma è essenziale il controllo medico soprattutto perché si tratta di medicinali con effetti collaterali, da usare a basse dosi per il tempo necessario perché possono dare assuefazione, ovvero rendere necessario aumentare il dosaggio per ottenere lo stesso effetto, ma anche dipendenza o perfino un’insonnia «di rimbalzo», se vengono interrotti senza gradualità.

 

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In molti casi di stanchezza associata a sonnolenza però non c’è una riduzione significativa delle ore di sonno, bensì uno squilibrio nei ritmi della vita quotidiana che fa sballare l’orologio biologico e provoca fiacca fin dal mattino: tutto dipende dall’attività del nucleo cerebrale soprachiasmatico, un pugno di circa 20mila neuroni che danno il ritmo alle giornate in base al ciclo luce/buio. «A questo nucleo arriva dalla retina un fascio nervoso diretto e ancestrale che indica solo se c’è o meno luce; sulla base dell’informazione i neuroni inviano segnali per la produzione di ormoni come la melatonina, l’ormone del riposo che viene secreto col buio e provoca sonnolenza — spiega Roberto Manfredini, cronobiologo dell’Università di Ferrara —.

 

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In inverno quindi si produce più melatonina e anche per questo motivo è possibile provare più spesso un affaticamento che non è fisico né dovuto al lavoro, quanto piuttosto mentale: ci si sente giù di tono, il sonno non è riposante, viene voglia di mangiare carboidrati che a loro volta inducono sonnolenza. Per evitarla è bene esporsi alla luce quanto più possibile: chi al mattino fatica ad alzarsi deve cercare di stare fuori alla luce naturale fin dalle prime ore della giornata, per esempio andando a piedi in ufficio; chi a metà pomeriggio con l’arrivo del buio sente accentuarsi la stanchezza deve provare a ritardare la produzione di melatonina esponendosi alla luce artificiale, magari quella blu degli schermi di tablet e telefonini in questo caso assai utile. È infatti una luce molto efficace nel bloccare la melatonina e tenere svegli, per cui nel pomeriggio può essere una risorsa per chi è più fiacco perché allontana il sonno, mentre va sempre evitata dopo cena. Al pomeriggio, inoltre, meglio non mangiare carboidrati per non accentuare la sonnolenza: le proteine sono da preferire, favoriscono l’allerta». L’alterazione dei ritmi circadiani che sballa un buon sonno è la causa più comune della stanchezza nei giovanissimi: si «recupera» con un miglioramento nello stile di vita, dall’attività fisica regolare al cercare di seguire il ritmo giorno/notte senza passare le ore di buio attaccati allo schermo dello smartphone.

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Esiste, infine, un altro disturbo del sonno che poi di giorno provoca un affaticamento profondo: è la sindrome delle apnee ostruttive notturne, una malattia per cui le vie aeree collassano e riducono od ostruiscono il passaggio dell’aria. Quando l’ostruzione è solo parziale il sintomo è il russamento; se il problema peggiora, si arriva a vere e proprie apnee di qualche secondo in cui il cervello raggiunge uno stato di quasi-veglia perché si attiva per tornare a respirare.

 

Tutto questo comporta un sonno agitato e poco riposante, che durante la giornata poi induce stanchezza e sonnolenza. Le apnee notturne, che sono più frequenti negli uomini e nelle donne in post-menopausa, se non sono di livello grave possono essere risolte anche solo con un po’ di dieta.

 

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La stanchezza mentale è «pesante» tanto quella fisica: quando siamo impegnati in un’attività cognitiva intensa e prolungata per ore, nel cervello si producono scorie che si accumulano nella corteccia prefrontale, un’area del cervello associata alle decisioni e al controllo degli impulsi. Lo ha dimostrato di recente Mathias Pessiglione dell’Università Pitié-Salpêtrière di Parigi, che spiega: «Alcune teorie suggeriscono che la fatica mentale sia una sorta di illusione creata dal cervello per farci interrompere un’attività impegnativa in favore di un’altra più gratificante; i dati che abbiamo raccolto monitorando l’attività cerebrale di un gruppo di volontari attraverso una risonanza magnetica mostrano che la stanchezza cognitiva si manifesta a livello biologico, con un maggior accumulo di glutammato nella corteccia prefrontale».

