Marco Carnelos per Dagospia
MARCO CARNELOS
Caro Dago, raccolgo nuovamente la tua sollecitazione a commentare le drammatiche vicende ucraine mentre, da quello che percepisco qui da Londra, le vicende italiche - dopo aver dedicato uno spazio mediatico enorme al Giubileo della Regina Elisabetta II (manco fossimo membri del Commonwealth!) – si arrovellano nuovamente sull’ennesima lista di proscrizione di presunti putiniani. Proverò quindi ad innalzare il livello della discussione.
In occasione del recente vertice del World Economic Forum, svoltosi a Davos, è accaduto qualcosa di abbastanza inconsueto. Henry Kissinger, il decano degli esperti mondiali di politica estera, ha sostanzialmente suggerito che l'Ucraina dovrebbe cedere territorio alla Russia per aiutare a porre fine al conflitto. Egli ha poi esortato i paesi occidentali a non cercare un’umiliazione della Russia in Ucraina poiché potrebbe compromettere la stabilità a lungo termine dell'Europa.
Henry Kissinger e Vladimir Putin
Quest’ultima considerazione parte da un assunto incontestabile, ovvero che per quattro secoli la Russia è stata una parte essenziale dell'Europa e un fattore importante nello stabilire l’equilibrio nel continente. La principale preoccupazione di Kissinger sembrerebbe quella di evitare di spingere Mosca in un'alleanza permanente con Pechino. Temo sia già tardi per questo, ma spero di sbagliarmi.
Non saprei se la preoccupazione di Kissinger sia condivisa anche Washington e nelle altre capitali europee. Rilevo tuttavia mestamente che, dopo questa mini lectio magistralis geopolitica dell’anziano statista USA, qualcuno da noi potrebbe includerlo nell’ultima lista di proscrizione di pro-putiniani apparsa sul Corriere della Sera.
JOE BIDEN HENRY KISSINGER
Anche Macron ha sostenuto che la Russia non dovrebbe essere umiliata, suscitando veementi – quanto irrazionali - reazioni in Europa orientale. Vorrei subito rassicurare che né Kissinger né Macron sono affetti da filo-putinismo. Quello che esprimono è il semplice buon senso di chi si sforza di recepire alcune lezioni impartire dalla storia, tipo “non umiliare mai il tuo nemico”. Chi ha approfondito la storia europea successiva alla Pace di Versailles, che nel 1919 stabilì i termini successivi al Primo Conflitto Mondiale, sa bene a cosa mi riferisco.
macron putin
Rilevo altresì che in un mondo ideale i moniti di Kissinger farebbero suonare più di un campanello di allarme in diverse cancellerie europee. Fin dall’inizio di questo sciagurato ed imperdonabile conflitto, serpeggia l’impressione che il copione della reazione delle democrazie occidentali all’invasione russa sia stato frettolosamente scritto a Washington e Londra, mentre Bruxelles e le altre capitali europee si sarebbero limitate a recepirlo con un semplice copia e incolla.
L’UE ha appena approvato il suo sesto pacchetto di sanzioni, accettando di ridurre tra sei mesi le forniture di petrolio russo. È sembrato il tipico compromesso euro-lirico dell'ultimo minuto mirato soprattutto a celare le prime crepe che iniziano ad affiorare all'interno della conclamata unità europea.
putin zelensky biden
La triade NATO-UE-G7 continua ufficialmente a credere che la coraggiosa e inaspettata resistenza dell'Ucraina e l’unità occidentale nel sostenerla con l’invio di armi e sanzioni senza precedenti adottate contro la Russia, determineranno alla fine la vittoria di Kiev e il collasso economico di Mosca, e, magari, anche un cambio di regime al Cremlino.
Gli strateghi euro-atlantici credono che questa politica necessiti di maggior tempo per dispiegare compiutamente i suoi effetti. Il Presidente del Consiglio Draghi ha infatti precisato, dopo l’ultimo Consiglio Europeo a Bruxelles, che le sanzioni contro Mosca inizieranno a mostrare effettivamente i loro effetti in estate; spero solo che si riferisse alla Russia e non ai nostri condizionatori.
