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ANTONELLA ACCROGLIANO DAMA NERA
Maria Elena Vincenzi per “la Repubblica”
Poche ore dopo il suo arresto, l’Anas si è affrettata a precisare che da poco era stata valutata «non adeguata» per capacità manageriali. Eppure, a leggere l’ordinanza che ieri l’ha portata in carcere, è chiaro che per le mani di Antonella Accroglianò di pratiche ne passavano parecchie. Era lei il «capo» indiscusso dell’associazione per delinquere smantellata ieri dal Gico del tributario di Roma.
Uno stipendio da 120mila euro che però non le bastava, la «Dama Nera» — da lei prende il nome l’intera operazione coordinata dalla procura di Roma — viene descritta nelle carte dell’inchiesta come una donna avida.
ANTONELLA ACCROGLIANO LA DAMA NERA
Dirigente responsabile del coordinamento tecnico amministrativo, la donna, 54 anni disponeva il tariffario delle mazzette. Era lei a poter sbloccare i pagamenti, a decidere quali imprenditori aiutare. Grazie all’aiuto di alcuni collaboratori e di altri dirigenti e funzionari Anas, definiti dagli inquirenti suoi «sodali». Erano suoi dipendenti, in tutto e per tutto. Perché lei, la Dama Nera, stilava tariffe, teneva rapporti, metteva a punto strategie. Era lei che coordinava quello che per il gip rappresentava un «sistema corruttivo collaudato».
La principale attività di Antonella Accroglianò era quella di coordinare l’afflusso delle mazzette. Riceveva gli imprenditori nel suo ufficio o a casa, un enorme appartamento in un quartiere chic della capitale. Poi, ancora, oltre ai salotti alla sera, la Dama Nera organizzava weekend a Fregene o nella villa a San Felice Circeo. Ieri, durante le perquisizioni, gli investigatori delle Fiamme Gialle hanno trovato a casa della madre, 70mila euro in contanti nascosti nel controsoffitto di cartongesso.
La casa della madre, appunto. Era lì che la Dama Nera nascondeva i proventi di quello che era il suo principale lavoro: la raccolta di bustarelle. Il 12 maggio scorso, un collaboratore della dirigente Anas viene fermato da una pattuglia della Finanza (veniva pedinato) dopo aver intascato a Trastevere tre bustarelle per un totale di 25mila euro, il compenso per aver favorito due fratelli ai quali era stato espropriato un terreno in Calabria. La donna, destinataria di parte della somma, si allarma. Teme di poter essere sotto indagine, ha paura di eventuali perquisizioni.
Decide di andare a nascondere «qualcosa di compromettente — scrive il gip — presso casa di sua madre». Continuano gli investigatori: la donna chiama la madre che però è fuori casa: «Vieni perché devo scappare. Ero venuta un attimo che il dottore mi aveva dato il Lorazepam e te l’avevo portato». La madre stenta a capire: «Ma allora sei matta, sei!».
Della mazzette non si parla al telefono. Gli indagati, prima fra tutti la dirigente Anas, usano un linguaggio «dissimulato ». Le mazzette diventano «libri », «topolini». Molto spesso si usano termini medici: i soldi sono «farmaci», «medicine», «ricette». Il 15 maggio la Dama Nera è in ansia, aspetta di essere pagata da due imprenditori catanesi (tramite Luigi Meduri).
L’appalto è quello della Variante di Morbegno, il gruppo per sbloccare i pagamenti di Anas agli imprenditori vuole 150mila euro. La donna parla al telefono con un suo collaboratore, Oreste De Grossi, dirigente del servizio incarichi tecnici: «E passata mia cugina (secondo la Gdf l’imprenditore Concetto Bosco, ndr ) che gli avevo detto che lei non trovava quell’antinfiammatorio? E quindi mi ha portato l’antinfiammatorio! Ma me ne ha portato poco... lei ci fa due, tre giorni, non di più».
Non sempre è facile farsi pagare. E quando i soldi non arrivano, la Dama Nera si spazientisce. Il 30 giugno parla con De Grossi e riferisce di una conversazione con l’imprenditore Concetto Bosco: «Gliel’ho detto — racconta la donna — “non puoi venire con ste ciliegie smozzicate così... che fai confusione a basta... vieni con una ciliegia definitiva. Mo’ dice che stava preparandosi... che tra una decina di giorni... gli ho detto “fai prima perché qua, a luglio, le ciliegie devono essere finite».
Ma gli imprenditori Bosco e Costanzo (entrambi ai domiciliari, ndr) pagano a fatica. Lamentandosi di loro, l’Accroglianò dice che tutto questo ritardo, per il quale dovrebbe essere chiesto un «danno morale» non si spiega: «Mo’ stanno messi bene perché poi, Meduri li ha fatti incontrare anche con il ministro... gli hanno fatto vedere nuove cose». È l’8 luglio. I finanzieri precisano che il ministro non è stato identificato.
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