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Andrea Rossi per “la Stampa”
Se un macchinista si sente male, specie se sta percorrendo una delle 1458 gallerie ferroviarie italiane, sono guai. Per lui e non solo. Possono volerci anche quaranta minuti prima che i soccorsi lo raggiungano e quasi mai a bordo treno c' è chi possa prendere le redini del convoglio e portarlo alla prima stazione, o almeno fuori dal tunnel. Bisogna attendere un nuovo locomotore con un addetto in grado di sostituirlo.
Fino al 2008 era tutta un' altra storia: i macchinisti erano sempre due, sulle tratte più lunghe si alternavano e, in caso di malore, si potevano soccorrere a vicenda. I principi di razionalizzazione e riduzione dei costi hanno prevalso - imponendo una brusca cura dimagrante ai 10 mila macchinisti - rispetto ad altre esigenze, a cominciare dalla sicurezza del personale e dei passeggeri, almeno secondo la procura di Torino.
Il pubblico ministero Raffaele Guariniello, due anni fa, ha commissionato una ricognizione alle Asl piemontesi. Ne è nata una lista di prescrizioni imposte a Trenitalia, a Sncf Voyages Italia (una costola delle ferrovie francesi che gestisce i collegamenti internazionali con l' Italia) e a una terza società che si occupa del trasporto delle merci, l' unica a essersi messa in regola. Nelle scorse settimane Guariniello ha nuovamente inviato i tecnici delle aziende sanitarie.
Risultato negativo: Trenitalia e Svi non hanno adottato le contromisure richieste. Ora, ai due amministratori delegati, Vincenzo Soprano e a Frédéric Fhal, viene contestata la violazione del Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro e il reato di omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro.
I tecnici delle Asl hanno ispezionato soltanto il territorio piemontese. Ma le criticità, secondo gli investigatori, riguardano tutta Italia, il primo Paese in Europa per numero ed estensione di gallerie ferroviarie: 1458 per circa un milione e mezzo di chilometri.
L' infrastruttura è vecchia e carente di suo: secondo il ministero dei Trasporti la gran parte dei tunnel è sprovvista di sistemi radio per comunicare, protezione degli accessi, piano di manutenzione, segnaletiche di emergenza, sistemi di controllo dei fumi e accessi per i mezzi di soccorso. Le stesse lacune messe in evidenza da un report di due anni, firmato da Vincenzo Bennardo e Luigi Capobianco, dirigenti dei Vigili del fuoco esperti in pianificazione delle emergenze, secondo cui i tunnel ferroviari italiani sono in ritardo nell' adeguarsi ai parametri di sicurezza richiesti dalle normative europee.
A questo scenario si è aggiunto il dimezzamento dei macchinisti sulla maggior parte dei convogli. Oggi li affianca un «tecnico polivalente» che, in caso di malore, deve fermare il treno e chiamare i soccorsi, ma non è in grado di guidare. Le ripercussioni possono rivelarsi pesanti ed erano già state ipotizzate qualche anno fa in uno studio dell' Università di Urbino secondo cui le procedure stabilite da Trenitalia sono farraginose:
se il macchinista avverte un malore, il capotreno deve innanzitutto verificare la presenza di un medico a bordo, poi di un macchinista che possa condurre il treno; in assenza di medico e macchinista deve chiedere l' invio di una locomotiva di soccorso o di un macchinista abilitato. Il tutto entro un' ora, perché le leggi impongono di evacuare il convoglio o di far giungere il treno sostitutivo in sessanta minuti dalla fermata.
Impossibile. Pericoloso. Ma quasi inevitabile, stando ai documenti delle Ferrovie, secondo cui mettere in sicurezza le gallerie ferroviarie costa dieci volte di più rispetto a quelle stradali anche se il rischio di incidenti è dieci volte inferiore.
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