ZELENSKY BIDEN
Al momento, i dati rilevati non appaiono tuttavia confortanti. La Russia, dopo gli iniziali, grossolani, errori militari, sta lentamente ma inesorabilmente prendendo il sopravvento nel Donbass. Anche i più blasonati e vocali tra i media occidentali iniziano ad ammetterlo. Quanto all'economia russa, sta certamente soffrendo, ma - contrariamente a quanto previsto con sicurezza mesi fa - non è ancora crollata.
jens stoltenberg a davos
Nelle parole utilizzate a Davos dalla Direttrice del Fondo Monetario Internazionale, Kristalina Georgieva, l’unico risultato economico constatabile al momento è che il conflitto in Ucraina sta sottoponendo l'economia globale al suo "più grande test dalla seconda guerra mondiale". Una prospettiva tutt‘altro che rassicurante, per tutti.
A Davos il palcoscenico è stato accuratamente preparato per rafforzare il messaggio che l’anglosfera, gli europei orientali e l’ucraina stanno promuovendo da mesi: l’espulsione della Russia dal "mondo civilizzato". Non è chiaro come tale prospettiva sia stata accolta con favore dai principali imprenditori del mondo, che da decenni si riuniscono nel resort di lusso svizzero all’insegna del motto "fate i soldi, non la guerra". Non è nemmeno chiaro se tale prospettiva sia praticabile senza conseguenze devastanti per l’economia globale, o se perlomeno qualcuno ci abbia riflettuto.
ursula von der leyen a davos 2022 1
Davos è stato il tempio in cui la globalizzazione e l'interconnessione tra popoli e nazioni sono predicate e celebrate, da ultimo all’insegna della Quarta Rivoluzione Industriale e del Grande Reset teorizzate dal suo creatore, Klaus Schwab. Siamo certi che i periodici partecipanti a questa grande kermesse trovino sensato e praticabile tagliare fuori dall’economia globale il principale produttore mondiale di materie prime?
Possiamo chiederci, e chiedere, se nelle cancellerie della Triade (NATO-UE-G7) siano state condotte simulazioni economiche affidabili per valutare l'impatto globale delle sanzioni alla Russia? E, in caso positivo, essere edotti sui risultati? Oppure, stiamo assistendo all’ennesimo errore di calcolo simile a quelli che abbiamo visto in Asia occidentale e centrale negli ultimi due decenni?
ZELENSKY DAVOS
È possibile che tutta la politica delle sanzioni verso Mosca possa essere stata basata su un presupposto sbagliato? Ovvero che la Russia sia molto più dipendente dall’Occidente di quanto quest’ultimo lo sia dalla Russia.?
Permane quindi intatto, dopo quattro mesi di guerra e sanzioni, l’interrogativo su chi si schianterà prima: l’economia russa sotto il peso delle sanzioni o quelle occidentali a causa delle conseguenze impreviste di queste ultime?
larry fink
Il quadro al momento è molto serio: emergono notevoli problemi nelle catene di approvvigionamento globali, si profila una crisi alimentare e la crescita vertiginosa dei prezzi dei combustibili fossili. L’OCSE ha tagliato le stime della crescita globale dell’economia dal 4% del gennaio scorso al 3%. La Banca Mondiale ha fatto altrettanto portando le proprie dal 4,1% al 2,9%. Le previsioni OCSE sull’inflazione media tra i suoi 38 Paesi membri nel corso del 2022 indicando il dato del 9%!! I corsi azionari hanno subito ingenti contrazioni. Larry Fink, il CEO del più importante hedge-fund del mondo, Blackrock, ha recentemente sentenziato che la globalizzazione è finita, mentre quello di una delle più importanti banche d’affari USA, Jamie Dimon di JP Morgan, ha affermato che è in arrivo un “uragano economico”.
Jamie Dimon
Dopo due drammatici anni di pandemia questi non erano certo i dati e le prospettive che ci attendevamo. La possibilità di carestie, infine, potrebbe stimolare nuovi flussi di migranti dall'Africa e dal Medio Oriente verso l’Europa, e dall’America centrale verso gli Stati Uniti.
