Anna Campaniello per il "Corriere della Sera"
don roberto malgesini
L'omicida di don Roberto Malgesini, il «prete degli ultimi» ucciso a Como martedì scorso, voleva decapitare il sacerdote. Il tunisino irregolare di 53 anni in carcere con l'accusa di omicidio volontario con l'aggravante della premeditazione, avrebbe infierito sulla vittima, quando ormai era a terra dopo aver subito i primi colpi con un grosso coltello da cucina.
la morte di don roberto malgesini
L'ampia ferita al collo in particolare farebbe pensare a un tentativo di tagliargli la testa, poi non portato a termine. L'ipotesi, secondo quanto rivelato dall'agenzia Agi, sarebbe indicata nell'ordinanza di convalida dell'arresto del tunisino, Mahmoudi Ridha, firmata dal giudice dopo l'interrogatorio in carcere del 53enne. Il gip farebbe riferimento ai primi riscontri dell'autopsia effettuata sul corpo del sacerdote dall'anatomopatologo Giovanni Scola. Il medico, incaricato dalla procura, avrebbe riscontrato un'ampia ferita al collo «che appare suggerire un tentativo di decapitazione non portato a termine per la volontà di resecare il piano osseo della colonna vertebrale».
don roberto malgesini
Nell'interrogatorio davanti al giudice, Ridha ha cambiato versione rispetto alla confessione resa poche ore dopo l'omicidio di don Roberto Malgesini e ha ritrattato, negando di averlo ucciso. Martedì scorso invece aveva ammesso di aver colpito a morte il sacerdote e anzi aveva rivendicato l'aggressione, indicando il prete che lo aveva sempre aiutato come uno dei responsabili di un fantomatico complotto per allontanarlo dall'Italia del quale il tunisino si sente vittima.
la disperazione per la morte di don roberto malgesini
Il 53enne avrebbe detto di voler colpire anche gli avvocati che lo hanno assistito e che non avevano fatto annullare l'ordinanza di espulsione. Per l'accusa dunque, Mahmoudi aveva pianificato l'omicidio, tanto che gli viene contestata la premeditazione. Dopo la convalida dell'arresto, Ridha nelle scorse ore è stato trasferito dal carcere di Como per il timore di ritorsioni dei detenuti, che conoscevano e apprezzavano don Roberto.