"CHIESI A DELL'UTRI SE FOSSE PREOCCUPATO PER IL PROCESSO?' MI RISPOSE: 'HO UN CERTO TIMORE E NON……
Da "La Repubblica"
"L'economia italiana sta crescendo non così velocemente come vorremmo. Le previsioni di crescita saranno riviste al ribasso anche nei dati che il Governo rilascerà ad ottobre". Così ha anticipato il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, intervenendo all'Euromoney Conference.
La revisione al ribasso avverrà in occasione dell'aggiornamento al Def e in vista della discussione parlamentare sulla legge di Stabilità. Secondo le ultime stime del governo, il Pil era atteso al +1% quest'anno e il deficit/Pil al 2,4%. Per il Prodotto interno lordo, si tratta di un'indicazione inferiore all'1,2% contenuto nel Def, che a questo punto dovrà essere aggiornato.
Sono comunque stime superiori a quelle del Fmi che prevede che l'Italia cresca dello 0,9%, previsione questa in linea con le di altre istituzioni bancarie o di ricerca economica. Secondo gli ultimi dati pubblicati dall'Istat, la crescita acquisita per il 2016 è dello 0,7%.
"Comunque l'economia - ha precisato Padoan - sta crescendo dopo tre anni di prolungata recessione e perdita di pil e capacità produttiva e sta generando posti di lavoro se c'è una creazione di posti di lavoro più che proporzionale rispetto alla crescita economia e l'economia diventa a maggiore intensità di lavoro forse è perchè c'è stato un benvenuto cambiamento di struttura", ha concluso.
Sulle previsioni a difesa di Padoan è intervenuto anche il premier Matte Renzi. "So che stamani c'è stata polemica su quanto affermato dal ministro, sul fatto che le stime sul Pil saranno riviste al ribasso. Noi diciamo la verità, i dati precedenti dicevano -2,3% nel 2012 e -1,9% nel 2013, ora sono tornati positivi ma ancora non come vorremmo. Noi diciamo che vorremmo fare di più, non ci nascondiamo".
E' quanto ha affermato Renzi, all'inaugurazione della prima pietra della nuova sede del gruppo Siemens a Milano. "Con la stessa forza - ha aggiunto il premier - diciamo che questo paese ha messo una marcia in più su innovazione, banda larga, ricerca e robotica. Dopo anni di dubbi ora si può dire che vi è la certezza di poter fare investimenti in questo paese".
Fausto Carioti per “Libero Quotidiano”
Il "regalino" che Matteo Renzi voleva annunciare agli elettori nelle prossime settimane - in concomitanza con il voto referendario - non potrà essere il taglio dell' Irpef a partire da gennaio. L' idea è girata per mesi tra palazzo Chigi e via XX Settembre, sede del ministero dell' Economia.
Il copione seguito è stato il solito: il premier ci sperava e premeva, Pier Carlo Padoan faceva i conti e frenava. Lo stesso ministro, però, prima della pausa estiva si era mostrato possibilista: nel 2017 ci sarà la riduzione dell' Ires, aveva detto a giugno, e «se c' è spazio per fare ulteriori tagli alle famiglie li faremo».
Prima di lui era stato il numero due del dicastero, il ds Enrico Morando, a illudere i contribuenti: «Non escluderei che sia possibile, se le cose dovessero andare per il verso giusto…». Le cose, come si sa, non sono andate per il verso giusto: l' economia italiana è ferma, la Commissione europea concederà un po' di flessibilità, ma non avallerà grandi scostamenti dal percorso che dovrebbe portare al pareggio di bilancio. Così ieri sera è toccato proprio a Padoan, ospite di Porta a Porta, dare la brutta notizia: il taglio dell' Irpef «per il momento è rinviato». Se ne riparla, bene che vada, nel 2018.
L' ex alto funzionario dell' Ocse ha aggiunto che il governo continuerà «a ridurre la pressione fiscale, che è scesa di un punto dal 2013». In realtà, da quando si è insediato l' attuale governo, la pressione non è affatto scesa. Il rapporto tra gettito e prodotto interno lordo, secondo l' Istat, nel 2013 era infatti pari al 43,4% e lo scorso anno è addirittura salito, sebbene di un' inezia: 43,5%.
Il governo ha dovuto mascherare un intervento di spesa pubblica, come gli 80 euro in busta paga, in una forma di riduzione fiscale, per sostenere che in realtà nel 2015 la pressione fiscale è calata al 42,9%.
Le cose sono peggiorate nell' anno in corso: il Documento di economia e finanza presentato ad aprile ipotizza per il 2016 un calo della pressione fiscale pari a 0,7 punti percentuali, ma è un rapporto basato su una ipotetica crescita del prodotto interno lordo, nello stesso periodo, pari all' 1,2%.
Tra gennaio e agosto, con i modelli F24, sono giunti nelle casse dello Stato 10,7 miliardi di euro in più rispetto allo stesso periodo dell' anno precedente (+4,4%) e nel complesso, tra imposte destinate all' erario e balzelli locali, la cifra pagata da famiglie e imprese nei primi otto mesi dell' anno si è gonfiata di 6,1 miliardi di euro (+2,4%). È cresciuto anche il gettito contributivo: 2,4 miliardi in più (+2,3%) nel periodo tra gennaio e giugno.
Insomma, è aumentato di molto il peso di imposte e contributi, ovvero il numeratore della pressione fiscale, mentre il denominatore, cioè il Pil, è rimasto sostanzialmente fermo ed è comunque destinato, a fine anno, a crescere attorno allo 0,7%. Tutto indica così che, quando si tireranno le somme, nel 2016 si registrerà un aumento del peso del fisco.
Se il presente è questo, per il 2017 al momento non si vede spazio per fare il taglio delle tasse promesso da Padoan.
Imprese e famiglie, anzi, sono minacciate dalle clausole di salvaguardia chieste dalla Ue e introdotte dai governi precedenti e - soprattutto - da quello attuale. In concreto, se l' esecutivo non trovasse 15 miliardi (con tagli alle spese o aumento di altre entrate, ma nel secondo caso non cambierebbe molto), a gennaio scatterebbe un rincaro delle aliquote Iva dal 10 al 13% e dal 22 al 24%. Ed è proprio a Renzi e Padoan che si deve l' introduzione di questa clausola.
Un aiutino arriverà dal rientro dei capitali: il governo - lo ha confermato ieri lo stesso ministro - sta preparando una «voluntary disclosure 2», cioè una nuova sanatoria per chi farà tornare in Italia somme detenute oltreconfine. La prima, nel 2015, portò 4 miliardi nelle casse dello Stato; la riedizione, secondo il ministro, dovrebbe fruttare «un po' meno» di quella cifra, anche perché molti capitali sono già stati rimpatriati in quell' occasione. Si tratta di entrate una tantum, ma tutto fa brodo. Per disinnescare l' aumento dell' Iva, però, ci vorrà molto di più.
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