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Flavio Vanetti per il “Corriere della Sera”
Nella promozione di Mattia Binotto a Chief technical officer (direttore tecnico per chi ama l' italiano) della Ferrari, in sostituzione di James Allison, con il quale ieri è stata raggiunta una transazione amichevole, ci sono almeno due elementi forti: la voglia di premiare una militanza di lungo corso e un buon lavoro svolto a Maranello - messaggio chiaro circa la valorizzazione delle risorse interne e dell'«italianità» - e il senso di una sfida un po' inattesa e comunque coraggiosa.
Mattia Binotto, 46 anni, radici reggiane ma natali a Losanna, è un eccellente motorista che da qui in poi dovrà misurarsi con uno scenario più ampio e, soprattutto, con il filone dell' aerodinamica, il «mostro» che sta disarcionando le ambizioni rosse in una stagione fin qui al di sotto delle attese.
Nella capacità di Mattia di riconvertirsi (senza perdere nulla del suo Dna), nell' abilità di aggiungere senza togliere e poi nel riuscire a dotarsi di una visione globale del team, sta insomma il succo della missione. E quello della scommessa di Sergio Marchionne.
James Allison era da tempo separato in casa, nonostante altri due anni di contratto. La sua seconda vita a Maranello era cominciata nel luglio 2013, ma senza poter mettere le mani sulla monoposto del 2014, la prima dell' era dell' ibrido, rivelatasi disastrosa su più fronti. Dopo la SF15-T, riconducibile però ancora allo staff di Nikos Tombazis, ecco la SF16-H, che possiamo definire la sua prima «vera» Ferrari ( ndr: nella precedente esperienza a Maranello aveva ricoperto incarichi differenti).
Ma l' attacco alla Mercedes non è mai decollato e i rapporti con Marchionne hanno avuto un flop dopo il Gp di Spagna, quando fu chiaro che la stagione sarebbe stata perdente. Allison ha dovuto fronteggiare - subito dopo il Gp d' Australia - anche l' improvvisa morte della moglie, un episodio che ha avuto ovviamente il suo peso sul piano umano e non ha nemmeno risparmiato la sfera professionale.
In soldoni: pur con il sospetto che la macchina non sia nata granché bene, è giusto dire che avremmo voluto vedere che cosa sarebbe stato della SF16-H se a svilupparla ci fosse stato un d.t. non costretto a dividere i pensieri tra il lavoro e una famiglia colpita negli affetti.
Ora sulla sella di un Cavallino più ribelle che rampante monta l' ingegner Binotto. Era entrato alla Ferrari nel 1995 con un escamotage: c' era un blocco nell' assunzione dei tecnici e fu assunto con un ruolo nella gestione del personale. In breve è però passato al settore dei motori, dapprima con il team dei test e poi, dal 2003, con la squadra corse.
Capo ingegnere delle aree racing e montaggio dal 2007, nel 2009 è diventato responsabile del «Reparto Motori e kers». Quindi dall' ottobre 2013 è stato vice di Luca Marmorini e nel 2014, infine, ha sostituito il capo-motorista aretino. Ieri il grande balzo, epilogo di una crescita interna che, pur in ambiti differenti, ricorda quella di Stefano Domenicali.
Binotto è considerato un bravo organizzatore e un ottimo «agitatore» di uomini. Al posto che ricopriva potrebbe essere messo Wolff Zimmermann, ex specialista dei sistemi ibridi Amg, mentre non escludiamo che la popolazione degli aerodinamici, dove Simone Resta è il chief designer, possa essere rimpolpata. Ma toccherà anche a Binotto occuparsi di ali, flussi e appendici: ora è un generale che, dall' alto di una postazione privilegiata, scruta il campo di battaglia.
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