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W LA MAMMA TARDONA! L’ITALIA HA, CON LA SPAGNA, IL RECORD DEI PARTI TRA I 30-40 ANNI - IN EUROPA LA MAGGIORANZA DELLE DONNE (51,2%) PARTORISCE TRA I 20 E I 29 ANNI, DA NOI IN QUELLA FASCIA D’ETÀ DIVENTA MADRE SOLO IL 38% DELLE DONNE

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Francesca Basso per il “Corriere della Sera”

 

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Fattori culturali? In parte sì. Talvolta anche una scarsa consapevolezza. E questo, forse, è l’aspetto che colpisce di più. Ma non l’unico. Dietro alla mappa disegnata da Eurostat sull’età delle primipare nei 28 Paesi dell’Unione europea si disegna in filigrana una realtà complessa che tiene insieme economia e politiche sociali.

 

Partiamo dai numeri. La maggioranza delle donne europee (il 51,2%) partorisce il primo figlio in un’età compresa tra i 20 e i 29 anni, la media è di 28 anni e sette mesi. In Italia le mamme in questa fascia sono solo il 38%, la nostra età media è infatti di 30 anni e sei mesi. Siamo invece il Paese in Europa con il tasso più elevato di donne che fanno il primo figlio dopo i quarant’anni: 6,1%, contro una media europea del 2,8%.

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La maggioranza delle italiane, il 54,1%, partorisce per la prima volta tra i 30 e i 39 anni, contro una media Ue del 40,6%. Più numerose di noi in questa fascia di età sono solo le spagnole: sei su dieci. Nel gruppo delle mamme «ritardatarie» ci sono anche l’ Irlanda (52,7%) e la Grecia (51,9%). Sono gli stessi Paesi in cima alla classifica delle mamme ultraquarantenni, oltre a essere quelli che hanno sofferto di più negli ultimi anni per la crisi economica.

 

Nella Vecchia Europa si distinguono la Francia, dove sei giovani su dieci partoriscono tra i 20 e i 29 anni e la Germania, dove il rapporto è 5 su dieci. Si difendono bene anche i Paesi del Nord Europa, ma il primato delle mamme giovani va ai Paesi dell’Est Europa.

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Dare la colpa alla crisi sarebbe la scusa più facile, in realtà «ormai da parecchi anni l’età media delle donne che affrontano la prima gravidanza è più elevata rispetto al passato e le cause sono molteplici, incluse quelle congiunturali.

 

Uno degli impatti della crisi economica in Italia è stato quello di spingere a posticipare la decisione di avere figli in attesa di una condizione lavorativa meno precaria», osserva Alessandra Casarico, docente di Scienza delle Finanze all’Università Bocconi ed esperta di temi di economia di genere.

 

«Ma il problema è più ampio — prosegue — e coinvolge oltre alla partecipazione femminile al mondo del lavoro (c’è una correlazione tra bassa fecondità e bassa occupazione femminile) anche lo sviluppo dei servizi a sostegno della maternità. E poi c’è quello che i demografi identificano come una rigidità tipicamente italiana nella programmazione dei figli».

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Lo spiega bene Giampiero Dalla Zuanna, professore di Demografia dell’Università di Padova: «Ci sono due tendenze che si sovrappongono. Da un lato la maternità tardiva è un fenomeno tipico dell’Occidente, dove donne e uomini accostano a quello della maternità/paternità anche altri desideri come realizzarsi nel lavoro e avere più tempo libero. È una fase della modernità come era stato per i babyboomer abbassare l’età in cui avere il primo figlio.

 

Dall’altro lato, i Paesi della sponda sud del Mediterraneo così come il Giappone e la Corea del Sud, sono caratterizzati da legami di sangue molto forti e accomunati dalla tradizione culturale di attribuire una grande importanza ai figli. Questo impone condizioni indispensabili più stringenti per mettere al mondo un figlio: creazione di una famiglia, acquisto della casa, lavoro sicuro, tutti elementi che portano a posticipare la decisione. È difficile da noi vedere una studentessa-madre, nei Paesi del Nord non è così».

 

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In più, osserva Dalla Zuanna c’è l’aspetto sociale: «In questi Paesi il figlio viene considerato come un bene privato e lo Stato investe poco sui bambini e sulle politiche di conciliazione. Basti pensare che in Italia un terzo dei bambini fino ai tre anni è affidato ai nonni». E in effetti, osserva Casarico, «nel nostro Paese la spesa pubblica per la famiglia è pari a circa l’1,4% del Pil», contro al 5% della Francia, dove il numero di figli per donna è di 2 dal 1973 mentre l’Italia è scesa a 1,42.

 

«Certo la crisi economica ha reso più difficile avere figli — conclude Dalla Zuanna —. Ma il rinviare ha conseguenze molto più pesanti di quanto si creda, perché non è detto che poi a 40 anni le coppie che programmano un figlio riescano ad averlo. E infatti sono aumentate le richieste di adozioni in età tardiva. Talvolta la scelta di aspettare nasce da un’informazione non adeguata e si sottovaluta che la fertilità dopo i 30 anni diminuisce. È bene pensarci».