
DAGOREPORT - QUALCOSA DEVE ESSERE SUCCESSO IN QUESTO DISGRAZIATO PAESE. CHE VIRUS HA COLPITO…
LA “FENICE” DI CHIARA FERRAGNI RISORGERÀ DALLA SUE CENERI? – LA SOCIETÀ DELL’EX MOGLIE DI FEDEZ CHIUDE IL 2023 IN ROSSO PER VIA DEL PANDORO-GATE: PER SALVARLA SERVIRÀ UN AUMENTO DI CAPITALE – ENTRO IL 15 MARZO SI RIUNIRÀ L’ASSEMBLEA DEGLI AZIONISTI, CHE DOVÀ RIPATRIMONIALIZZARE L’AZIENDA DI QUALCHE EMILIONE – LE PERDITE AVREBBERO EROSO UN TERZO DEL CAPITALE, E HANNO COSTRETTO L'EX DI FEDEZ A TAGLIARE L’AFFITTO DEGLI UFFICI E A RIDIMENSIONARE GLI AFFARI…
Estratto dell’articolo di Carlotta Scozzari per www.repubblica.it
Per rinascere dopo lo scandalo del Pandoro, la Fenice di Chiara Ferragni guarda a una data: la metà di marzo. Entro il 15 del mese prossimo […] dovrebbe essere convocata l’assemblea degli azionisti della società che gestisce i marchi di moda dell’imprenditrice per dare il via libera al bilancio del 2023, non ancora approvato proprio a causa del “Pandorogate”, e all’aumento di capitale necessario per rimettere conti e patrimonio in sicurezza.
L’esercizio del 2023, infatti, dovrebbe chiudersi in perdita per qualche milione di euro, a singola cifra. A causare il “rosso” diversi fattori tutti riconducibili allo scandalo del Pandoro: dalla sanzione da 400mila euro dell’Antitrust per pratica commerciale scorretta, al forte calo dei ricavi legato anche al danno reputazionale, passando per tutta una serie di cause e contenziosi.
Proprio in relazione a questi ultimi, l’amministratore unico Claudio Calabi, a novembre chiamato a rimettere in sesto Fenice anche alla luce delle forti tensioni tra gli azionisti, è stato costretto a registrare tutta una serie di accantonamenti prudenziali che hanno contribuito a spingere in negativo l’ultima riga di conto economico.
PANDORO BALOCCO - CHIARA FERRAGNI
La ripatrimonializzazione, nell’ordine di qualche milione, si rende necessaria perché è altamente probabile che le perdite abbiano eroso per oltre un terzo il capitale sociale. Nel 2022 Fenice srl, all’epoca ancora guidata dall’ad Ferragni, aveva realizzato utili per 3,4 milioni e ricavi per 14,3 milioni.
Da allora, però, complice il “Pandorogate”, molte cose sono cambiate. Da qui la necessità di ripensare la stessa società in scala ridotta, con un giro d’affari inferiore, anche perché, senza più il peso dell’affitto degli uffici di via Turati a Milano (lasciati a fronte del pagamento di una piccola penale), i costi complessivi da sostenere appaiono tutto sommato gestibili.
A decidere le sorti di Fenice saranno, come detto verosimilmente entro metà marzo, i soci in assemblea. La parola passerà quindi a Paolo Barletta, fino allo scorso autunno presidente della società e tuttora primo azionista al 40% tramite Alchimia, seguito dalla stessa Ferragni con la cassaforte Sisterhood, e senza dimenticare il socio di minoranza Pasquale Morgese. Sono loro che dovranno decidere se vale la pena aprire il portafogli per tenere in vita la società […]. Senza aumento di capitale, ombre lunghe rischierebbero di allungarsi su Fenice.
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