DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Marco Giusti per Dagospia
A che punto siamo con le serie di Netflix? La mia preferita, e magari non piace a tutti, come sapete, è la violenta serie animata “Blue Eye Samurai”, ideata e scritta dal potente sceneggiatore inglese Michael Green e da sua moglie, Amber Noizumi, 100% su Rotten Tomatoes di gradimento critico, la serie che tutti i ragazzi devono aver visto, mischione di “Kill Bill” e di revenge movies tra western e spade. A 13-14 anni sarei impazzito vedendola.
Ho finito anche “La caduta della Casa degli Usher”, 90% di gradimento, celebratissima serie mystery di Mike Flanagan ispirata non solo al romanzo di Edgar Allan Poe che troviamo nel titolo, ma anche, episodio per episodio, ai suoi più celebri racconti, da “Il gatto nero” a “Il pozzo e il pendolo”, da “La maschera della morte rossa” a “Il cuore rivelatore”, mischiati col Gordon Pym e altri elementi alla Poe che non possiamo che gradire.
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Da ragazzo mi innamorai non solo dei racconti di Poe, tutti letti sulla vecchia serie economica BUR, ma anche sui film diretti da Roger Corman per la American International Pictures con Vincent Price protagonista ispirati alle opere di Poe. Corman aveva trovato il modo per produrre serialità horror a basso costo ma di buona qualità con dei classici americani che potessero rivaleggiare con la produzione inglese della Hammer e con star come Peter Cushing e Christopher Lee. Flanagan, show runner moderno, unisce al vecchio Poe e alle sue ambientazioni gotiche una famiglia di oggi alla “Succession”, cresciuta nel peccato, oggi di moda, degli oppioidi.
la caduta della casa degli usher. 1
Una famiglia, quindi, che ha prosperata col dolore e la morte altrui. E per questo qualcuno dovrà pagare. Devo dire che la cornice del vecchio Roderick Usher, interpretato da Bruce Greenwood, che racconta al poliziotto C. Auguste Dupin di Carl Lumbly le morti tragiche dei suoi figli, provocate da una misteriosa figura femminile, Carla Cugino, dopo una prima puntata che può non prenderci troppo, funziona benissimo per questo reboot delle opere di Poe. Perché la morte di ogni figlio è legata a un racconto celebre di Poe che tutti noi conosciamo perfettamente. Non male.
Ha funzionato decisamente peggio, anche nel gradimento di pubblico e critica, ma la sto vedendo lo stesso con interesse “Bodies” serie mystery inglese ideata e scritta da Danusa Samal e Paul Tomalin, tratta dalla graphic novel di Si Spencer, diretta da Marco Kreuzpaintner e Halou Wang, dove in quattro diversi momenti storici, il 1891, il 1941, il 2023 e il 2053, quattro ispettori di polizia affrontano nello stesso vicolo a Londra il caso di un morto ammazzato con un occhio perforato, assolutamente identico, nudo, con una ferita sulla testa e uno strano segno sul polso.
Devo dire che, almeno fino alla quarta puntata, l’idea funziona perfettamente e non si riesce a capire il meccanismo di puzzle a più dimensioni della storia. Tutte e quattro le situazioni mi sembrano funzionali, dal poliziotto ebreo che si muove nella Londra antisemita alla poliziotta musulmana nella Londra di oggi alle prese con terroristi. Ma la mia ambientazione preferita è quella del futuro con la spettacolare Shira Hass (“Unorthodox”) dal taglio di capelli improbabile come poliziotta alle prese con lo stesso morto, ma anche con la sua versione viva… Il resto ce lo vediamo.
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