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    HABER-RANTE! DROGA, DONNE, FILM: STASERA AL TEATRO VASCELLO DI ROMA ALESSANDRO HABER PORTA IN SCENA L'AUTOBIOGRAFIA ASSIEME A GIULIANA DE SIO ("CON LEI HO AVUTO UNA STORIA"), MANUELA KUSTERMANN, GIOVANNI VERONESI – LA COCA?NEGLI ANNI '80 SE NON TI CHIUDEVI IN BAGNO A PIPPARE ERI ESCLUSO DAI GIRI. IN ARGENTINA CONOBBI UNA RAGAZZA MA QUANDO MI RESI CHE ERA ZOPPA MI È PRESA UNA TALE ANSIA CHE… -E POI MONICELLI E QUEL NO A DE SICA - VIDEO


     
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    ILARIA RAVARINO per il Messaggero

     

     

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    Tutta un vita in 450 pagine, tra alti e bassi, occasioni perse e incontri importanti (con Nanni Moretti, Mario Monicelli, Pupi Avati). Settantaquattro primavere che dalla pagina scritta, domani sera, voleranno sul palco del teatro Vascello a Roma, dove il bolognese Alessandro Haber - presto nel Caravaggio di Michele Placido - porterà in scena, con gli amici Giuliana De Sio, Manuela Kustermann e Giovanni Veronesi, il suo tragicomico zibaldone Volevo essere Marlon Brando (ma soprattutto Gigi Baggini), in libreria con La Nave di Teseo. Cosa succederà sul palco? «Sarà un happening: Veronesi sa tutto di me e mi sconquasserà. Con De Sio ho avuto una storia anni fa, mi conosce bene.

     

    E con Kustermann ho fatto due spettacoli. Interverranno anche altri amici, racconterò pezzi del libro».

     

    Il libro: ha raccontato tutto o si è censurato?

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    «È tutto vero, mi sono messo a nudo fino in fondo. Ho solo protetto alcuni nomi».

     

    Perché?

    «Quando parlo di droga accenno a due o tre personaggi famosi, uno dei quali non c'è più. Non mi va di fare i nomi. È una fase che tutti abbiamo attraversato, per fortuna l'abbiamo sfangata. Ma negli anni Ottanta se non ti chiudevi in bagno a pippare cocaina eri escluso dai giri».

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    E lei?

    «Mi è successo, ma è finita là. L'avrò fatto per tre, quattro anni. Ma la droga non l'ho mai usata sul lavoro. Per me il lavoro è sacro e inviolabile, sono molto disciplinato. E comunque sono storie di 35 anni fa».

     

    Quali le pagine per lei più dolorose?

    «La morte di mio padre, naturalmente. E poi l'episodio in Argentina, quando dopo aver conosciuto di notte una ragazza, invitandola il giorno dopo a un appuntamento, mi sono reso conto che era zoppa. Mi è presa una tale ansia che mi sono inventato una scusa e me ne sono andato. Una cosa vergognosa, di cui mi sono pentito. Lei era di una bellezza sconcertante. E mi voleva».

     

    L'occasione persa?

    «Vittorio De Sica. Mi offrì un ruolo e dissi no. Mi avevano montato la testa convincendomi che mi volesse come protagonista. Invece mi chiamò per una parte secondaria e rifiutai. Ora avrei pagato per farlo. Sono stato un cretino, dovevo contare almeno fino a dieci».

     

    Oggi lo fa?

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    «Oggi conto fino al sei».

    L'occasione fortunata?

    «Pupi Avati, che nel Regalo di Natale mi fece fare il primo film da coprotagonista. Fu l'inizio di un sodalizio. E Mario Monicelli: abbiamo girato insieme cinque film».

    Come ha reagito quando si è tolto la vita?

    «Era come se me lo aspettassi. Mario era uno che fino a 95 anni si alzava dal letto e si metteva a sentire musica, a leggere. Un mese prima l'avevo chiamato, mi disse che non poteva uscire di casa perché non vedeva e non sentiva più. Non voleva essere accudito. Ha fatto un gesto di un coraggio unico».

     

    Alti e bassi: rifarebbe tutto?

    ALESSANDRO HABER IN UOMINI UOMINI UOMINI ALESSANDRO HABER IN UOMINI UOMINI UOMINI

    «Tutto. Non devo niente a nessuno. Tutto ciò che ho fatto l'ho guadagnato, e se ho sbagliato ho pagato. Ho un carattere esuberante, ma non ho mai fatto del male agli altri». Il suo segreto? «Non ho tecnica. Il diaframma non so nemmeno dove sia. Ho istinto razionalizzato e talento regalato». Giovani registi che le piacciono?

    «I fratelli D'Innocenzo, Jonas Carpignano. Paolo Sorrentino si può dire?».

     

    Haber ha un erede?

    «Stimo Pierfrancesco Favino, Claudio Santamaria, Elio Germano, Alessandro Borghi e Luca Marinelli. Hanno il mio stesso amore per la recitazione. È che siamo di scuole diverse. O meglio: io le scuole non le ho mai volute».

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