Estratto dell'articolo di Valerio Valentini per “il Foglio”
GIANCARLO GIORGETTI E GIORGIA MELONI
Ora dice che "il tema della riforma del Mes non è il grande tema". E quanto però sia temerario, il candore con cui Giorgia Meloni afferma questa apparente banalità, lo rivela un deputato leghista che nel cortile di Montecitorio mostra un video d'antan. Eccola, l'allora capa di FdI, prendere, furente, la parola in Parlamento: "Sottoscrivo le parole del collega Claudio Borghi. Con questa riforma, una nazione come l'Italia accetta di versare miliardi per salvare le banche tedesche in vista della Brexit". Era il 28 novembre del 2019.
giorgia meloni giancarlo giorgetti
Tre anni dopo, la svolta, per la premier, è obbligata. Troppo alto il rischio di compromettere, con una cocciuta opera di sabotaggio sul Mes, il resto delle partite europee, a partire dal Pnrr. Ma è talmente rocambolesca, la capriola, che rischia di non essere indolore. Dallo staff di Matteo Salvini, ieri, dispensavano serenità: "Siamo come sempre d'accordo con la presidente!". Uno zelo che tradisce i timori per il montare del risentimento nell'ala barricadera del partito.
Quella che appunto, con Borghi e Bagnai, ha già fatto sapere di non aver cambiato idea, che in Parlamento "occorrerà votare no alla ratifica".
claudio borghi
All'opposto di chi, in FI, rivendica invece il merito di aver indicato per tempo la strada. "Non ho mai dubitato che, da premier, Meloni avrebbe detto che la ratifica del Mes non è un problema: questo non può che farmi felice", sorride Giorgio Mulè. "E' la conferma che avevamo ragione a dire che si poteva procedere senza correre i rischi della troika. Perché ratificare non significa pigliare". E l'imbarazzo della Meloni starà proprio in questo, ora. Nel suo dover condividere il buon senso di Mulè, ma nell'essere idealmente assai più vicina a Borghi.
ALBERTO BAGNAI
Perché, negli anni, la leader di FdI ha sempre condannato la riforma del trattato di per sé. "Ci sono rischi enormi che l'Italia corre solamente per il fatto di sottoscrivere questo trattato, indipendentemente dalla possibilità che vi si acceda", diceva il 9 dicembre del 2019, durante una manifestazione convocata davanti al Parlamento europeo per "dire ai signori di Bruxelles che l'Italia non è il bancomat d'Europa". Perché, insisteva Meloni, "qui si credono che siamo cretini". E invece a le non la si faceva mica: "E' chiaro che con questa modifica - quella, cioè, che ora andrebbe ratificata - il Mes diventa un meccanismo perverso: una resa incondizionata dell'Italia agli interessi della Germania". [...]
goofy 7 alberto bagnai claudio borghi