 

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Questo neurotrasmettitore, che attiva molto le cellule cerebrali, accumulandosi rende ancora più complesso e «costoso» per il cervello accendere l’area della corteccia che sovrintende al controllo degli impulsi: un’evidenza confermata dal fatto che i volontari costretti al superlavoro mentale, oltre ad avere una chiara dilatazione delle pupille indicativa di uno stato d’ansia, avevano anche la tendenza a preferire dove possibile opzioni che comportassero una ricompensa immediata con un minore sforzo.

 

Dopo una giornata di duro lavoro mentale, quindi, il controllo cognitivo sulle nostre azioni si affievolisce perché il cervello è realmente spossato. «La stanchezza mentale ed emotiva è anche quella che si associa molto spesso a disturbi d’ansia e depressione — sottolinea Annamaria Colao —. L’affaticamento psicologico è più difficile da inquadrare rispetto a quello che ha cause organiche, ma è molto frequente. Spesso per esempio la stanchezza è la reazione che scegliamo di avere in situazioni che ci sembrano difficili da sostenere e governare emotivamente».

 

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L’affaticamento fisico, emotivo e cognitivo è fra i sintomi della depressione ed è anche peggiorato dalla difficoltà a dormire bene e a sufficienza che spesso si accompagna alla malattia; l’ansia dal canto suo stanca perché comporta il rilascio di ormoni coinvolti nella risposta di attacco o fuga, come l’adrenalina, che per esempio aumentano la tensione muscolare e la frequenza cardiaca e respiratoria. Non esiste però il cosiddetto affaticamento surrenale, ovvero l’esaurimento delle ghiandole surrenali che producono adrenalina nelle situazioni di stress prolungato e che secondo alcune teorie porterebbe poi a esaurimento fisico e mentale, con un’inesplicabile e irriducibile spossatezza: una recente revisione di tutti gli studi in materia ha stabilito che non c’è alcuna prova scientifica dell’esistenza dell’affaticamento surrenale ed è quindi rischioso pensare di superare la sensazione di fatica con qualche mix ormonale.

 

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Esiste un altro tipo di fatica che ci ha contagiato, è il caso di dirlo, durante gli ultimi tre anni: è la stanchezza pandemica, ovvero la sensazione di sfinimento e demotivazione nel seguire le regole per proteggersi dal virus che ha attanagliato molti durante i mesi in cui le regole per il contenimento del virus Sars-CoV-2 erano più stringenti. Uno stress da pandemia che è stato indagato in un recente studio danese pubblicato su PNAS, in 13 Paesi (Italia compresa): stando ai risultati la stanchezza pandemica cresce con il passare del tempo, diventa più acuta nei momenti in cui le restrizioni sono più necessarie e si affievolisce quando sale la conta delle vittime, perché l’aumento dei decessi giustifica le misure rigide e quindi allevia l’affaticamento emotivo da pandemia.

 

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«Allentare le limitazioni quando è possibile sulla base dei dati epidemiologici diminuisce la stanchezza pandemica, che può contribuire al peggioramento della qualità di vita e della salute dei singoli ma perfino costituire un problema per la democrazia — spiega Michael Bang Petersen, coordinatore dello studio —. I nostri dati mostrano infatti che l’affaticamento pandemico in questi mesi è stata una causa diretta di scontento politico e ha favorito la radicalizzazione di alcuni gruppi e la destabilizzazione di varie democrazie occidentali.

 

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Purtroppo le crisi che si sono succedute nei mesi successivi, da quella climatica a quella energetica, stanno gettando benzina sul fuoco e le persone, stanche dopo mesi e mesi di difficoltà, sono sempre più frustrate e maldisposte verso le autorità. Una stanchezza di cui tenere conto, se oltre alla salute della popolazione si vuol pensare anche a quella della democrazia».