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    “NON C’È UN GRANDE COMPLOTTO CONTRO L’ITALIA, C’È UN GRANDE DEBITO PUBBLICO” - TREMONTI: “NON BASTANO LE TECNO ASTUZIE (DI DRAGHI) COME QUELLA DEL “DEBITO BUONO” E NON È IL CASO DI FARE COME CETTO LA QUALUNQUE (BERLUSCONI): “CCHIÙ PILU PER TUTTI”. OGGI IL PROBLEMA NON È SE È ALTO O BASSO LO SPREAD, MA IL DEBITO PUBBLICO DOPO ANNI DI FINANZA SCRITERIATA - IL GOVERNO MELONI ARRIVA ALLA FINE DI UN CICLO DI FINANZA STRANA. C’È UN’ENORME RICCHEZZA PRIVATA, I PREZZI SI FANNO DALL’ESTERO SUI MARGINI. E POI, C’È L’INCERTO STATO DELL’UE”


     
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    Estratto dell’articolo di Marco Cremonesi per il “Corriere della Sera”

     

    Meloni Tremonti Meloni Tremonti

    «Duro è dipendere dall’oro alieno…». Giulio Tremonti lascia cadere la citazione con quel suo tono che sfida a imbroccarla giusta. Ma questa volta, la grazia arriva subito: «È Francesco Saverio Nitti, il primo ministro che aveva ereditato le finanze italiane dissestate dalla Prima Guerra Mondiale».

     

    Vuol dire rassegniamoci?

    «Vuol dire che sia esso interno o sia esterno, che l’oro sia alieno o terrestre, alla fine cambia poco. Non bastano le tecno astuzie come quella del “debito buono” e non è il caso di fare come Cetto La Qualunque: “Cchiù pilu per tutti”».

     

    Draghi Tremonti Draghi Tremonti

    Però, nella maggioranza c’è chi parla di complotti orchestrati dall’estero.

    «Non c’è un grande complotto, c’è un grande debito. Tra l’altro, per certi versi la guerra ha prodotto effetti di stabilizzazione: dubito che una grande speculazione internazionale sia organizzata contro un Paese occidentale. Anzi, per quanto ne so, lo escluderei».

     

    L’aumento dello spread ci riporta a giorni complicati?

    «Oggi il problema non è se è alto o basso lo spread, ma il debito. […]».

     

    Come ci siamo arrivati?

    «[…] La Prima Repubblica era in pareggio di bilancio fino agli anni Settanta. Poi il debito sale, in principio per giuste ragioni. Soltanto, poi tutto degenera e produce una democrazia del deficit che poi diventa deficit di democrazia. E segna la fine della Prima Repubblica».

    Meloni Tremonti Meloni Tremonti

     

    Tutto questo non si è interrotto all’inizio degli anni ‘90?

    «Tra il ‘93 e il ‘94 inizia una lunghissima fase di riduzione del debito, fino quasi al 100%.

    Che include tutti i governi, incluso — se posso notarlo — quelli di Silvio Berlusconi. Nel 2011, dopo la crisi del 2008, il debito arriva al 117% del prodotto, ma attenzione: non perché aumenta la spesa pubblica, ma perché viene meno il Pil. Dopo il debito sale in verticale. Ecco, quella crisi non è stata superata».

     

    Salvini Tremonti Salvini Tremonti

    Perché lo dice?

    «È stata semplicemente rinviata stampando moneta, passando dai billion ai trillion, finanziando con la Bce i debiti pubblici e andando contro le leggi di natura con i tassi sotto zero. Karl Marx diceva: i tassi a zero saranno la fine del capitalismo. E a volte ci prendeva. Fatto sta che inizia l’età felice dei Letta, Renzi, Gentiloni. Che galleggiano senza porsi il problema di risanare».

     

    Non Conte?

    il ritorno di giulio tremonti alla camera il ritorno di giulio tremonti alla camera

    «Il suo governo arriva a ridosso della crisi del Covid, che modifica lo scenario dappertutto: crolla il Pil, sale per necessità la spesa pubblica. Con l’aggiunta di scelte come l’abolizione della povertà e i bonus per l’edilizia […]».

     

    […] E il governo Meloni?

    «Questo governo arriva alla fine di un ciclo di finanza strana […] È cambiata la struttura del capitalismo, siamo in qualche modo alla fine di un ciclo e bisogna tenere gli occhi aperti. Anche se c’è un’enorme ricchezza privata, i prezzi si fanno dall’estero sui margini. E poi, c’è l’incerto stato dell’Unione, perché il vecchio Patto di stabilità è sospeso. E non si capisce se è meglio il vecchio o il nuovo, in una realtà storica che è unica nella storia moderna: Stati senza moneta e moneta senza uno Stato, con l’euro». […] «[…] Questo governo viene dopo un decennio di finanza scriteriata sia per ciò che è stato fatto che per ciò che non è stato fatto. […]».

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