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Quirino Conti per Dagospia
Come per tutte le evoluzioni – umane, ma chissà se solo per queste –, c’è sempre una stagione che, come affermano gli accademici, può dirsi sinteticamente “tempo dell’innocenza o dell’innamoramento”. Un Cantico dei Cantici che racconta il turbamento e lo stupore di scoprirsi nudi e finalmente nuovi al centro della Storia.
Per la Moda, tutto questo coincide con la fine degli anni Sessanta e gli esordi dei Settanta. Quando, contemporanee e stupefatte l’una delle altre, ben tre Mater Matuta si trovarono gravide del medesimo fenomeno.
A Roma con le “sartorie” e i loro “sarti creatori” (perlopiù al canto del cigno), a Parigi con gli “atelier” e un certo numero di descamisados senza fissa dimora (questi in aumento), e finalmente, tra le nebbie padane e soprattuttoa Milano, con gli uffici commerciali e gli“studi” creativi di un nuovo genere di evoluti factotum detti “stilisti” (guadagnoni e pronti a ingurgitare di tutto).
Fu così che, all’improvviso, essere a Roma e chiamati “maestro” divenne, più che caricaturale, sinistro. Mentre resisteva il couturier, anche giovane, se di sostegno alla vecchia maison parigina. Su tutti in inarrestabile crescita, invece, il massimo attore dei nuovi scenari (ora industriali): il fatidico, sconosciutissimo (per quel tempo) stilista “alla milanese”!
Tanto che non essere stabilmente a Milano era come pretendere di far vivere una zebra a Cortina. “Milano me tenet”. Nulla oltre quel desolato panorama grigiastro, che però si preparava a cambiar d’abito in quattro e quattr’otto. Pontefici della triade e pronti allo scontro, Valentino a Roma, Saint Laurent a Parigi e Armani a Milano. E poi tutto un proliferare di nomi e nomignoli pronti all’uso.
Regale su tutti e tutto, l’industria: che se la rideva delle vecchie stanze delegate al taglio e al cucito in favore dei laser e delle costruzioni seriali.
Eppure, con un’eccezione: Fendi, che più romana di così si muore, parigina per il saldo magistero di Karl Lagerfeld, e infine persino milanese per i suoi contatti stabili con la città e i suoi grandi protettori (Savorelli & Co.).
Karl Lagerfeld, Silvia Venturini Fendi
Neppure sartoria né studio o atelier, ma di tutto questo molto di più. Con cinque aitanti signore e due altrettanto fattivi lavoratori (Lagerfeld e Savorelli) impegnati senza requie a mietere un successo dopo l’altro. Spettacolari nel loro modo di giovarsi del mestiere: in una costante ricerca di materiali e lavorazioni innovativi e quanto mai rivoluzionari.
Altro che la monumentale Rometta e consimili archeologiche ispirazioni. Il centro del gusto dopo che il Kaiser Lagerfeld aveva esposto le sue sentenze stagionali. E poi generosi nell’accogliere: cinema, teatro, arte, letteratura, e ogni più scandalosa tematica da saccheggiare.
All’ingresso della sede romana in via Borgognona (una ex sala cinematografica), tra specchi e un uso del nero di assoluta novità, niente di meno che Franco Maria Ricci con le sue riedizioni e i suoi saggi sull’arte. E poi, spazi che non somigliavano che a se stessi. E poi ancora l’America, l’America fonte di ogni riferimento. Con mega-vetrine sulla Quinta Strada che facevano torcere di livore tutti gli altri, a Parigi come a Milano.
Poi, finalmente, con lentezza ma senza reticenze, lo sciame di allievi e portaborse che iniziarono a definirsi fendiani per formazione. Dapprima con timidezza, poi sempre più sfacciatamente alla ricerca di un Gotha da esibire nei loro profili biografici. Fino a ora, quando per un inatteso e dolorosissimo lutto si scopre che persino il tenero Virgil Abloh si era nutrito in quella fertile nursery, di quel cibo e di quella lezione.
Ai fatti, con risultati piuttosto chiacchierati, attualmente restano ufficiali le iniziazioni carismatiche di Pierpaolo Piccioli, Maria Grazia Chiuri, Alessandro Michele, Anthony Vaccarello, Frida Giannini, Giambattista Valli e Marco De Vincenzo (e vari stage da osservatori del genere Kanye West).
Mentre, di riconosciuti a forza – un po’ come per i figli di Scarpetta, ma destinati all’ombra –, altrettanti ad avanzare pretese di discepolato ma senza troppa eco né credibilità.
Comunque, sempre e soprattutto a proposito di quella plurimilionaria Baguette che tutti ormai pretendono di aver partorito (mai creatura al mondo ebbe tante madri e tanti padri); con Silvia Venturini Fendi, unica primipara responsabile, che ormai non si scomoda neppure più a smentire.
MARIA GRAZIA CHIURI E PIER PAOLO PICCIOLI FOTOGRAFATI DA PETER LINDBERGH
Leggendarie comunque sulle labbra di eredi (veri o presunti) le storie (anch’esse vere o presunte) di cinque sorelle e di un creatore geniale negli inesauribili racconti dei molti figli, allievi, epigoni e tirocinanti. Perché da Fendi si è sempre procreato volentieri. E tutto la Moda se ne rallegra: per un tale debito di prolificità.
carla fendi karl lagerfeldmaria teresa venturini fendi maria cattaneogiambattista valli1PALAZZO FENDI A LARGO GOLDONIanna fendifabiana giacomotti e silvia venturini fendi alessandro michele 6mascherina fendialda fendifederica e franca fendiAnna Fendi Frida Giannini COLOSSEO QUADRATO FENDI 2
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