DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Paola Zanuttini per “il Venerdì di Repubblica” - Estratti
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LA MACCHINA DEL GOSSIP IL VENERDI
A indagare sullo stato delle cose pettegole si scopre subito che è un campo assai specialistico: il famoso bacio fra X e Y, il lifting di Z, la rissa tra Caio e Sempronio, l’influenza dell’influencer, gli amorazzi tra veline e calciatori, le scorribande dei tronisti, i festini e festoni del secolo o del giorno potrebbero non dire niente a chi non segue le cronache rosa e affini. Addirittura suscitare un incredulo stupore per lo status da protagonisti concesso ormai anche da quotidiani e telegiornali a dei perfetti sconosciuti.
Invece chi ne sa recita nomi e indiscrezioni come le tabelline. E rivendica la dignità giornalistica del pettegolezzo. Che a volte si fa scoop. E conduce alle dimissioni di un ministro.
«Un giornalista o è un pettegolo, o è curioso, o fa questo lavoro andando a scoprire cosa c’è sotto e sopra. Oppure non è un giornalista, è solo un Fabio Fazio che scrive quanto sei bello, quanto sei bravo. Ma io, da lettore, voglio sapere i passi falsi della persona di cui si parla nell’articolo, le cazzate che ha combinato nella vita» dice Roberto D’Agostino, fondatore 24 anni fa di Dagospia «sito di gossip» o «bollettino d’informazione» che ha rivoluzionato il genere.
«Dopo Tangentopoli il giornalismo è stato inchiavardato dal potere: tutti i boss, gli imprenditori, si sono comprati un giornale per usarlo come un manganello di carta, applicando la lezione di Guicciardini e Machiavelli: il potere è conoscenza. Come dire che se so tutto di te e fai qualcosa contro di me io apro il cassetto e tu salti. Però alla fine le notizie sono scomparse, c’è solo l’opinione. E Dagospia è diventato una grande buca delle lettere».
Nel senso che se uno vuole denunciare qualche malefatta o prendersi una rivincita contro un potere forte – locuzione molto in voga di questi tempi – bypassa l’incerta trafila stampa: cronista, caporedattore, direttore, editore per ottenere il via alla pubblicazione di una notizia scabrosa, che non è mai garantita, e si rivolge a Dago.
«Nel 2000, non c’era ancora il predominio di Google o dei social e sui giornali era dura far uscire qualcosa. Così una settimana dopo il nostro debutto mi arrivano dei signori dell’Enel con delle carte da cui risulta che Franco Tatò, grande capo dell’Enel, voleva acquisire Telemontecarlo per regalare alla sua fidanzata Sonia Raule la direzione artistica di un’emittente.
Quelli contrari nell’Enel, non potendo dare ai giornali la notizia perché, se la pubblicavano, Tatò gli avrebbe tagliato la pubblicità, vengono e mi raccontano tutta la storia, io la metto online, loro stampano un bel po’ di copie, come le fotocopie di una volta, e le fanno girare nel cda dell’Enel. È lì che esce il mio primo, indimenticabile, titolo: “Sonia Raule, dal materasso alla rete”. Il successo del sito nasce dal linguaggio, perché il linguaggio volgare, trucido, sintetico, deve attrarre l’attenzione di una persona che avrà i figli, i problemi e poi da scopare, da ballare, da cantare: devo fargli perdere due minuti per leggere quello che ho scritto».
Sesso & potere: what else?
Antico come il mondo, praticato, magari con più classe, da Tacito a Proust, fino a Truman Capote, divertissement da salotto o macchina del fango attivata da potentati e diplomazie, dall’avvento di internet il gossip ha subito una mutazione genetica. E ha deprezzato il lavoro di paparazzi ed estorsori. «L’ultimo scoop è stata la separazione di Totti e Ilary» dice Gabriele Parpiglia, giornalista di lungo corso del settore, collaboratore in passato di Fabrizio Corona con cui, rivela, non si parla da quattro anni.
