imbrattata la statua dedicata a indro montanelli

''SPOSAI DESTÀ, ERA 14ENNE E INFIBULATA. I SUOI GENITORI ME LA DIEDERO IN LEASING'': IL RACCONTO DI MONTANELLI SULLA SUA SPOSA AFRICANA, QUANDO AVEVA 25 ANNI ED ERA UN SOLDATO INFERVORATO. ''SI TRATTAVA DI TROVARE UNA COMPAGNA INTATTA PER RAGIONI SANITARIE (LA SIFILIDE ERA LARGAMENTE DIFFUSA)'' - DA QUESTA STORIA CRUDA MA NORMALE PER L'EPOCA E IL LUOGO È NATO IL BLITZ DELLE FEMMINISTE CONTRO LA STATUA MILANESE DEL 'FASCISTA COLONIALISTA' (VIDEO)

 

 

1.MILANO, UN BLITZ CONTRO MONTANELLI DEL GRUPPO LGBT «LE INDECOROSE»

Maurizio Giannattasio per www.corriere.it

 

IMBRATTATA LA STATUA DEDICATA A INDRO MONTANELLI

Almeno l’accento. Asmàra, non Ásmara, nel senso di capitale dell’Eritrea. Per praticare il revisionismo servono basi salde. Basi che evidentemente mancano al gruppetto di ispirazione Lgbt che domenica ha fatto un blitz nei giardini di via Palestro, dedicati a Indro Montanelli, proprio per attaccare uno dei più grandi giornalisti italiani. Le Indecorose, questo il nome del gruppo che afferma di «credere nelle lotte degli sfruttati, degli emarginati, degli esclusi» ha chiesto di cancellare il nome di Montanelli dal parco, in quanto «fascista, revisionista, conservatore e colonialista» ricordando quando da giovane sottotenente in Abissinia sposò e convisse con una minorenne.

IMBRATTATA LA STATUA DEDICATA A INDRO MONTANELLI

 

Un’accusa che a tratti rispunta nella rete ma anche una vicenda che Montanelli non ha mai nascosto e a cui ha risposto più volte. Dopo la sua morte ha risposto la Fondazione a lui dedicata. «Accusa ingiusta e strumentale... per quanto oggi possa apparirci riprovevole, quel tipo di matrimonio era addirittura un contratto pubblico». Ora per un po’ di visibilità il copione si ripete: «Montanelli — proclamava domenica il giovane “indecoroso” — ricorda che ad Ásmara...». Ma sì, la capitale dell’Erìtrea.

 

 

2.UN’ACCUSA INGIUSTA E STRUMENTALE

http://www.fondazionemontanelli.it/

 

Sulla rete alcuni siti rilanciano Indro Montanelli come pedofilo poiché nella guerra in Etiopia - correvano gli anni 1935-1936 - sposò una ragazza di 14 anni. Forse 12.

IMBRATTATA LA STATUA DEDICATA A INDRO MONTANELLI

 

Niente di più strumentale e scorretto.

 

Montanelli infatti sposò sì la giovane Destà com’era usanza della popolazione locale, ma, per quanto oggi possa apparirci riprovevole, quel tipo di matrimonio era addirittura un contratto pubblico, sollecitato dal responsabile del battaglione eritreo guidato da Indro.

 

Si tratta di un episodio della sua vita, non imposto né attuato con violenza, che mai nascose.

 

In proposito ci limitiamo a riportare qualche riga tratta dalla sua Stanza del Corriere del 12 febbraio 2000:

 

“… Dopo la fine della guerra e delle operazioni di polizia, uno dei miei tre “bulukbasci” che stava per diventare “sciumbasci” in un altro reparto (si tratta di gradi militari delle truppe indigene), mi chiese il permesso di sposare Destà. Diedi loro la mia benedizione… Nel ‘52 chiesi e ottenni di poter tornare nell’Etiopia del Negus e la prima tappa, scendendo da Asmara verso il Sud, la feci a Saganeiti, patria di Destà e del mio vecchio bulukbasci, che mi accolsero come un padre. Avevano tre figli, di cui il primo si chiamava Indro. Donde la favola, di cui non sono mai più riuscito a liberarmi, che fosse figlio mio…”

montanelli intervistato da enzo biagi

 

Un ricordo che meglio di ogni altra considerazione spiega l’atteggiamento di Montanelli che, in relazione a questo episodio, non può essere certamente accusato di violenza o di razzismo.

