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Un sequestro di 12,3 milioni di euro è stato eseguito dalla Polizia economico finanziaria di Venezia, su ordine del Gip di Venezia, nell’ambito di un’indagine per riciclaggio internazionale ed esercizio abusivo dell’attività finanziaria, che riguardano il reinvestimento all’estero delle tangenti incassate dall’ex presidente del Veneto, Giancarlo Galan. Nell’indagine, che coinvolge sei persone, sono coinvolti due commercialisti padovani nel ruolo di prestanome indagati per riciclaggio e quattro imprenditori indagati per evasione fiscale. Si tratta di Paolo Venuti e di Guido e Christian Penso.
Poi ci sono due intermediatori residenti in Svizzera, Filippo Manfredi San Martino di San Germano d’Agliè e Bruno De Boccard (sono indagati per intermediazione abusiva, la loro attività non era autoirizzata dalla Consob). I sequestri della Guardia di Finanza nell’indagine sul presunto riciclaggio delle tangenti sul Mose sono in corso e riguardano denaro depositato presso banche venete, due imprese e quote di società e 14 immobili in Veneto e Sardegna. Di Galan sarebbe trovato il «tesoro» di cui lui negava l’esistenza, si trovava in Croazia.
SVIZZERA, PANAMA, BAHAMS
Gli accertamenti finanziari e le indagini tecniche hanno consentito di accertare che tra il 2008 e il 2015 i due commercialisti avevano garantito, attraverso il loro studio professionale, l’intestazione fiduciaria di quote di una società veneziana (prestanome) di fatto riconducibile a Galan.
I professionisti avevano messo inoltre a disposizione conti correnti in Svizzera, intestati a società di Panama e delle Bahamas e gestiti da due fiduciari elvetici, le cui somme sono state successivamente trasferite su un conto corrente di una banca a Zagabria, intestato alla moglie di un terzo professionista del medesimo studio padovano.
Numerosi imprenditori veneti sarebbero ricorsi all’interposizione di società in paesi off-shore. Il «sistema» era stato utilizzato dai professionisti esteri su larga scala e in maniera professionale per consentire di riciclare ingenti somme proventi dall’evasione fiscale realizzata nel tempo.
Nel corso della perquisizione presso gli uffici di una società fiduciaria svizzera - si apprende dalla Guardia di finanza - è stata sequestrata una lista con i nomi di numerose società italiane che avevano affidato la gestione dei capitali derivanti dal «nero» ai professionisti, i quali - senza i requisiti per l’esercizio dell’attività finanziaria in Italia - li avevano raccolti e fatti transitare su conti esteri intestati a società olandesi, svizzere, romene, panamensi, di Curacao e delle Bahamas, una delle quali aperta tramite lo studio Mossak Fonseca, nome noto perché emerso nell’ambito dei «Panama Papers».
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