Insomma, non bisognava essere certo dei geni per immaginare che se i due principali produttori di cereali al mondo, Russia e Ucraina, entrano in guerra tra loro e il primo è pesantemente sanzionato e il secondo devastato con i porti chiusi, il risultato netto avrebbe potuto essere una carestia. Lo avrebbero capito subito anche al Dopolavoro Ferroviario di Orbetello, con tutto il rispetto per i suoi avventori. I leaders UE, tuttavia, ci sono arrivati tre mesi più tardi
BORIS JOHNSON VLADIMIR PUTIN
I BRICS e il cosiddetto Global South – ovvero il resto del mondo - hanno finora mostrato la tetragona intenzione di non aderire alle sanzioni contro la Russia. L’auspicio è che a nessuno, tra Washington e Bruxelles, venga in mente di adottare sanzioni secondarie verso il resto del Mondo per costringerlo a cambiare idea. Sarebbe veramente preoccupante se la Triade intendesse davvero infliggere all’intera umanità la fallimentare politica di sanzioni applicata all'Iran negli ultimi quattro decenni.
joe biden a tokyo
Dubito, infine, che gli habitué di Davos siano così entusiasti di passare da un mondo globalizzato e interconnesso a blocchi commerciali in conflitto tra loro, o, addirittura indirizzarsi verso una guerra commerciale globale. A qualcuno potrebbe essere presentato un conto alquanto salato.
Venendo all’Anglosfera, alle prossime elezioni di medio-termine, gli elettori statunitensi potrebbero chiedere all’Amministrazione Biden come sia possibile che il Congresso sia stato esortato ad approvare, nel giro di poche settimane, 54 miliardi di $ di aiuti all’Ucraina mentre il quadro economico statunitense non è dei migliori.
joe biden emmanuel macron boris johnson 1
L’America riscontra addirittura problemi nel garantire gli approvvigionamenti di latte in polvere ai neonati, per tacere di quello che potrebbe accadere loro sui banchi di scuola come gli ultimi tragici fatti di cronaca hanno tristemente evidenziato. Mentre Boris Johnson si è appena salvato per il rotto della cuffia da un voto di sfiducia e la resa dei conti sembra solo rimandata, il Partito democratico americano rischia seriamente di uscire decimato dal prossimo appuntamento elettorale. Mi astengo dall’azzardare previsioni sulle elezioni in Italia la prossima primavera.
Caro Dago,
joe biden 3
il problema non è solo economico, ma anche politico. Personalmente credo che la nota Triade stia incorrendo in un’ulteriore dissonanza cognitiva quando rappresenta il conflitto in corso in Ucraina come uno confronto apocalittico tra democrazie e autocrazie. Capisco che si tratti di una comoda ipersemplificazione a scopo mediatico, ma avendo vissuto la drammatica esperienza di Paesi che finiscono con il credere alla propria propaganda (USA in Iraq nel 2003) ci andrei cauto.
La narrativa delle democrazie contro le autocrazie è una rappresentazione che non trova adeguato riscontro nella realtà. I BRICS e il Global South stentano a condividerla, e questa riscontra perplessità anche presso significativi settori delle stesse opinioni pubbliche occidentali.
joe biden emmanuel macron boris johnson 2
Nonostante i capillari sforzi degli spin doctors governativi e dei media like-minded, serpeggia la crescente sensazione che le maggiori minacce alle democrazie occidentali non siano né la Cina né la Russia - entrambe portatrici di modelli assai poco attraenti - ma, piuttosto, il fallimento del modello di governance neoliberale occidentale degli ultimi quattro decenni e le profonde disuguaglianze che ha generato.
In altri termini, la vera minaccia alla democrazia liberale potrebbe essere all’interno di quest’ultima, e pazienza se tale tesi sia stata sostenuta anche da Vladimir Putin in una celebre intervista al Financial Times. A prescindere dalle opinioni dell’attuale inquilino del Cremlino, credo che il tema vada affrontato.