 

 

3. ''SPOSAI DESTÀ, ERA 14ENNE E INFIBULATA''

Estratti de la Stanza di Montanelli sul ''Corriere della Sera'' del 12 febbraio 2000.

 

Completamente frastornato dal nuovo ambiente  (arrivavo da Parigi), mi presentai al comandante di Battaglione, Mario Gonella, un piemontese di lunga e brillante esperienza coloniale, che mi diede alcuni ordini, ma anche alcuni consigli sul modo di comportarmi con gl’indigeni e con le indigene. Per queste ultime, mi disse di consultarmi col mio «sciumbasci», il più elevato in grado della truppa, che dopo trent’anni di servizio sotto la nostra bandiera conosceva i gusti di noi ufficiali.

 

GIANNI LETTA - MONTANELLI - PIERO OTTONE - GAETANO AFELTRA

Si trattava di trovare una compagna intatta per ragioni sanitarie (in quei Paesi tropicali la sifilide era, e credo che ancora sia, largamente diffusa) e di stabilirne col padre il prezzo. Dopo tre giorni di contrattazioni a tutto campo tornò con la ragazza e un contratto redatto dal capo-paese in amarico, che non era un contratto di matrimonio ma – come oggi si direbbe – una specie di «leasing», cioè di uso a termine. Prezzo 350 lire (la richiesta era partita da 500), più l’acquisto di un «tucul», cioè una capanna di fango e di paglia del costo di 180 lire.

 

La ragazza si chiamava Destà e aveva 14 anni: particolare che in tempi recenti mi tirò addosso i furori di alcuni imbecilli ignari che nei Paesi tropicali a quattordici anni una donna è già donna, e passati i venti è una vecchia. Faticai molto a superare il suo odore, dovuto al sego di capra di cui erano intrisi i suoi capelli, e ancor di più a stabilire con lei un rapporto sessuale perché era fin dalla nascita infibulata: il che, oltre a opporre ai miei desideri una barriera pressoché insormontabile (ci volle, per demolirla, il brutale intervento della madre), la rendeva del tutto insensibile. […]

 

MONTANELLI

Per tutta la guerra, come tutte le mogli dei miei Ascari, riuscì ogni quindici o venti giorni a raggiungermi ovunque mi trovassi e dove io stesso ignoravo, in quella terra senza strade né carte topografiche, di trovarmi. Arrivavano portando sulla testa una cesta di biancheria pulita, compivano – chiamamolo così – il loro «servizio», sparivano e ricomparivano dopo altri quindici o venti giorni.

 

Dopo la fine della guerra e delle operazioni di polizia, uno dei miei tre «bulukbasci» che stava per diventare «sciumbasci» in un altro reparto, mi chiese il permesso di sposare Destà. Diedi loro la mia benedizione. Rientrai in Italia giusto in tempo per essere travolto prima dalla guerra di Spagna e poi da quella mondiale.

 

INDRO MONTANELLI

Nel ’52 chiesi e ottenni di poter tornare nell’Etiopia del Negus, e la prima tappa, scendendo da Asmara verso Sud, la feci a Saganeiti, patria di Destà e del mio vecchio «bulukbasci», che mi accolsero come un padre. Avevano tre figli, di cui il primo si chiamava Indro. Donde la favola, di cui non sono mai più riuscito a liberarmi, che fosse figlio mio. Invece era nato ben 20 mesi dopo il mio rimpatrio.

 

 

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