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    DAGOGAMES BY FEDERICO ERCOLE - CENTINAIA DI ORE DI EPOPEA CON "FINAL FANTASY PIXEL REMASTER" PER NINTENDO SWITCH E PLAYSTATION, LA COLLEZIONE RESTAURATA DELLE PRIME SEI FANTASIE FINALI, PER LA PRIMA VOLTA TRADOTTE IN ITALIANO E CON UNA SERIE DI FACILITAZIONI OPZIONALI PER ACCATTIVARE NUOVI GIOCATORI. NESSUN GIOCO RISULTA OBSOLETO, DALLA SEMINALE AVVENTURA DEL PRIMO EPISODIO AI FASTI DRAMMATICI DEL QUARTO FINO A QUEL CAPOLAVORO ASSOLUTO CHE È IL SESTO… - VIDEO


     
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    Federico Ercole per Dagospia

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    La massa avventurosa delle prime sei sinfonie fantastiche di Hironobu Sakaguchi e dell’allora sua Squaresoft è impressionante, soverchiante per chi tentasse un’analisi lucida e soprattutto sintetica. La Final Fantasy Pixel Remastered ripropone su Switch e Playstation le sei opere prime di questa serie sorta come sogno ultimo di Sakaguchi sull’orlo del fallimento, la sua fantasia finale appunto, ma rivelatosi subito un’insperato successo che evitò la rovina e anzi lanciò la sua azienda tra le stelle del videogame.

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    Non siamo di fronte ai giochi originali dell’epoca, il rigore dell’operazione storica è ingannevole; soprattutto i primi tre episodi usciti all’epoca sulla prima console di Nintendo (i numeri uno e due furono già ridisegnati nel 2002) sono mutati in maniera drastica per adattarsi all’estetica “super nes” dei tre successivi e ci si potrebbe domandare se questo restauro non annulli l’arte “primordiale” di quelle opere.

     

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    Tuttavia, seppure nella loro nuova forma panoramica, con i pixel lucidati e l’aggiunta di effetti cromatici, queste sei opere d’arte di varia grandezza mantengono anche in questa variazione un tratto antico che ricorda la loro ormai ancestrale bellezza, non sporcando la memoria e persino esaltandola soprattutto se si gioca su Switch in portatile con gli auricolari, mentre trascorrono le musiche sublimi di Nobuo Uematsu in una nuova versione orchestrale supervisionata dall’autore, sebbene sia ancora possibile ascoltare in alternativa gli antichi suoni.

     

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    Non c’è nulla di obsoleto in queste sei epopee, che crescono in grandezza numerica nella loro narrazione che si allenta nel comunque altissimo quinto episodio per poi esplodere nel climax epico e unico del sesto, forse il migliore Final Fantasy di sempre escludendo il settimo e rivoluzionario episodio che permane in uno spazio suo. Tutti i sei Final Fantasy sono acquistabili anche singolarmente in digitale ma purtroppo la caraissima quanto invitante versione fisica della collezione è ordinabile solo nel negozio di Square-Enix ed è esaurita da tempo. Si spera in una ristampa per amore di collezionista, soprattutto per chi non possiede nella propria libreria i preziosi originali e desidera questi giochi in una forma che non sia immateriale.

     

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    Da segnalare gli interventi concreti e radicali per rendere questi altrimenti lunghi e impegnativi videogiochi più accessibili al grande e nuovo pubblico: si possono azzerare gli incontri casuali, velocizzare e automatizzare i combattimenti a turni  per esplorare in libertà, aumentare i premi e i punti esperienza ricevuti i battaglia e contare su dei salvataggi automatici. Per la prima volta queste opere sono tradotte anche in lingua italiana. Più che apprezzabili sono i ricchissimi contenuti extra: i bestiari con tutte le innumerevoli creature, le opere d’arte di Yoshitaka Amano e la raccolta di tutte le magnifiche musiche.

     

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    UNO, DUE E TRE

    Final Fantasy uscì nel 1987, inaugurando con Dragon Quest quello che sarebbe diventato il “gioco di ruolo” giapponese. La trama che oggi ci appare minimale rispetto alla profondità e complessità delle sceneggiature successive, per l’epoca risultò invece potentissima nel precipitare il giocatore in una lunga, avvincente saga. Quattro eroi della luce viaggiano per una vasto mondo in rovina, dove la magica luce dei cristalli elementali ha smesso di operare la sua magia, per eliminare Garland e la sua caotica forma demoniaca.

     

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    Final Fantasy II uscì invece un anno dopo, cosa quasi inconcepibile oggi che ci vogliono anni per sviluppare un altro videogioco della serie, e introduce temi che furono successivamente rielaborati e approfonditi come quelli della ribellione all’egemonia e dell’antimilitarismo. I personaggi cominciano ad essere più definiti nella loro unicità. Risulta oltremodo curioso il metodo della salita di livello, che dipende dalle azioni compiute dal personaggio; ad esempio se continuiamo ad attaccare con le armi diventiamo sempre più forti ma in compenso meno intelligenti, viceversa insistendo con la magia offensiva siamo più intelligenti ma meno abili con le armi. Un metodo senza dubbio interessante ma che alimenta qualche squilibrio.

     

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    Final Fantasy III del 1990 non è mai uscito in occidente, se si esclude un remake totale per Nintendo DS del 2006. Quindi per chi non giocò la versione giapponese questa terza “pixel remastered” potrebbe essere il primo incontro con quest’avventura. La storia si fa ancora più interessante così come i suoi personaggi e viene introdotto un seminale ma efficace “job system”  , ovvero un sistema di classi mutevoli durante il gioco che consentono di apprendere abilità nuove e diverse per personalizzare i personaggi.

     

    TRE, QUATTRO E CINQUE

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    Final Fantasy IV, che inaugura la trilogia su Super Nes nel 1991, è un gioco eccezionale per trama, spessore dei personaggi, varietà delle situazioni, musiche (giocai la versione americana d’importazione su quella gloriosa console di Nintendo, la mia prima fantasia finale, e cambiò la mia vita di giocatore, coinvolgendomi in un’epopea dalla qualità epica che considerai nuova e sconvolgente). Innumerevoli i momenti indimenticabili, come l’ascesa del cavaliere nero Cecil al monte che lo trasfigurerà in eroe luminoso, il sacrificio dei gemelli Porom e Palom, il viaggio finale sulla luna. Colpi di scena e drammi continui.

     

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    Final Fantasy V del 1992 non vanta un racconto appassionante come quello del precedente episodio, o forse è solo una questione di registro, poiché risulta più scanzonato e favoloso, meno tragico ed epico, ma si tratta comunque di un gioco di ruolo immenso, un viaggio lunghissimo in cui il “job system” del terzo episodio risulta oltremodo migliorato ed arricchito. Magari non il più esaltante come storia, ma il più sofisticato e divertente come “gioco puro”. Da ricercare e vedere il notevole “anime” ispirato al videogioco realizzato da Madhouse nel 1994.

     

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    Final Fantasy VI del 1994 richiederebbe uno spazio a parte per la sua grandezza, non solo uno dei migliori giochi di ruolo giapponesi di tutti i tempi, ma uno dei più riusciti videogame della storia, immortale per musiche, storia e personaggi. Il fantasy si contamina con la fantascienza e le atmosfere sono gravi, sempre oscure. Un gioco sulla crudeltà di un male umano e meschino, sugli orrori della guerra, sulla speranza che risiede nelle nuove generazioni, sul sacrificio. La scena del teatro, il salto fatale di Celes, quella colomba che vola per un mondo che rinasce. Un capolavoro assoluto.

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