DAGOREPORT - TONY EFFE VIA DAL CONCERTO DI CAPODANNO A ROMA PER I TESTI “VIOLENTI E MISOGINI”? MA…
Estratto dell’articolo di Marta Serafini per il “Corriere della Sera”
Quando nel 2011 migliaia di giovani scesero in piazza, Aleppo in testa, a chiedere più democrazia e giustizia, Bashar Assad deve aver pensato al suo antenato Sulayman al-Wahhish, un alawita originario del villaggio di Qardaha, nel governatorato di Latakia, il cui nome in arabo significa «bestia». Ma deve anche aver ricordato lo zio Rifaat, soprannominato «il macellaio di Hama» per un massacro ordinato nel 1982 contro la popolazione sunnita.
Deve averlo fatto perché c’è stato un momento in cui il presidente siriano avrebbe potuto aprire alle istanze dei giovani sunniti. E, all’inizio, quel leader in doppiopetto che tanto incuriosiva gli occidentali promise pure delle riforme. Poi, in un discorso pronunciato nel giugno del 2012, di cui la leggenda narra fossero pronte due versioni, una delle quali mai pronunciata scritta da una giovane donna del suo staff poi sparita, Bashar invece tuonò: «Sconfiggeremo i terroristi». Le stesse parole usate sabato per commentare l’avanzata dei ribelli filo turchi su Aleppo.
BASHAR AL ASSAD ABBRACCIA ALI KHAMENEI
Anni di massacri, torture, una guerra civile, un’alleanza con Mosca costata la vita a mezzo milione di persone morte nei raid chimici e non, accuse gravissime di crimini di guerra, processi aperti in Europa, accuse di corruzione.
Ma anche una guerra contro Isis e un’alleanza non sempre facile con Teheran per sostenere Hezbollah in Libano. Sono questi gli anni della presidenza Bashar. Una tempesta perfetta, aggravata dalla crisi economica, una delle più gravi al mondo legata a doppio filo a quella libanese e alle sanzioni imposte dall’amministrazione statunitense, decisa a indebolire l’alleato di Mosca nella regione.
bashar al assad con vladimir putin 2
[…] una tempesta, alla quale la famiglia Assad però è riuscita […] a sopravvivere.
[…] Non è dato sapere come il presidente siriano abbia reagito vedendo la statua dedicata a suo fratello maggiore Basel abbattuta venerdì dai ribelli nella zona di New Aleppo. […] Basel doveva essere presidente. Era il favorito del padre Hafez, l’unico considerato degno. Entrato nell’esercito giovanissimo, diventò il capo della guardia repubblicana.
Soprannominato dalla stampa di regime «cavaliere d’oro» per le sue abilità da cavallerizzo (da qui la statua equestre), fu paragonato dall’ex direttore della Cia Michael Hayden a Sonny de Il padrino. Per Hafez era una garanzia: molto meglio di Maher, troppo incline alla violenza (oggi è a capo della divisione dell’esercito che controlla il traffico di captagon), o, ancora di più, dell’ultimogenito Majad, dipendente dall’eroina e con gravi problemi psichiatrici. E meglio anche di Bashar.
Ma Basel, appassionato di auto veloci, nel 1994 si schianta in un incidente cambiando il corso della storia. E Hafez sempre più debole — morirà nel 2000 stroncato da un infarto mentre è al telefono con il presidente libanese Émile Lahoud — è costretto a richiamare in patria Bashar. Dopo la laurea in medicina, il secondogenito è stato mandato nel Regno Unito per specializzarsi in oculistica. Sebbene non abbia mai dimostrato alcun interesse per la vita politica né abbia il carattere adatto al comando, viene inserito velocemente nell’esercito e diventa presidente, grazie a una modifica della legge che vieta la carica ai minori di 35 anni.
Viziato, crudele, cinico, Bashar sarà leader mentre la saga degli Assad si arricchisce di lotte intestine tra donne e parenti, come quella tra la first lady Asmaa e i cugini Makhlouf, con omicidi e traffici. […]
hafiz al assadrifaat al assad 3hafiz al assad con jacques chirac
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