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    TU CHIAMALE, SE VUOI, MESTRUAZIONI! “FECI IL RECORD DEL MONDO CON IL CICLO” – SARA SIMEONI CONFESSIONS ALLA VIGILIA DEI 10 ANNI: “NON MI REGGEVO IN PIEDI, LIVIO BERRUTI MI OFFRI’ UN BICCHIERE DI OTTIMA BONARDA PIEMONTESE - NON FACCIO LA DIRIGENTE SPORTIVA. NON VOLEVO ESSERE SOLO UNA FIGURINA. GLI ATLETI OGGI SONO COSTRUITI, SONO SENZA CONTENUTO - AMMIRAVO LE KESSLER, NON MI SENTIVO CLAUDIA SCHIFFER, ERO PIÙ PIPPI CALZELUNGHE. MOLTO A DISAGIO CON LE MIE GAMBE, CHE AVREI VOLENTIERI CAMBIATO…”


     
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    Estratto dell’articolo di Emanuela Audisio per “la Repubblica”

    sara simeoni sara simeoni

     

    Sara mercoledì ne fa 70. Simeoni e Mennea sono stati la Premiata Ditta dei record. E di medaglie. Una in pedana, l’altro in corsia. Big Italy con loro volò nel mondo. Iniziò Sara con il 2,01 nel salto in alto (nel ’78), continuò Pietro (nel ’79) nei 200 metri. Il record mondiale di Sara durò quattro anni (in Italia 29), ma per le donne significò scavalcare il confine.

     

    Sara, molti campioni oggi fanno i dirigenti.

    «Io no, le altre sì. Federica Pellegrini come atleta siede al Cio, Silvia Salis, ex martellista, è vicepresidente Coni, Stefano Mei guida la federazione di atletica. Canottieri e schermidori hanno anche loro posti di rilievo. Ma a me fare la donna immagine non interessava, la proposta era quella, essere una figurina, non quella di entrare nella stanza dei bottoni. Quella opportunità non c’è mai stata. Anzi volessero farmi un regalo per i miei 70 anni chiederei loro: perché? Ma dubito della loro sincerità».

     

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    sara simeoni sara simeoni

    Lei si piaceva?

    «Ammiravo le Kessler, non mi sentivo Claudia Schiffer, ero più Pippi Calzelunghe. Molto a disagio con le mie gambe, che avrei volentieri cambiato. In famiglia tutti secchi e asciutti, con la stranezza di avere un padre veneto astemio. Sono cresciuta in campagna, a Rivoli Veronese, con due sorelle e un fratellino. Avrei proseguito con la danza, ma ero troppo alta. Forse oggi per il balletto moderno andrei bene. Non mi consideravo una bella gnocca. E il mio 41 di piede non aiutava, come il materiale di allora. Cercavamo tutte di farcelo star bene».

     

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    Ultimo tabù: le atlete chiedono studi sul ciclo mestruale.

    vieri simeoni vieri simeoni

    «Ma va, lo studiavano anche ai miei tempi. Come prevenirlo e bloccarlo. Io non ho mai voluto, lo sapevano, e mi hanno rispettata. Però se le gare duravano molto, le difficoltà c’erano, e anche qualche imbarazzo, il materiale non era studiato per le donne, così io scappavo spesso in bagno».

     

    Ma lei fece il record del mondo in quei giorni.

    «Sì, avevo la pressione bassa, non mi tenevo in piedi e non mi allenavo da tre giorni. Arriva Livio Berruti e mi vede un po’ giù: dai Sara facciamoci un bicchiere, ho portato un’ottima Bonarda piemontese. Ma Livio, devo saltare. Insistette: una bevuta, che sarà mai? Aveva ragione, mai fatta una curva in gara così rilassata. Attorno allo stadio di Brescia non c’erano edifici alti, era il 4 agosto, il sole stava per tramontare, guardavo l’orizzonte, tutto era libero, non potevo fare confronti con l’asticella. Il 2,01 venne alla seconda prova, molto pulito. Nove salti in tutto, tre sbagliati, due record italiani, il primo a 1,98. Poteva bastare. La Rai non c’era, era dagli uomini. A quei tempi era così: prima loro, poi se restava qualcosa era per noi. Per fortuna si sono recuperate le immagini da Brescia Telenord».

    sara simeoni lbro una vita in alto sara simeoni lbro una vita in alto

     

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    L’atletica di oggi?

    «Bravi, ma molti personaggi sono costruiti. Spesso c’è la loro narrazione, ma non il contenuto. Noi facevamo risultati, eravamo persone, nessuno ci raccontava, parlavano le misure».

     

    Settant’anni felici, sembra.

    sara simeoni e il marito erminio azzaro sara simeoni e il marito erminio azzaro

    «Sì, senza sembra. Con Erminio Azzaro, mio marito, anche lui ex saltatore, mio allenatore, che ha lasciato cicche ovunque negli stadi, quando ancora si poteva fumare, e con Roberto, nostro figlio, abbiamo costruito una famiglia. Non fu facile dire ai miei che andavo con Erminio a Formia ad allenarmi. Con Pietro Mennea dividevamo le ore al campo, poi ognuno per conto suo. Mi è dispiaciuto, una pizza in più non avrebbe guastato ma lui era fatto così».

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    Almeno ha vissuto l’atletica.

    «Sì, con molte avventure in America, Giamaica, Senegal. Non ho mai pensato che l’atletica fosse una cosa e la vita un’altra. Le ho mescolate, convinta che non avrei avuto rimpianti. A 33 anni ho detto basta. Senza avvisare nessuno. Le cose si fanno, non si annunciano».

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