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1 - «SONO STATI ANNI DIFFICILI, ORA POSSO PENSARE AL FUTURO VORREI TORNARE A STUDIARE»
Simona Lorenzetti per il “Corriere della Sera” - Estratti
«Spero solo sia finita». Alex Cotoia si guarda attorno in cerca della fidanzata Sara: «Stiamo insieme da sei anni, lei ha vissuto il prima e il dopo. Non mi ha mai abbandonato». Sono passati pochi minuti dalla lettura di una sentenza che fino all’ultimo il giovane ha percepito come incerta. È arrivata un’assoluzione e ora il suo pensiero è rivolto al futuro: «Voglio solo trovare il mio posto nel mondo», sorride.
Sei felice?
«Sono frastornato».
Ti aspettavi questo verdetto?
«Non sono state settimane facili, ho provato a non pensarci. Per fortuna con me c’è sempre Sara. E anche la mia famiglia e gli avvocati. Ho atteso con loro l’esito del processo, senza crearmi aspettative. Mi sono detto: quello che è, è…. E poi lo affrontiamo.
maria, la madre di Alex Pompa, in tribunale
Quando i giudici hanno letto il dispositivo mi sono voltato verso i miei legali perché non sempre capisco cosa viene detto in queste aule. Sono stati loro a dirmi “sei assolto”.
Ora devo metabolizzare, io metabolizzo sempre dopo».
Lo hai già detto a tua mamma e tuo fratello?
«No, ma credo che li abbiano avvisati. Sono fuori dal Tribunale che mi aspettano. Erano molto agitati. So già che mamma non dirà nulla, ma mi abbraccerà».
Come festeggerai?
«Sicuramente qualcosa organizzeremo, ma non abbiamo fatto progetti. In questo momento il mio unico pensiero è andare via da quest’aula, abbracciare mamma e la mia cagnolina Zoe. Il suo nome significa “vita”».
Sono trascorsi quasi cinque anni dal giorno in cui hai ucciso tuo padre, che anni sono stati?
«Difficili, governati dall’incertezza. Ma non ho lasciato che le ansie e le paure prendessero il sopravvento. Ho provato a reagire cercando di fare ciò che prima mi sembrava impensabile, come viaggiare. Ho visitato Vienna, Firenze, Valencia e Barcellona, per l’Erasmus. Prima di allora ero stato solo a Londra, il regalo di compleanno di mio fratello per i 18 anni».
Hai anche studiato.
«Ho conseguito la triennale in Scienze della Comunicazione, mi sono laureato con 108 e una tesi sulla crisi cubana raccontata dai giornali americani e da quelli europei. Adesso, però, ho ripreso a lavorare come portiere di notte. Avevo bisogno di una pausa per capire quale strada stesse prendendo la mia vita».
messaggio di alex pompa del maggio 2020
Pensi di ricominciare a studiare?
«Ci sto pensando, devo trovare un corso che mi appassioni. Vedremo. Per ora voglio vivere la quotidianità: il lavoro, la famiglia, i miei hobby e il volontariato con alcune associazioni che si occupano di turismo a Torino».
C’è una cosa che colpisce: hai continuato a vivere nella casa del delitto. Perché?
«Perché quella è la mia casa. Anche questo fa parte del mio percorso psicologico, sono costantemente seguito e la terapia mi sta aiutando a rimettere in sesto la mia vita.
Ho fatto pace anche con gli incubi notturni».
In aula avevi detto che avresti preferito morire tu piuttosto che uccidere tuo padre, lo pensi ancora?
«Sì, è un pensiero che non rinnegherò mai».
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2 - “PRIMA FESTEGGIO POI CERCHERÒ IL MIO POSTO NELLA SOCIETÀ”
G.lo Po. per “la Repubblica” - Estratti
«Sono ancora stordito, però adesso penso concretamente al futuro. Vorrei fare un master, portare a termine il percorso accademico con la laurea magistrale in Comunicazione. Viaggiare, entrare nello staff dell’Inter, essere uno dei loro portavoce».
La seconda vita di Alex Cotoia è iniziata alle 14,30 di ieri. La corte d’assise d’appello di Torino ha confermato la sentenza di primo grado: assolto.
alex pompa in tribunale con l avvocato Claudio Strata
Per i giudici ha ucciso il padre per legittima difesa.
Lo fece per proteggere la madre: «Prima di andare a dormire l’abbracciavo forte, temendo di non trovarla al mattino, che l’avrebbe ammazzata».
Cinque ore dopo il verdetto Alex è nello studio del legale Claudio Strata. Ascolta, replica con compostezza, non lascia trasparire molto del mondo che ha dentro. Però sorride. Ha appena finito di parlare al telefono con quello che lui chiama il suo «angelo custode», Paolo Fassa, patron dell’azienda leader dei calcestruzzi Fassa Bortolo, che dopo avere sentito la sua storia in tv decise di pagargli le spese legali.
Cosa le ha detto?
« “La giustizia vinto”, ha sempre creduto nella mia innocenza. Fino a oggi mi è sempre rimasto accanto, ha fatto un gesto immenso, consentendomi di potermi difendere, per me è come un nonno».
Assolto per la giustizia. E lei dopo cinque anni si è perdonato?
«Continuo a pensare che avrei preferito morire io piuttosto che uccidere mio padre».
Qual è stato il momento più duro?
«Dopo la condanna a 6 anni e 2 mesi, prima che intervenisse la Cassazione. Quando c’era il concreto rischio di dover tornare in carcere, preparare la borsa, lasciare tutti, salutare mia madre, Loris, la mia fidanzata Sara che mi è rimasta sempre accanto in questi anni. Non è stato per niente facile».
Aveva paura che la situazione non venisse capita?
«I giudici sono persone illuminate che studiano per fare questo lavoro, giudicare la vita di altri è una grande responsabilità. Non avevo alcuna aspettativa, provavo a spegnere i pensieri bui, ho pensato che qualsiasi cosa avessero deciso l’avrei affrontata».
alex pompaalex pompa con la madre
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