«Adesso i personaggi si gestiscono da soli la comunicazione sui loro blog e piattaforme, e fanno persino autogossip. Non ci sono più gli scoop di una volta: il bacio di Ilary con Bastian, o di Sonia Bruganelli con Angelo Madonia non superano gli ottomila euro. Non c’è più giornalismo, non c’è più professionalità e i quotidiani arrancano dietro ai gossip della rete pubblicandoli il giorno dopo, quando sono già vecchi. L’unica strada è la newsletter, per abbonamento».
Sì, proprio come le lettere finanziarie di una volta. Ma il gossip finanziario tira? «No, solo per una fascia ristretta».
D’Agostino obietta che se una signora di Pompei, smanettonissima, riesce, su Instagram, a replicare alla pari alla presidente del Consiglio, qualche professionismo deve pure averlo, visto che le sue storie sono curatissime, anche dal punto di vista grafico. E che dire poi del dissing, quindi dell’autogossip al cubo, di Fedez e Tony Effe? Discutibile assai, ma professionale, nel suo genere.
Sempre sul caso Sangiuliano, Dago osserva che i giornali sono stati particolarmente latitanti e, se non la lanciava lui, la vicenda chissà per quanto rimaneva seppellita. Anche su questo punto c’è un dissidio con Parpiglia, il quale ha dichiarato di averla scoperta il 10 agosto, molto prima del 26 in cui l’ha rivelata Dagospia, che domanda: ma perché non l’ha divulgata? «Perché mi puzzava di trappola». Ai posteri.
Comunque sesso e potere restano l’accoppiata inossidabile del pettegolezzo. E i recenti rumor che hanno turbato la famiglia Meloni lo confermano. Ma succede anche che chi di gossip ferisce di gossip perisce. Qui non si fanno nomi, ma sono di quelli che girano molto in questi giorni: si narra di un delatore maximo ripreso in una situazione penalmente rilevante, oltre che imbarazzante, da una signorina più intraprendente e spregiudicata di lui. Sarà vero? Il gossip è un fattoide, per definizione. Sono i rischi del mestiere.
Un altro pericolo ricorrente è la polpetta avvelenata. Perché chi scopre gli altarini si crea molti nemici e quindi non è raro che la vendetta si concretizzi in una notizia falsa mascherata da vera.
fabrizio corona e gabriele parpiglia
Sempre Dago: «Sono stato tappato in casa perché i tifosi della Roma mi aspettavano di sotto: avevo rivelato le corna di Totti. E al governo Meloni non sto tanto simpatico. Insomma, ci sono ragioni che invitano alla cautela, quindi: controllare tutto e avere una rete di conoscenze connessa e affidabilissima che deve fidarsi di noi». E poi, aggiunge con voce un po’ cattiva, che se si accorge che qualcuno vuole rifilargli la polpetta poi quel qualcuno deve stare molto attento. La pagherà cara.
Le lacrime di Sangiuliano
Tornando alla mutazione genetica, la più rilevante è quella del cinquantenne Fabrizio Corona (ci tiene a rimarcare l’età matura), condannato, forse anche troppo, per estorsione e altri reati, ma lui sì che si era messo contro i poteri forti con la vicenda di Lapo Elkann e della trans Patrizia B.
Scontati dieci anni, è tornato alla ribalta declamando un iperattivismo da numeri stratosferici di follower, contatti ed incassi che lo coinvolge in mille attività. Compreso Dillinger, un sito di notizie à la manière di Dagospia, una serie autobiografica su Netflix e la partecipazione ai podcast che, afferma, devono informare.
E lui informa, per esempio sul succitato dissing Fedez -Tony Effe, con un tono da sociologo di Trento e una pippa infinita su Red Bull 64 Bars (una roba di rap). Certo, un po’ di pepe, cioè sesso, corna, e maldicenza ci sta sempre, ma il gossip di una volta era più divertente.
E soprattutto più remunerativo, almeno per Corona: «I settimanali ti pagavano un servizio 200 mila euro, ora te ne danno 4 mila, ma il pubblico continua a volere quelli che stanno male, ha sempre voglia di sapere che i ricchi e i potenti soffrono. E il gossip ha sempre fatto venire giù governi: le storie di sesso hanno fatto cadere anche Berlusconi».
