DAGOREPORT – NEL NOME DEL FIGLIUOLO: MELONI IMPONE IL GENERALE ALLA VICEDIREZIONE DELL’AISE.…
Antonio E. Piedimonte per la Stampa
stazione di piscinola, napoli, in cui è stato aggredito il vigilante
«Un branco di lupi che ha atteso l' agnello», il questore di Napoli, Antonio De Iesu, ha sintetizzato con parole di icastica efficacia il barbaro omicidio della guardia giurata Franco Della Corte e anche il profilo dei suoi carnefici, due sedicenni e un diciassettenne che ieri sono stati arrestati e rinchiusi nell' istituto di Nisida con l' accusa di tentata rapina e omicidio volontario.
«Si è trattato di un evento crudele, abietto, ai danni di una persona onesta, un padre di famiglia, da parte di ragazzi provenienti da un quartiere a rischio», ha aggiunto il poliziotto ricostruendo la vicenda cominciata la notte del 3 marzo scorso dinanzi alla stazione del metrò Piscinola, il luogo dove i tre balordi hanno colpito alle spalle il vigilante sfondandogli il cranio con i piedi di un tavolo di legno. Un' aggressione selvaggia. Operato al cervello, il 51enne ha lottato come un leone nel suo letto d' ospedale sino a quando, nella notte tra giovedì e venerdì, il cuore si è fermato interrompendo il coma farmaceutico e precipitando nella disperazione l' anziana madre, la moglie Annamaria, i due figli e i tanti amici che si erano alternati davanti alla Rianimazione del Cardarelli.
Ventiquattro ore dopo il decesso è arrivata la svolta nella indagini: un video e delle intercettazioni hanno permesso di far confessare i baby assassini: «Volevamo prendergli la pistola per rivenderla». I tre provengono da contesti familiari difficili (uno è figlio di un parcheggiatore abusivo, un altro di un venditore di rifiuti di metallo) e dal degradato humus socio-culturale della parte malata della periferia Nord, sono incensurati e non frequentano alcuna scuola. Non hanno mostrato segni di pentimento, l' unica preoccupazione espressa è stata: «Ma in carcere si può fare la doccia?». A incastrarli, gli agenti del commissariato di Scampia guidati da Bruno Mandato, che nelle opache immagini dei filmati di sorveglianza hanno riconosciuto un dettaglio fisico che li ha condotti a un' identificazione.
L' arresto non ha certo placato lo strazio di parenti e amici del dipendente della «Security Service», che nel tempo libero si dedicava alla sua passione, la campagna, sulla collina dei Camaldoli, insieme al figlio. «Non può finire così. Franco deve avere giustizia, nessuno deve dimenticare quello che è accaduto», ha detto la moglie all' obitorio. Uno sfogo condiviso dalla cognata Matilde: «Non è giusto che una persona perbene esca di casa per lavorare e non torni più». La notizia della morte del «gigante buono», come lo ricordano tutti, ha fatto alzare anche la voce dei colleghi, come quella di Adolfo Vallini, esponente del sindacato Usb:
«Una tragedia annunciata, quella sera Franco non doveva essere da solo, eppure era lì, senza nessuno che gli guardasse le spalle mentre svolgeva il proprio difficile lavoro in una città violenta». Mentre il presidente dell' Eav (la holding del trasporto pubblico campano) Umberto De Gregorio ha inviato una nota al prefetto Carmela Pagano, che lo ha invitato alla riunione settimanale del Comitato per l' ordine e la sicurezza pubblica prevista per mercoledì. Intanto la società per cui lavorava Della Corte ha annunciato che sarà a fianco della famiglia anche sotto l' aspetto economico, e un' analoga iniziativa è stata annunciata dal governatore Vincenzo De Luca: «L' Eav farà partire una raccolta fondi per dare un segno concreto di solidarietà e la Regione sarà prima nel dare un contributo».
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