VLADIMIR PUTIN E SILVIO BERLUSCONI IN SARDEGNA NELL APRILE 2008
Ho la sensazione che il mondo, piuttosto che tra democrazie e autocrazie, sembri dividersi tra ex potenze imperialiste e coloniali da una parte e molti di quei Paesi da queste umiliate nel diciannovesimo e ventesimo secolo. Se anche una personalità come l’ex Presidente Silvio Berlusconi, un Atlantista dalla testa ai piedi, è arrivato ad osservare che “La Russia è isolata rispetto all’Occidente, ma l’Occidente è isolato rispetto a tutto il mondo” forse qualche ulteriore campanello d’allarme dovrebbe suonare in qualche cancelleria europea.
vladimir putin 2
La Russia e la Cina rappresentano certamente un problema per il cosiddetto l'ordine mondiale basato sulle regole guidato dagli Stati Uniti dal 1945. Ma questo stesso ordine ha visto progressivamente erosa la sua credibilità attraverso guerre senza fine e pluriennali e perseverate politiche di doppio standard, finendo con l’alimentare la netta sensazione che tali regole siano sempre state valide per tutti tranne che per gli Stati Uniti e i loro più stretti alleati. Gli esempi prodotti negli ultimi tre decenni sono molteplici e sono stati citati fino alla nausea.
xi jinping vladimir putin
I BRICS e il Sud del mondo sembrano sempre più riluttanti ad accettare che debba essere prerogativa esclusiva dell'Occidente (Stati Uniti) stabilire, o ristabilire, le regole attorno alle quali si dovrebbe basare un eventuale nuovo ordine mondiale. Il Presidente Biden sembra di diverso avviso, e le sue ultime dichiarazioni pubbliche, in particolare in Polonia, lo confermerebbero. Chiunque liquidi sommariamente queste mei riflessioni come una mera espressione di “benaltrismo” non fa altro che mettere la testa sotto la sabbia in un delicatissimo frangente storico.
Chas Freeman
Dopo il travagliato periodo di Donald Trump, i paesi europei sembravano aver tirato un sospiro di sollievo con Joe Biden e con "L'America è tornata". Tuttavia, alla luce di quanto stiamo assistendo, sarebbe anche lecito chiedersi cosa effettivamente rappresentino oggi gli Stati Uniti; o, perlomeno, su quali Stati Uniti noi europei dobbiamo riporre le nostre speranze?
Un decano della diplomazia statunitense, l’Ambasciatore Chas Freeman, ha recentemente osservato: "La politica [americana] è polarizzata e disfunzionale, siamo in un deficit fiscale cronico, le nostre infrastrutture stanno crollando, il nostro sistema educativo è sempre più mediocre, il nostro tessuto sociale si sta sfilacciando, il nostro prestigio internazionale sta diminuendo e non siamo mai stati così divisi internamente dai tempi della nostra guerra civile. Sembra che abbiamo raggiunto un’immunità di gregge verso qualsiasi forma di ragionamento strategico".
Xi Jinping e Vladimir Putin
Anche il tema di una possibile nuova guerra civile americana non è più un tabù; è da tempo oggetto di saggi, e, recentemente, è stata sdoganata anche sulle pagine del Financial Times. Le imminenti audizioni del Congresso USA sull’assalto effettuato il 6 gennaio 2021 da facinorosi pro-Trump ci forniranno, mi auguro, qualche ulteriore barlume sulla direzione che sta intraprendendo questa grande democrazia.
Benché non si dovrebbe mai sottovalutare l’incredibile capacità di reinventarsi che l’America ha sempre saputo dimostrare, il quadro, a mio modestissimo avviso, non appare confortante. Personalmente resto convinto che Joe Biden sia un buon Presidente, per l’America; non lo sono altrettanto per quanto riguarda il resto del mondo. Trovo piuttosto temeraria la pretesa che sembra affiorare dalle sue scelte politiche, ovvero voler ingaggiare contemporaneamente un confronto con Russia, Cina e Iran.
PUTIN BIDEN
Caro Dago,
spero perdonerai la mia digressione sugli Stati Uniti, ma, appartenendo a quella specie in probabile estinzione che ritiene che Atlantismo ed Europeismo non siano sinonimi, nutro l’impressione sconfortante che Washington, Londra e alcune capitali dell'Europa orientale siano al momento determinate a combattere per il collasso della Russia fino all'ultimo soldato ucraino e consumatore europeo.
A prescindere dai giudizi sulla Russia di Putin, che in questo frangente storico possono essere solo negativi, mi chiedo se questa strategia coincida veramente con gli interessi profondi dell'Europa?
VLADIMIR PUTIN JOE BIDEN - ILLUSTRAZIONE TPI
Questo è l’adattamento di un editoriale apparso sulla testata britannica Middle East Eye il 3 giugno u.s.