Ma le estorsioni continuano imperturbate? Non proprio d’accordo sulla definizione della pratica, lui annuisce. Nei processi, Corona giocava al Robin Hood della delazione: in fin dei conti, cos’erano per un calciatore che guadagnava milioni qualche decina di migliaia di euro per ritirare dalla circolazione delle foto compromettenti? Insomma: il cacciatore di corna e altre trasgressioni si ammantava di moralismo e trasformava la vittima dell’estorsione in un reprobo, ridistribuendo un po’ di giustizia riparativa (o semplice ripicca) a chi del gossip è spettatore e non protagonista.
«Chi va in cerca di scoop non è necessariamente un giustiziere moralista, perché fotografa le situazioni nel bene e nel male. Le lacrime di Sangiuliano in tv non sono anche un’autodenuncia dell’ipocrisia?».
Lo dice Massimo Sestini, autore del primo scatto in bikini di Lady Diana, uno, anzi il solo, che è riuscito a infiltrarsi nel funerale di Stefano Casiraghi e che nel 2015 ha vinto un Word Press Photo con un’immagine aerea di migranti alla deriva. Ora viaggia su alti livelli ma, a 61 anni, un po’ di gossip continua a bazzicarlo. Così, per autostima. «Ho appena fatto il matrimonio D’Amico-Buffon e l’ho anche disturbato con il rumore dell’elicottero che sovrastava la voce di lui mentre pronunciava la promessa».
Sestini non ha peli sulla lingua. Ammette che, per ottenere un po’ di visibilità, ci sono amanti senza scrupoli che si rivolgono ai paparazzi per una foto che li ritrae con partner famosi e clandestini, inguaiandoli. E riconosce che, non solo in Italia, ma in tutto il mondo, i giornali e non solo quelli di gossip comprano e seppelliscono i servizi compromettenti per l’editore e i suoi interessi.
A proposito: Alfonso Signorini, prima ancora di essere tirato in ballo nel caso Boccia-Sangiuliano per uno scambio di favori con l’ex ministro – lo avrebbe avvisato di aver in mano delle foto delicate – ha declinato la nostra richiesta di intervista. Perché?
Perché troppo esposto con il Grande Fratello, al momento. Sestini concorda anche sulla fine della professione: «Oggi con i telefonini e internet ognuno può diventare un paparazzo. Se mi arriva la dritta che Mick Jagger fa surf alle Maldive, nessun giornale mi finanzia il viaggio, perché prima di me un turista qualsiasi scatterà la foto che diventerà virale».
Domanda scomoda: mai venduta una foto compromettente al fotografato? «No, non si fa. Però una volta non l’ho venduta neanche ai giornali perché mi sono fatto beccare e sono dovuto entrare in una relazione umana con il soggetto, non ho potuto mantenere quel rapporto neutro da investigatore privato. Ma non tutti si possono permettere il bel gesto».
E invece D’Agostino che limiti si pone? «Sono dovuto andare a testimoniare a un processo in cui un marito voleva togliere la patria potestà alla moglie per un tradimento che avevamo rivelato. È stato bruttissimo, non sapevo che c’erano dei figli di mezzo. Ecco, direi di fare attenzione quando ci sono dei bambini e anche sulle questioni di salute. Ma qui tutti pubblicano i selfie dall’ospedale, anche il cancro diventa selfgossip. Io mi sto un po’ stufando di tutta questa mitomania. Pensare che una delle ultime notizie che mi ha dato più soddisfazione è che se metti le uova in frigo perdono tutto il potere nutritivo. È stata cliccatissima».
sangiuliano meloniROBERTO DAGOSTINOGENNARO SANGIULIANO - MARIA ROSARIA BOCCIA IL DAILY MAIL COMMENTA IL CASO SANGIULIANO - BOCCIAMARIA ROSARIA BOCCIA E GENNARO SANGIULIANO AL FESTIVAL DEL LIBRO POSSIBILE POLIGNANO A MAREgiorgia meloni e il caso sangiuliano boccia - vignetta di ellekappaLE DIMISSIONI DI GENNARO SANGIULIANO - VIGNETTA BY VUKIC sangiuliano
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