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“DIFENDERÒ IL MIO COMPAGNO ACCUSATO DI STUPRO FINO ALLA SENTENZA” – VALERIA BRUNI TEDESCHI FA DA SCUDO AL FIDANZATO SOFIANE BENNACER, ACCUSATO DI VIOLENZA SESSUALE DA TRE DONNE: “GLI STO VICINO, LO SOSTENGO. PERCHÉ OGGI SE PARLI DI PRESUNZIONE D’INNOCENZA TI RIDONO IN FACCIA, INVECE È UN PILASTRO DELLA DEMOCRAZIA E CALPESTARLA È UN ATTO DISUMANO”. MA COME MAI NON SI È USATO LO STESSO METRO PER WEINSTEIN? AH, IL SOLITO DOPPIOPESISMO DELLA "GAUCHE CAVIAR”…
Estratto dell'articolo di Valerio Cappelli per www.corriere.it
sofiane bennacer valeria bruni tedeschi
Valeria Bruni Tedeschi [...] Qual è una sua follia che può raccontare?
«Insultai un giornalista , voleva intrufolarsi con voyeurismo nella mia sfera personale. Parolacce, gesti osceni, gli rovesciai addosso tutto».
Lei fece un atto d’amore coraggioso, o «folle» in tempi di ipocrisia e politically correct, difendendo il suo compagno che era accusato di stupro.
«Continuo a difendere Sofiane Bennacer e ad essergli vicino, lo sostengo. Perché oggi se parli di presunzione d’innocenza ti ridono il faccia, invece è un pilastro della democrazia e calpestarla è un atto disumano».
Con sua sorella Carla Bruni vi siete chiarite dopo che lei sentì le sue debolezze messe a nudo nei suoi film, Valeria?
«Non parliamo mai di queste cose tra noi, non c'era niente da chiarire, non ci parliamo attraverso i giornali, quello che ci diciamo lo diciamo in cucina, lei ed io. Mi piacerebbe girare un film con Carla, ma non vuole recitare».
Lasciaste l’Italia che lei era adolescente.
«Questo creò una frattura interna in me, anche per gli odori della mia infanzia, che ho vissuto fino a 8 anni nel castello che avevamo in Piemonte, dove poi ho girato due miei film. C’era paura. Anche un senso di colpa. Le ragioni per cui partimmo erano confuse, le Brigate rosse, la mafia. Io mi dicevo, se c’è qualcuno che ci vuole rapire, qualcosa di male avremo fatto».
[...]
la prima pagina di libeartion sulle accuse a sofiane bennacer
Si sente più italiana o francese?
«Italiana senza dubbio. L’identità viene dall’infanzia. La mia adolescenza, la mia cultura letteraria sono italiane. Diciamo che la mia vita adulta è Parigi, quella più controllata, vicina alla libraia che interpreto in L’attachement, una donna controllata che si costruisce una corazza per vivere senza soffrire. Era la prima volta che portavo gli occhiali: ci dialogavo, mi permettevano di coltivare segreti. Sono francese con gli occhiali e, senza, sono italiana. Mettiamola così».
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