"CHIESI A DELL'UTRI SE FOSSE PREOCCUPATO PER IL PROCESSO?' MI RISPOSE: 'HO UN CERTO TIMORE E NON……
Valentina Errante per “il Messaggero”
LA PENA
Alla fine ha gettato la spugna, Luca Odevaine. Inchiodato dalle accuse e senza possibilità di trovare un appiglio per giustificare le mazzette e i veleni che hanno caratterizzato la sua carriera di infiltrato della criminalità comune nelle stanze dello governo, ha cercato un accordo con la Procura.
LUCA ODEVAINE DURANTE LE OPERAZIONI DI SGOMBERO DEL CAMPO ROM DI VIA TROILI A ROMA
Ha patteggiato una pena di due anni e otto mesi di reclusione, oltre alla restituzione di 250mila euro che, più o meno, sono le mazzette accertate in questa tranche del processo su Mafia Capitale, per i soli appalti a La Cascina nel Cara di Mineo. Per lo stesso episodio il 7 gennaio scorso avevano patteggiato sempre 2 anni e 8 mesi i dirigenti de La Cascina Francesco Ferrara, Domenico Cammisa, Salvatore Menolascina e Carmelo Parabita.
E in sospeso restano altri 151mila euro di tangenti, dei quali Odevaine deve rispondere nel maxiprocesso, insieme a Massimo Carminati e al re delle coop Salvatore Buzzi.
LE ACCUSE
Le nuove accuse sono state formalizzate lo scorso luglio, quando la procura ha concluso le indagini sull' affidamento dei servizi e delle forniture per il Cara di Mineo.
Odevaine era il presidente della commissione, stesso ruolo che ricopriva nella gara per l' affidamento e la gestione del centro di accoglienza per i richiedenti asilo. La Cascina avrebbe ottenuto le commesse promettendo 10mila euro al mese «aumentati a 20 mila dopo l' aggiudicazione», proprio a lui, che avrebbe dovuto garantire il buon esito delle attività assistenziali del Viminale.
E invece, l' uomo che aveva cominciato la sua carriera in Campidoglio al grido di «Roma è nostra» - almeno secondo i pm Prestipino, Ielo, Cascini e Tescaroli - avrebbe predisposto bandi e gare di favore, concordando i contenuti con gli interessati, favorendone l' aggiudicazione e «vendendo la sua funzione». Per la procura è risultato in grado di ritagliarsi «aree di influenza crescenti».
Era una gestione a uso e consumo personale dell' emergenza: Odevaine, dal Viminale, garantiva «consistenti benefici economici» al cartello di imprese interessate alla gestione dei centri di accoglienza e disposte a pagare. Gli appalti erano assicurati alle coop che facevano capo a Carminati, a La Cascina e ad alcune associazioni di area cattolica, mentre i concorrenti erano tagliati fuori.
LE INTERCETTAZIONI
«Ti metto duecento persone a Roma, duecento a Messina, 50 là e poi quantifichiamo», diceva Odevaine al telefono agli imprenditori de La Cascina, dai quali avrebbe preteso 20 mila euro al mese in cambio dell' assegnazione dei migranti. Mentre a Buzzi, l' ex capo di gabinetto di Veltroni dava istruzioni su come lucrare al massimo nella Capitale: «A Roma ci siamo accordati di fare una verifica perchè sullo Spra ebasso, per cui quasi non c' e utile. Sugli altri c' epiu utile; poi bisogna vedere dove si paga l' affitto e per cui riesce a esserci l' utile al 21%». In base a questi conteggi, Odevaine calcolava i guadagni: «Allora diciamo una cifra che va dagli 0,80 a 1 euro e mezzo: io a loro gli ho detto che questi me davano 1 euro e mezzo e La Cascina, che va da 80 a 1 euro e mezzo: calcoliamo un po' di media e quindi diciamo che alla fine saranno 15-20.000 euro tranquilli».
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