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Una minaccia diretta, lanciata direttamente contro l’Italia dal terrorismo islamico, corre sul web. Lo testimonia una salmodia del terrore composta per chiamare i musulmani al combattimento contro l’Occidente. «Presto... presto rimarrete sorpresi, come un fulmine a ciel sereno vedrete le battaglie sorgere sulle vostre terre», è l’incipit del motivo, sottotitolato per la prima volta in lingua italiana. Siamo ormai una terra di conquista per il Califfato e, ancora prima, un luogo di reclutamento.
Fra le altre frasi di minaccia cantate nel video: «Mi hai dichiarato guerra con l’alleanza della miscredenza, goditi dunque la mia punizione», «più a lungo persisterai a combattere, più soffrirai».
Il brano «Presto, Presto!», capitolo fondamentale della campagna di guerra psicologica lanciata dall’Isis in questi mesi, prosegue in un’escalation di intimidazioni, cantate sul sottofondo di una musica arabeggiante: «Affidiamo ai coltelli il compito di sventrare e sgozzare», «da te verremo con scempio e morte», «noi di sangue le ampie strade ricopriamo grazie ai coltelli affilati che tranciano le gole ai cani in raduno quando si ammassano».
Il filmato, comparso intorno al febbraio scorso sui canali frequentati dagli estremisti, è ora al vaglio dell’antiterrorismo, che lo sta analizzando per individuarne la paternità e le eventuali collaborazioni di nostri connazionali. Quel che è certo è che gli specialisti del settore lo giudicano autentico.
Si tratta di un canto di guerra, una sorta di inno dello Stato islamico, rintracciato su internet gli analisti di Wikilao, portale specializzato nei temi della sicurezza e della geopolitica. A diffondere il video sul web, spiegano a Wikilao, che già alcune settimane fa aveva scovato il primo documento jihadista redatto in italiano, è il Centro Ajnad, una delle case di produzione che fanno riferimento allo Stato Islamico.
Sulla base della canzone è stato prodotto anche un video nel quale, a suoni e canti, si accompagnano immagini di boia, combattenti e vittime del Califfato, rappresentazioni grafiche di coltelli insanguinati, palle infuocate e jet in fiamme, scene di addestramento di jihadisti. Lo scopo palese della propaganda prodotta dai centri media dell’Isis è di intimidire e suscitare una reazione.
Pare che, invece, la strategia non funzioni, almeno per quanto riguarda il governo italiano. Al responsabile degli Esteri Paolo Gentiloni non piace affatto essere chiamato «ministro crociato». Se lo chiamano «cane infedele», non si scompone più di tanto, ma quell’epiteto con cui l’Isis lo ha definito in passato, lo disturba.
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Un tempo, per gli europei, era un titolo di merito partecipare alla liberazione dei luoghi santi. Ora è diventato un marchio d’infamia. Ed è forse la principale vittoria culturale del fondamentalismo islamico. Ieri, a Radio 24, il capo della nostra diplomazia lo ha chiarito una volta per tutte: «Di tutto c’è bisogno meno che di crociate. Noi combattiamo contro il terrorismo assieme alla maggioranza dei Paesi e dei popoli islamici».
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